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TESTO Abbi pietà di me peccatore!

don Luciano Cantini  

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XXX Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (27/10/2019)

Vangelo: Lc 18,9-14 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 18,9-14

In quel tempo, Gesù 9disse ancora questa parabola per alcuni che avevano l’intima presunzione di essere giusti e disprezzavano gli altri: 10«Due uomini salirono al tempio a pregare: uno era fariseo e l’altro pubblicano. 11Il fariseo, stando in piedi, pregava così tra sé: “O Dio, ti ringrazio perché non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adùlteri, e neppure come questo pubblicano. 12Digiuno due volte alla settimana e pago le decime di tutto quello che possiedo”. 13Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: “O Dio, abbi pietà di me peccatore”. 14Io vi dico: questi, a differenza dell’altro, tornò a casa sua giustificato, perché chiunque si esalta sarà umiliato, chi invece si umilia sarà esaltato».

Essere giusti
Chi non ha la presunzione di essere giusto? Il problema è capire cosa significhi essere “giusti”. Viviamo in un'epoca da un esasperato soggettivismo: conta e vale solo quello di cui sono personalmente convinto, indipendentemente da una realtà oggettiva. Siamo testimoni del fatto che ciò che viaggia sui social è più vero della realtà, pensiamo alle problematiche legate alle vaccinazioni, o alla considerazione degli animali, o il diritto di fare del proprio corpo ciò che piace, o addirittura decidere del senso e del valore della propria vita. Che poi siano le mode, o i grandi poteri economici, la prospettiva di business a mettere in moto certi meccanismi poco importa. San Paolo, invece, ci dice: non valutatevi più di quanto conviene, ma valutatevi in modo saggio e giusto, ciascuno secondo la misura di fede che Dio gli ha dato (Rm 12,3). Dunque, dovrebbe essere la Fede la misura di ogni valutazione di se stessi e della vita. La supervalutazione di se stessi porta a disprezzare gli altri, oggi più che mai: pensiamo alla violenza alle donne, alla concorrenza del mercato, alle contese politiche, alla xenofobia, la pedofilia... quanto disprezzo è nella società d'oggi!

A pregare
Per quanto il Signore insista sulla necessità di pregare sempre, senza stancarsi mai (Lc 18,1) è necessario anche constatare quanto il cuore dell'uomo sia distante dal senso autentico della preghiera. I due personaggi della parabola salirono al tempio a pregare, stanno andando nella stessa direzione con la medesima intenzione mentre, da subito, emergono le differenze: lo stato sociale di appartenenza, l'atteggiamento esterno, il contenuto della preghiera, fino al modo diverso di tornare a casa. La preghiera è fatta di parole, ma anche di atteggiamenti e soprattutto di cuore.
La preghiera del fariseo esprime la soddisfazione dei traguardi raggiunti e marca la distanza dagli altri uomini; la sua posizione è esaltata dal disprezzo di coloro che sono ladri, ingiusti, adùlteri; non c'è neppure l'ombra della compassione e della misericordia. Dio e il tempio sono a sua disposizione per approvare le sue considerazioni, a ratificare il suo successo.
L'altro si mantiene a distanza, non osa neppure alzare lo sguardo, esprime però l'estremo bisogno di salvezza. Sente la sua lontananza da Dio e la sua incapacità di porvi rimedio; non promette nulla, non fa proponimenti soltanto si mette nelle mani misericordiose di Dio.

Tornò a casa sua
È una brava persona, il fariseo, praticante la sua religione, ligio alle regole, attento a mantenersi nella strada che gli hanno insegnato; il passaggio dal Tempio è una delle tappe del suo dovere, fa parte delle sue abitudini, ha sempre fatto così; così come è entrato ne è anche uscito. È entrato con un bagaglio carico di pratiche religiose soddisfacenti, non aveva posto per altro, tutto quello che aveva portato con sé è tornato con lui.
L'altro, dice la parabola, tornò a casa sua giustificato. Sa di essere un peccatore, non sa neppure come fare per cambiare la sua situazione ma ha fede nella misericordia di Dio, ha cercato e trovato il cuore di Dio. È Dio che “lo rende giusto”.
Mentre guardiamo ai due protagonisti nel tentativo di trovarvi paragoni e similitudini, contrasti e affinità, la parabola ci mostra il volto di Dio e la sua relazione con lui. Ognuno ha una idea di Dio molto diversa, nata dalla propria educazione, dalla propria esperienza, dai propri convincimenti, dai propri limiti. Spesso l'immagine di Dio che ci siamo fatti è la proiezione di se stessi, delle nostre paure o delle fragilità. Il fariseo ha vinto le sue paure affidandosi alla sicurezza delle regole e l'immagine di Dio ha un volto fatto di certezze; sottomettersi alle regole è la necessità che rende certo il rapporto con Dio ed assicura la sua benevolenza.
L'altro non ha il coraggio neppure di alzare gli occhi al cielo, ma si fida di Dio e della sua misericordia; non ha nulla da presentargli se non la sua inadeguatezza e il suo peccato e il bisogno di misericordia.
Lasciamo che Dio ponga il suo sguardo su di noi, ci faccia dono del suo perdono, ci ami per quello che siamo.

 

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