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TESTO E' tempo!

don Angelo Casati  

Dedicazione del Duomo di Milano (Anno C) (20/10/2019)

Vangelo: Lc 6,43-48 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 6,43-48

43Non vi è albero buono che produca un frutto cattivo, né vi è d’altronde albero cattivo che produca un frutto buono. 44Ogni albero infatti si riconosce dal suo frutto: non si raccolgono fichi dagli spini, né si vendemmia uva da un rovo. 45L’uomo buono dal buon tesoro del suo cuore trae fuori il bene; l’uomo cattivo dal suo cattivo tesoro trae fuori il male: la sua bocca infatti esprime ciò che dal cuore sovrabbonda.

46Perché mi invocate: “Signore, Signore!” e non fate quello che dico? 47Chiunque viene a me e ascolta le mie parole e le mette in pratica, vi mostrerò a chi è simile: 48è simile a un uomo che, costruendo una casa, ha scavato molto profondo e ha posto le fondamenta sulla roccia. Venuta la piena, il fiume investì quella casa, ma non riuscì a smuoverla perché era costruita bene.

Oggi la liturgia ci invita a fare memoria della dedicazione a Dio del nostro Duomo, la nostra chiesa madre. Ci sono immagini - voi me lo insegnate - che ci fanno respirare bellezza al solo pensarle. Una di queste è per tanti di noi la nostra cattedrale, ricercata e amata. Sbuchi da una metropolitana e ti si affaccia agli occhi la bellezza, la poesia dei suoi marmi, che cantano a cielo aperto. E non ti appaiono gelidi. E' come se qualcosa o qualcuno li intepidisse.

E poi pensi a un viaggio: il viaggio dei marmi chiamati lungo i secoli ad una convocazione. I primi arrivarono per barca lungo i navigli. Anche oggi arrivano. La chiamano la "fabbrica" del Duomo. Non è mai conclusa. Vedi i ponteggi ora qui ora là, un po' ti dispiace. Ma un po' anche ti affascina il fatto che ci sia anche oggi convocazione di pietre e bisogno di restauri. E' una immagine anche questa della chiesa sempre bisognosa di crescite e di restauri. Una chiesa vive se ancora oggi convoca, se anche oggi è aperta a chiunque - le pietre vengono da ogni dove - se non chiede appartenenze, ma dà a ciascuno dignità di appartenere alla grande cattedrale.

Tu sei pietra nella cattedrale. Non importa se grande o piccola pietra, se levigata o sbrecciata: sei necessario, sei necessaria, così come sei. In questo senso era affascinante nella prima lettura l'immagine di Gerusalemme, città le cui porte sono sempre aperte, "non si chiuderanno né di giorno né di notte per lasciare entrare le ricchezze dei popoli". E' così - vorrei dirvi -che una chiesa diventa preziosa per la terra, per l'umanità: se rimane segno della grande convocazione, con le se porte aperte giorno e notte. E' così che rimane sulla terra segno di salvezza: "Tu" è scritto" chiamerai salvezza le tue mura e gloria le tue porte". Le porte aperte ti permettono di scrutare lontano e di portare dentro una ferita per le terre lontane. Oggi la ferita per le popolazioni curde. Grido da ascoltare.

Ma il vangelo oggi ci ha ricordato che tra le pietre che fanno la chiesa una è in assoluto la più preziosa, la pietra senza la quale ogni edificio è in vista di rovina. E paradossalmente -pensate - è una pietra nascosta. Dico "paradossalmente", perché, secondo i criteri mondani, "quelli che contano" amano farsi vedere, dentro una stagione, come la nostra, di sovraesposizioni. Essere in vista. No, la pietra, in assoluto la più preziosa, è nascosta. E' Gesù, nascosto sino al nascondimento totale, il nascondimento della croce. Nascosta, pensate, regge tutto l'edificio: è Gesù, è la sua parola. Così ce ne parla Gesù: "Chiunque viene a me e ascolta le mie parole e le mette in pratica, vi mostrerò a chi è simile: è simile a un uomo che, costruendo una casa, ha scavato molto profondo e ha posto le fondamenta sulla roccia". La pietra nascosta. Perdonate, sono un bastiancontrario. Non di rado mi accade di ascoltare discorsi di chi avvista per la chiesa pericoli, rovine, devastazioni. Lamentazioni e rimpianti per i tempi passati. Ebbene che venga la piena, che la casa sia investita dal fiume appartiene alla storia, a ogni stagione della storia, secondo Gesù. La cosa che conta invece è se abbiamo o no costruito sulla roccia. Questo è il punto decisivo. E come verificarlo?

Decisivi sono tre verbi, i tre verbi che Gesù ci ha ricordato. Se ti stanno a cuore, se sono l'esercizio della tua vita, non temere: sei simile all'uomo che scava molto in profondo, hai posto le fondamenta sulla roccia. Gesù ha appena finito di dire che non se ne fa niente di quelli che si riempiono la bocca con il nome di Dio: "Perché mi invocate 'Signore, Signore' e non fate quello che dico?". Ed ecco i tre verbi dell'uomo che scava molto profondo: "chiunque viene a me, e ascolta le mie parole e le mette in pratica". Voi avete capito, la fede non è un magazzino di teorie o di precetti, ma un cammino: andare a Gesù, camminare dietro lui, in ascolto delle sue parole e con la sete di metterle in pratica.

C'è dunque una convocazione come chiesa - ne abbiamo parlato all'inizio - ma poi siamo chiamati fuori. "Chiesa in uscita", "mandati": direbbe Papa Francesco. La parola di Gesù la si mette in luce, piena luce, praticandola fuori. E qui appare in tutta la sua ambiguità l'attribuzione della parola "praticanti" a quelli che frequentano i riti. Per Gesù i praticanti sono quelli che praticano, mettono in pratica, le sue parole. E lo spazio in cui si pratica è il mondo, sono le nostre giornate. Chiamati a portare frutti nel mondo. Gli alberi buoni si riconoscono dai frutti. Così anche noi. Dai frutti di bene per questa società.

Vorrei commentare l'immagine con le parole incisive di un biblista spagnolo Josè Antonio Pagola. Che scrive: "In una società guastata da tante ingiustizie e abusi, dove crescono gli "spini" degli interessi e delle mutue rivalità e dove nascono i tanti "rovi" degli odi e della discordia e dell'aggressività, sono necessarie persone buone che producano un altro tipo di frutti, che cosa può fare ognuno di noi per risanare un po' la convivenza sociale così guasta? Forse dobbiamo cominciare dal non rendere la vita di nessuno più difficile di quanto già lo sia. Sforzarci perché la vita sia più umana e sopportabile. Non avvelenare l'ambiente con la nostra amarezza, creare intorno a noi relazioni diverse, fatte di fiducia bontà e cordialità".

Dunque fare il bene, E Gesù aggiunge una cosa decisiva: certo, fare il bene, ma da dove viene il bene? Ascoltiamo: "l'uomo buono dal buon tesoro del suo cuore trae fuori il bene; l'uomo cattivo dal cattivo tesoro del suo cattivo tesoro tra fuori il male. La sua bocca infatti esprime ciò che dal cuore sovrabbonda". Le parole sono una fessura per capire che cosa abita il nostro cuore: insegnamento prezioso in una stagione in cui si parla tanto. Il cuore! Pensate, dalla grande cattedrale siamo finiti a un luogo sacro, segreto che è in ciascuno di noi. Abbi cura del cuore. E che non sia di pietra. E' urgente. Mi ritornano i versi di Paul Celan:

"E' tempo che il sasso si adatti a fiorire,
che per l'inquietudine batta un cuore.
E' tempo che sia tempo...
E' tempo".

 

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