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TESTO Commento su Giovanni 6,1-15

Casa di Preghiera San Biagio FMA  

Venerdì della II settimana di Pasqua (02/05/2003)

Vangelo: Gv 6,1-15 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Dalla Parola del giorno

«Gesù prese i pani e, dopo aver reso grazie, lì distribuì a quelli che erano seduti, e lo stesso fece dei pesci, finché ne vollero»

Come vivere questa Parola?

Il miracolo dei pani introduce la sconcertante rivelazione che Gesù farà il giorno seguente nella sinagoga di Cafarnao dicendo di sé: «Io sono il pane della vita». Riprendiamo come in un filmato le reazioni della folla attratta da questi segni straordinari che accompagnavano il ministero di Gesù. Una fiumara umana «lo seguiva vedendo i segni che faceva» – annota l'evangelista – e poiché «veniva verso di lui», Gesù li fece sedere sull'erba, moltiplicò pani e pesci e li distribuì loro "finché ne vollero". Erano in cinquemila, gustarono a volontà la sovrabbondanza del dono divino e "furono saziati". In forza di questo segno, si scatena l'applauso popolare: «Questi è il profeta che deve venire nel mondo!» – acclamano, cercando nel frattempo di portarlo via per proclamarlo re d'Israele. Ma quanto durerà questo entusiasmo? Un solo giorno purtroppo. L'indomani, scandalizzati dalla durezza del linguaggio di Gesù, «si tirarono indietro e non andavano più con lui» (6,66). Ecco il documentario storico di una defezione massiccia, prova lampante che la frequentazione quotidiana del Vangelo e dell'Eucaristia non è automaticamente sinonimo di vita cristiana. Certamente la suscita, la plasma, la custodisce. Ma per garantirla occorre dare "la propria carne per la vita del mondo" e farsi mangiare come Gesù, uscendo fuori dal nido di una vita comoda, giocata in difesa, nel bozzolo delle proprie categorie mentali e culturali, aliena da rischi e confronti.

E noi? Anche noi andiamo verso di Lui ogni giorno e obbedienti alla sua Parola ci sediamo a mensa saziandoci del pane eucaristico. "Tuo è il regno, tua la potenza e la gloria" – acclamiamo. Ma poi la Sua signoria conta davvero nella nostra vita? Il linguaggio duro ma liberante del vangelo ci trova pronti alla sequela o più inclini a disertare «la buona battaglia della fede»? Attenti, però: disertare non significa soltanto abbandonare il campo - cosa per altro già deprecabile -, ma passare al nemico, esporsi alle tenebre, come dice Gesù a Nicodemo, fino a lasciarsi inghiottire con Giuda dalla notte oscura del tradimento. Pensiamoci bene prima di accostarci all'eucaristia senza la giusta disposizione del cuore.

Oggi nella mia pausa contemplativa troverò modo di contattare Gesù sedendo silenzioso in un angolo verde dell'anima per ripetere nel ritmo del respiro:

«Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna»

La voce di un'intellettuale ebrea

"Dio depone in noi un piccolo seme e se ne va. Da quel momento, a Dio non resta altro da fare, e a noi nemmeno, se non attendere. Dobbiamo soltanto non rimpiangere il consenso che abbiamo accordato, il sì nuziale".
Simone Weil

 

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