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TESTO Coraggio, sono io, non abbiate paura!

mons. Antonio Riboldi

XIX Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (07/08/2005)

Vangelo: Mt 14,22-33 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mt 14,22-33

[Dopo che la folla ebbe mangiato], 22subito Gesù costrinse i discepoli a salire sulla barca e a precederlo sull’altra riva, finché non avesse congedato la folla. 23Congedata la folla, salì sul monte, in disparte, a pregare. Venuta la sera, egli se ne stava lassù, da solo.

24La barca intanto distava già molte miglia da terra ed era agitata dalle onde: il vento infatti era contrario. 25Sul finire della notte egli andò verso di loro camminando sul mare. 26Vedendolo camminare sul mare, i discepoli furono sconvolti e dissero: «È un fantasma!» e gridarono dalla paura. 27Ma subito Gesù parlò loro dicendo: «Coraggio, sono io, non abbiate paura!». 28Pietro allora gli rispose: «Signore, se sei tu, comandami di venire verso di te sulle acque». 29Ed egli disse: «Vieni!». Pietro scese dalla barca, si mise a camminare sulle acque e andò verso Gesù. 30Ma, vedendo che il vento era forte, s’impaurì e, cominciando ad affondare, gridò: «Signore, salvami!». 31E subito Gesù tese la mano, lo afferrò e gli disse: «Uomo di poca fede, perché hai dubitato?». 32Appena saliti sulla barca, il vento cessò. 33Quelli che erano sulla barca si prostrarono davanti a lui, dicendo: «Davvero tu sei Figlio di Dio!».

Fa veramente male conoscere, tramite i mezzi di comunicazione, la poca considerazione che si ha per l'uomo. Si ha davvero l'impressione che tutto vada male, come una barca in un mare impazzito dalla tempesta e non si neppure come uscirne... Non si sa neppure chi possa oggi rimediare a tanto male. E' vero che mentre scrivo queste righe, pare che la mano segua il turbamento del cuore di tanti. Ma so che se la mano diventa "dito di Dio", perché scrive la sua presenza tra di noi, torna la speranza nonostante tutto e in chiunque.

C'è un brano della Via Crucis che l'attuale Papa Benedetto XVI, l'ultimo venerdì santo dettò, sostituendo il caro Giovanni Paolo II, che aveva fatto di quella via crucis l'appuntamento della storia dell'uomo con quella di Dio tra di noi. Il brano è quello della nona stazione, la terza caduta di Gesù. Vale la pena di risentirlo per comprendere Dio tra di noi, oggi.

"Che cosa può dirci la terza caduta di Gesù sotto il peso della croce? Forse fa pensare alla caduta dell'uomo in generale, all'allontanamento di tanti da Cristo, alla deriva verso un secolarismo senza Dio. Ma non dobbiamo pensare anche a quanto Cristo debba soffrire nella sua stessa Chiesa? A quante volte si abusa del sacramento della sua presenza, in quale vuoto e cattiveria del cuore spesso egli entra. Quante volte celebriamo soltanto noi stessi senza renderci conto di Lui. Quante volte la Sua Parola viene distorta ed abusata. Quanta poca fede c'è in tante teorie, quante parole vuote! Quanta sporcizia c'è nella Chiesa e proprio anche tra coloro che nel sacerdozio dovrebbero appartenere completamente a Lui! Quanta superbia, quanta autosufficienza!...Tutto questo è presente nella sua passione". E il Papa prega: "Signore, spesso la tua Chiesa ci sembra una barca che sta per affondare, una barca che fa acqua da tutte le parti. E anche nel tuo campo di grano vediamo più zizzania che grano. La veste e il volto così sporchi della tua Chiesa ci sgomentano. Ma siamo noi stessi a sporcarli! Siamo noi stessi a tradirti ogni volta, dopo tutte le nostre grandi parole, i nostri grandi gesti. Adamo cade sempre, di nuovo. E con la nostra caduta ti trasciniamo a terra e Satana se la ride, perché spera che non riuscirai più a rialzarti da quella caduta, spera che tu, essendo stato trascinato nella caduta della tua Chiesa, rimarrai per terra sconfitto. Tu però ti sei rialzato, sei risorto e puoi rialzare anche noi. Salva e santifica la tua Chiesa" (Via Crucis - Nona stazione).

Un commento che sembra contenga lo smarrimento di tanti, ma tanti di noi, che per una ragione o l'altra abbiamo come l'impressione di "annegare", di non farcela più e, quello che è peggio, ci sembra che tutto attorno a noi sia solo indifferenza o comune senso di naufragio che si tenta di rendere meno pesante abbandonandoci alla incoscienza, come avvenne nel naufragio della grande nave.

Il Vangelo però, ieri, oggi e sempre, afferma con chiarezza che non è così la sorte della umanità. Il Padre ha cura di noi e "ha tanto amato il mondo da mandare suo figlio, Gesù, sempre vicino a noi, immerso nelle nostre gioie e delusioni, come è nella Via Crucis dove cade, accompagnando l'uomo nella caduta, ma poi risorgendo.

Racconta Matteo che Gesù, dopo la moltiplicazione dei pani, ed avere congedato la folla perché tornassero ai loro villaggi, "ordinò ai suoi discepoli di salire sulla barca e di precederlo sull'altra sponda. Egli salì di nuovo sul monte solo, a pregare. Venuta la sera, egli se ne stava ancora lassù solo".

E Gesù è sempre "sul monte solo a pregare" per noi, come fece Mosè, alzando le mani verso il cielo, mentre sotto infuriava la battaglia; come dovremmo fare noi, sacerdoti, anime consacrate e fratelli e sorelle che hanno a cuore la salvezza del mondo e sanno che nulla è più forte della preghiera.

Ma quanti oggi sono sul monte a pregare? Spero tanti, perché è da lì che sul mondo può tornare l'arcobaleno della giustizia, salvezza e pace. Non certamente dai potenti.

Ricordo nei tristi anni del terrore e ancora oggi nelle violenze che si compiono, nelle tragedie senza senso, che dicono da sole lo smarrimento dell'uomo, amavo ritirarmi in un convento di clausura e stare solo con Gesù. E sempre ne uscivo guardando al mondo con la certezza che Gesù non rimarrà schiacciato sotto la croce, incapace di rialzarsi e rialzare.

"La barca intanto distava già qualche miglio da terra ed era agitata dalle onde a causa del vento contrario. Verso la fine della notte Gesù venne verso di loro camminando sul mare. I discepoli vedendolo camminare sul mare furono turbati e dissero: "E' un fantasma" e si misero a gridare dalla paura. Ma subito Gesù parlò loro: "Coraggio, sono io, non abbiate paura!" Pietro - quasi volesse avere una certezza - gli disse: "Signore se sei tu, comanda che io venga da te sulle acqua". E Gesù "Vieni". Pietro scendendo dalla barca, si mise a camminare sulle acque e andò verso Gesù. Ma per la violenza del vento si impaurì e cominciando ad affondare gridò: "Signore, salvami". E subito Gesù stese la mano, lo afferrò e gli disse: "Uomo di poca fede, perché hai dubitato?" Appena salì sulla barca il vento cessò. Quelli che erano sulla barca gli si prostrarono davanti esclamando: "Tu sei veramente il Figlio di Dio" (Mt. 14, 22,33).

E certamente "il linguaggio" di Dio verso gli uomini, l'esempio di Gesù che si fa incontro a Pietro, che manca di fede, e fa cessare la tempesta. Un linguaggio che descrive i tanti nostri momenti che più volte nella vita sperimentiamo. Ci sono situazioni in cui abbiamo la sensazione di non farcela più: che quello che succede in noi o attorno a noi non offra più alcuno scampo. Situazioni che altro non sono che la descrizione della fragilità dell'uomo: o se volete, l'esperienza dei fallimenti dei nostri sogni o sfide.

E' il momento in cui non riusciamo più a vedere il domani della speranza...come se non ci fosse più nulla da fare, o nessuno che ci dia una mano...come se Dio non ci fosse.

Avevamo lavorato sodo noi Padri Rosminiani mandati dalla obbedienza nel Belice a dirigere una parrocchia che aveva voltato le spalle alla Chiesa per uno scandalo. Faceva un grande male quella indifferenza o disistima che ci circondava. Si voleva il sacerdote, ma non si aveva fiducia in lui e nella chiesa.

Furono anni terribili, come essere su una barca in balia delle onde. Occorreva la fede e camminare sulle acque. Ricordo lo scoraggiamento che ci prese un primo gennaio quando furono uccisi dalla criminalità ben due uomini. Accompagnandoli al cimitero rivolgevo al Signore la preghiera di Pietro: "Signore, se ci sei, comanda che io venga a te sulle acque!"

Camminavo piangendo, il pianto di chi non vedeva domani. Non sapevamo che accanto a noi, "camminando sulle acque", c'era Gesù che ci invitava ad andare con Lui, tramite l'obbedienza che è un essere vicino. Ed ebbe ragione. In pochi anni quella piccola città, divenne, a detta del vescovo che venne a vistarla: "Non so come abbiate fatto; ma questa parrocchia che era una grande spina nel mio cuore, oggi è un prezioso giardino. E quella sera, mi vennero in mente le parole degli Apostoli: "Tu sei veramente il Figlio di Dio".

E che questo sia vero, per tutti, potremmo raccontarlo tranquillamente: almeno quanti nel momento della tempesta, hanno avuto la fede di rivolgersi a Gesù che viene incontro camminando sulle acque della nostra tempesta.

Dio non può assolutamente lasciarci soli, sopratutto quando siamo in difficoltà. Se non altro ci darà la forza di avere fiducia e speranza. Tante situazioni ai limiti della disperazione in cui si cerca la soluzione nel suicidio, sono dovute non alle difficoltà, ma alla mancanza di fede. Non si ha più quella fede che ci fa vedere Gesù che ci viene incontro camminando sulle acque, sfidandoci alla fiducia di camminare sulle acque per incontrare la sua mano. Ma come Pietro, a volte, ci facciamo prendere dalla paura di non farcela. Ed è comprensibile il rimprovero di Gesù che fa a noi tutti: "Uomo di poca fede, perché hai dubitato?"

La Parola di Dio oggi ci racconta l'incontro del Signore con il profeta Elia. Era giunto all'Oreb, fuggendo dalla persecuzione di Gezabele, moglie del re Acab, che lo voleva morto a tutti i costi. Aveva camminato per 40 giorni e 40 notti. "Essendo giunto al monte di Dio, l'Oreb, entrò in una caverna per passarvi la notte, quand'ecco il Signore gli disse: "Esci e fermati sul monte alla presenza del Signore". Ecco, il Signore passò. Ci fu un vento impetuoso e gagliardo da spaccare i monti e spezzare le rocce davanti al Signore, ma il Signore non era nel vento. Dopo il vento ci fu un terremoto, ma il Signore non era nel terremoto. Dopo il terremoto ci fu un fuoco, ma il Signore non era nel fuoco. Dopo il fuoco ci fu un mormorio di vento leggero. Come l'udì, Elia si coprì il volto con il mantello, uscì e si fermò all'ingresso della caverna. E udì una voce che diceva: "Elia, che fai qui?" (1 Re, 19,9-13).

Vorrei oggi farmi vicino a quanti di voi si trovano in difficoltà e invitarli ad avere fiducia, ripetendo le parole di Gesù: "Coraggio, non abbiate paura, sono io!"

Dio non manca mai all'appuntamento con il dolore. La sua mano è sempre tesa come fu con Pietro. Abbiate fiducia. Attendete che il Signore passi vicino a voi. Lui lo fa non con il fragore degli uomini, ma con la dolcezza del mormorio di un vento leggero, come è la natura della carezza di chi vuole bene. Sempre.

 

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