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TESTO Un amore che ti fa vendere tutto...

don Angelo Casati  

VII domenica dopo il martirio di San Giovanni il Precursore (Anno C) (13/10/2019)

Vangelo: Mt 13,44-52 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mt 13,44-52

44Il regno dei cieli è simile a un tesoro nascosto nel campo; un uomo lo trova e lo nasconde; poi va, pieno di gioia, vende tutti i suoi averi e compra quel campo.

45Il regno dei cieli è simile anche a un mercante che va in cerca di perle preziose; 46trovata una perla di grande valore, va, vende tutti i suoi averi e la compra.

47Ancora, il regno dei cieli è simile a una rete gettata nel mare, che raccoglie ogni genere di pesci. 48Quando è piena, i pescatori la tirano a riva, si mettono a sedere, raccolgono i pesci buoni nei canestri e buttano via i cattivi. 49Così sarà alla fine del mondo. Verranno gli angeli e separeranno i cattivi dai buoni 50e li getteranno nella fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti.

51Avete compreso tutte queste cose?». Gli risposero: «Sì». 52Ed egli disse loro: «Per questo ogni scriba, divenuto discepolo del regno dei cieli, è simile a un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche».

Le tre piccole parabole raccontano del regno di Dio. E va subito detto che il regno di Dio che le parabole raccontano non è il regno dei cieli, l'aldilà. Ma un sogno, un sogno e un progetto, che Dio ha per noi, per questa terra. E' sempre suggestivo andare per parabole, sedotti ancora una volta dalle immagini di Gesù. E per me chiedere una grazia - chiederla anche dopo decine e decine di anni -, la grazia di assomigliare almeno un poco - lo abbiamo ascoltato da Gesù - al padrone di casa che "dal suo tesoro estrae cose nuove e cose antiche". Lo Spirito ci venga in soccorso, perché non ci succeda di fare, della Parola di Dio, una cantilena di frasi fatte, stantie. Ripetute sino all'ossessione.

Mi ha colpito nel testo questa precedenza "estrae cose nuove e cose antiche". Cose nuove, è prima. Un monito per tutti coloro che vorrebbero presidiare la tradizione cattolica come un monumento immobile: "cose nuove e cose antiche". Bella anche l'allusione al tesoro: "estrae dal suo tesoro". Il suo tesoro, un luogo intimo, oserei dire segreto, in cui uno ha deposto le cose più preziose della sua vita. Potremmo dire forse il cuore. Dove potrebbe anche accadere che cose preziose rimangano come abbandonate, dimenticate. Ma possono anche d'improvviso accendersi.

Ricordo di aver letto che un giorno Dostoevskij ebbe un sogno: nella sua vecchia cassetta di palissandro scorse un oggetto brillante, che scintillava come una stella. Per lui era sua moglie". Nella cassetta di palissandro delle parabole la stella che scintilla e brilla è Gesù e il suo vangelo. Scintilla ogni volta che apri la parabola. Ogni volta che la apri - starei per dire - con desiderio. Veniamo dunque alle parabole. E una prima domanda mi ha attraversato: chissà se qualcuno un giorno avrà parlato a Gesù di un uomo che, vangando, aveva trovato un tesoro in un campo: allora, quando erano in vista incursioni, accadeva che qualcuno, per mettere al sicuro cose preziose, le sotterrasse in un terreno. O forse a Gesù qualcuno aveva parlato di mercanti appassionati di perle preziose. Di certo aveva visto con i suoi occhi reti di pescatori, intenti a riassettarle o a trascinarle a riva. Nella prima delle parabole che abbiamo ascoltato, Gesù parla di un tesoro nascosto in un campo. Quasi desse voce a un oggetto senza voce, silente, nascosto nel terreno. Quasi a dirci che nel campo, il campo della vita, ci sono tesori nascosti. Ci sono! Nascosti.

E che il regno di Dio non dobbiamo inventarlo noi e nemmeno è frutto di chissà quali strategie. E' nel terreno. A noi tocca vangare. Tu vanghi, vivi la vita con curiosità ed ecco che un giorno ti accade di inciampare in qualcosa di inimmaginabile nel terreno. E il terreno è il mondo. E Gesù, il tesoro, è nel mondo. E tu lo porti allo scoperto. Non so se qualche volta ci viene da ringraziare perché in Gesù e nel suo vangelo abbiamo scoperto un tesoro. "Tesoro" è una parola che tu usi, con gli occhi che si accendono, per esempio per una persona che ami, la guardi e le dici: "Tu sei un tesoro. Tu sei il mio tesoro. Tu, tra le cose più preziose della mia vita. Per te venderei tutto". Se ci pensate, è "per amore" che siamo disposti a vendere tutto. E a vendere con gioia. Non a malincuore, non patendone il peso. "Il mio giogo infatti è dolce" diceva Gesù "e il mio peso leggero" (Mt 11,31). A far leggero il peso è l'amore. Che ti induce a fare le cose, anche quelle un po' faticose, con gioia.

Immagino che vi abbia colpito nelle prime due parabole questa sottolineatura "con gioia": il contadino vende tutti suoi averi con gioia, il mercante vende tutti i suoi averi con gioia. Quasi fosse, questa, una caratteristica del regno di Dio in noi. Lo stigma di una vita consegnata a Gesù e al suo vangelo è la gioia. In primo piano la gioia. Non una religione pesante che ci rende pesanti, rigidi. Strutturati e insopportabili. Negli anni trenta del secolo scorso due grandi scrittori cattolici francesi così avevano fotografato alcuni cristiani. Emmanuel Mounier scriveva di loro: "esseri che pesano e misurano il gesto al millimetro, eroi linfatici, vasi di noia, sacri sillogismi, ombre di ombre". Anni prima un altro grande scrittore francese, Charles Péguy, ne aveva smontato il meccanismo psicologico, dicendo: "Perché non hanno forza per essere della natura, credono di appartenere alla grazia. Perché non hanno il coraggio temporale credono di essere penetrati dall'eterno, Perché non possono appartenere al mondo che rifiutano, credono di appartenere a Dio".

Essere testimoni di gioia, avere la faccia di chi ha trovato un tesoro, una perla preziosa. E ora un accenno alla parabola della rete. So che allude alla fine dei tempi quando gli angeli - e solo loro, quindi solo Dio - potranno fare una cernita tra i "giusti" - così li chiama il testo greco - tra i "giusti" e i "guasti", i "malvagi". Mi sono detto che ciò avverrà solo alla fine, vuol dire dunque che, fin che c'è vita, c'è speranza. Ma l'immagine della rete potrebbe forse anche alludere al fatto che il tesoro che è Gesù porta a uno stile di vita non da solitari, chiede l'"insieme". E parla di una rete che ci salva insieme. Dal mare vengono pescati anche uomini, donne, bambini. La rete non per irretire, ma per salvare, è la rete del regno di Dio.

Perdonate - voi avete capito - mi sto allontanando dal testo, sedotto dall'immagine della rete. E mi sto chiedendo se una certa cernita sugli stili di vita non tocchi a noi fin da oggi. E così ritorno all'immagine e alla parola "rete". Noi oggi parliamo di rete, stare in rete, mettersi in rete. Che può essere una immagine bellissima, immagine dell'"insieme", della comunicazione, dello sconfinamento dalla ristrettezza delle visioni e dalla idolatria dell'io. Ma non posiamo ignorare che in rete, tra proposte giuste, si possono infiltrare proposte guaste e malvagie. Facciamo rete nella giustizia, nella limpidezza, salviamo la bellezza di una rete. O ripariamola. Ho negli occhi la chiamata dei primi discepoli, erano pescatori.

Tra i primi Gesù chiamò Giacomo e Giovanni, che nella barca con il loro padre riparavano le reti. Perdonate lo sconfinamento: che il regno di Dio sia anche riparare una rete?

 

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