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TESTO Commeto su 2Re 5,14-17; Sal 97; 2Tm 2,8-13; Lc 17,11-19

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XXVIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (13/10/2019)

Vangelo: 2Re 5,14-17; Sal 97; 2Tm 2,8-13; Lc 17,11-19 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 17,11-19

11Lungo il cammino verso Gerusalemme, Gesù attraversava la Samaria e la Galilea. 12Entrando in un villaggio, gli vennero incontro dieci lebbrosi, che si fermarono a distanza 13e dissero ad alta voce: «Gesù, maestro, abbi pietà di noi!». 14Appena li vide, Gesù disse loro: «Andate a presentarvi ai sacerdoti». E mentre essi andavano, furono purificati. 15Uno di loro, vedendosi guarito, tornò indietro lodando Dio a gran voce, 16e si prostrò davanti a Gesù, ai suoi piedi, per ringraziarlo. Era un Samaritano. 17Ma Gesù osservò: «Non ne sono stati purificati dieci? E gli altri nove dove sono? 18Non si è trovato nessuno che tornasse indietro a rendere gloria a Dio, all’infuori di questo straniero?». 19E gli disse: «Àlzati e va’; la tua fede ti ha salvato!».

Con l'odierna 28a Domenica del tempo ordinario continuiamo a parlare di fede. Domenica precedente l'abbiamo considerata sotto l'angolatura della speranza, perseveranza e lavoro per il regno. Nell'odierna Domenica vedremo, che la fede è legata alla riconoscenza e si esprime con un desiderio di lode, nonché in un'azione di grazie.
Riconoscenza-Fede-Azione esprimono l'atteggiamento di due lebbrosi, che non fanno parte dei giudei, quindi stranieri, di cui ci viene narrato nella prima lettura e nel vangelo: Naaman il Siro, l'altro un samaritano. Entrambi vengono guariti dalla libra ad opera del profeta Eliseo, il primo, il secondo ad opera di Gesù e questi insieme ad altri nove. Questi è un Samaritano, unico che torna indietro “lodando Dio a gran voce” e gettandosi “ ai piedi di Gesù per ringraziarlo”. Anche Naaman, il generale siriano, torna indietro a ringraziare “l'uomo di Dio”e gli offre un dono. Poiché Eliseo, profeta, si rifiuta ardentemente di accettarlo Naaman gli chiede il “permesso di caricare qui tanta terra quanta ne portano due muli perché” lui non intende, d'ora in poi, “ offrire sacrifici ed olocausti all'infuori del Signore”.
Per quanto riguarda i nove lebbrosi, oltre il Samaritano, guariti da Gesù, c'è da dire solamente, che loro vengono esclusivamente guariti mentre il Samaritano è salvato: “la tua fede ti ha salvato”.
Nella seconda lettura, Paolo, nello scrivere a Timoteo, gli ordina di conservare la memoria: “Ricordati di Gesù Cristo”, Messia, figlio di Davide, risorto dai morti, fedele nell'amore verso di noi, nonostante i nostri peccati e le nostre infedeltà, poiché egli non può rinnegare se stesso.

La prima lettura, dell'odierna Domenica, ci parla di Naaman, generale Siriano lebbroso e del suo rapporto con il profeta Eliseo, Israelita e pertanto suo nemico. Il profeta gli ordina di lavarsi nelle acque del giordano ed egli, a malincuore, gli ubbidisce e dopo essersi lavato per sette volte “ secondo la parola dell'uomo di Dio e la sua carne divenne come carne di un giovinetto”. Tornato per ringraziare il profeta e pagare la prestazione, per il suggerimento ricevuto, si sente dire un seco “non lo prederò” nonostante Naaman insista. Questo episodio narrato nell'Antico testamento nel libro 2Re al capitolo 5 può essere commentato in due modi:
Per essere un vero credente è sufficiente abituarsi a ricevere: Dio non si paga ma si riceve. Ciò, finalmente, lo capisce anche i Siriano e allora chiede il permesso di portarsi a casa qualche sacco pieno di quella terra per celebrare il Dio di Israele.
La gratitudine, secondo modo, nasce dalla consapevolezza, non da ciò che mi è dovuto: Cristiano è colui che rende grazie e non colui che pretende di ricevere qualsiasi grazia.
A commento di quanto contenuto in questa prima lettura ben si adattano le parole di A. J. Heschel, docente di etica e estetica ebraica, il quale osserva che avere il senso del debito significa “sperimentare la vita come un ricevere e non solo come un pretendere”.

Il salmo che fa seguito alla prima lettura è classifica come salmo del Regno. Ancora oggi, una volta l'anno, per la festa delle tende, gli abitanti di Gerusalemme festeggiano il loro Re, Dio in persona, che li ha guidati nel deserto fino alla terra promessa. Questa festa coinvolgeva sia il Tempio, quando c'era, sia tutta la città, ancora oggi, giacché in quella occasione la città era ed è cosparsa di frase. Il salmo 97 è un invito a questa festa che culmina in un gigantesco grido, il grido di guerra nel tempo in cui YHWH conduceva alla vittoria le armate di Israele.
La salvezza (giustizia-fedeltà-amore) non è solo per la casa di Israele, ma per tutti i popoli, come dice il ritornello: “la salvezza del Signore è per tutti i popoli”. Non resta da dire che l'incarnazione del Verbo rende visibile quanto viene proclamato nel ritornello.

La seconda lettura è una prosecuzione di quella della scorsa settimana. In essa san Paolo dice al discepolo Timoteo che nella vita bisogna lottare pertanto non bisogna scoraggiarsi. La libertà della parola, che ha crocifisso Gesù, ha portato Paolo in carcere: “Io soffro fino a portare le catene come un malfattore e ne ha provato così la sua efficacia: “ sopporto ogni cosa per gli eletti, perché anch'essi raggiungano la salvezza”. Pertanto Timoteo deve fare attenzione perché un messaggio che non suscita opposizione non sarebbe una “buona parola”. la nostra ragione di vivere poggia su Gesù Cristo, che è morto per noi: la nostra ragione di sperare consiste nel fatto che la nostra debolezza è vinta dalla sua instancabile fedeltà. Pertanto non dobbiamo perdere il coraggio perché egli è con noi.

Il Vangelo dell'odierna Domenica, la 28a, ci immerge nella terza tappa del cammino che Gesù sta facendo verso Gerusalemme e chiama anche noi, suoi discepoli, in quanto cristiani, ad entrare con lui in città per morire definitivamente al peccato( in senso biblico entrare è penetrare nel profondo di noi stessi per trovarvi condivisione, partecipazione, vicinanza, amicizia. Egli entra continuamente nella storia di ogni uomo: Basta aprirgli e lasciarlo entrare). Saliamo, pertanto, con lui fino all'abbraccio gioioso col Padre.
Gesù “entrando in un villaggio” che non ha nome, incontra dieci malati di lebbra, emarginati, disprezzati, che lo invocano “ Gesù maestro, abbi pietà di noi”. Egli accoglie la loro preghiera, che anche la nostra, li invita a raggiungere il tempio e i sacerdoti della Città santa. Ci invita ad abbandonare l'emarginazione del peccato e a tornare alla casa del Padre dove Lui e il Padre ci attendono.
Non appena ha inizio il viaggio verso la Città santa, avviene il segno della guarigione, ma solo uno di loro torna indietro per rendere grazie a Gesù, fa eucaristia, per la sua Guarigione (Tornare è i verbo della conversione, del ritorno a Dio dopo essersene allontanati perdendosi nel peccato, significa anche cambiare ill suo stato da estraneo in amico di Gesù, la sua malattia in eucaristia, lasciandosi raggiungere dal suo amore).
In realtà, una certa preoccupazione di far bene le cose, un certo modo di volersi santificare, porta a tali scrupoli, che non lascia posto per il rendimento di grazie. La fede, a ben guardare, invece nasce dal riconoscimento del dono di Dio e si esprime in un grazie senza fine, elemento dominante di ogni preghiera.

Revisione di vita
- Gesù nel suo camminare attraversa la mia vita. Lo invito a fermarsi presso di me?
- Ho il coraggio di mettere a nudo il mio morale davanti al Signore e al sacerdote per poterne veramente guarire?
- Il Signore ama tutti con immenso amore. Io faccio parte dell'uno su dieci che gli aprono la porta se egli bussa e lo accolgono? Da che parte sto?

Marinella ed Efisio Murgia di Cagliari

 

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