TESTO Commento su Es 32,7-11.13-14; Sal 50; 1Tm 1,12-17; Luca 15,1-32
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XXIV Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (15/09/2019)
Vangelo: Es 32,7-11.13-14; Sal 50; 1Tm 1,12-17; Lc 15,1-32
In quel tempo, 1si avvicinavano a lui tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. 2I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro». 3Ed egli disse loro questa parabola:
4«Chi di voi, se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e va in cerca di quella perduta, finché non la trova? 5Quando l’ha trovata, pieno di gioia se la carica sulle spalle, 6va a casa, chiama gli amici e i vicini, e dice loro: “Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora, quella che si era perduta”. 7Io vi dico: così vi sarà gioia nel cielo per un solo peccatore che si converte, più che per novantanove giusti i quali non hanno bisogno di conversione.
8Oppure, quale donna, se ha dieci monete e ne perde una, non accende la lampada e spazza la casa e cerca accuratamente finché non la trova? 9E dopo averla trovata, chiama le amiche e le vicine, e dice: “Rallegratevi con me, perché ho trovato la moneta che avevo perduto”. 10Così, io vi dico, vi è gioia davanti agli angeli di Dio per un solo peccatore che si converte».
11Disse ancora: «Un uomo aveva due figli. 12Il più giovane dei due disse al padre: “Padre, dammi la parte di patrimonio che mi spetta”. Ed egli divise tra loro le sue sostanze. 13Pochi giorni dopo, il figlio più giovane, raccolte tutte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò il suo patrimonio vivendo in modo dissoluto. 14Quando ebbe speso tutto, sopraggiunse in quel paese una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. 15Allora andò a mettersi al servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei suoi campi a pascolare i porci. 16Avrebbe voluto saziarsi con le carrube di cui si nutrivano i porci; ma nessuno gli dava nulla. 17Allora ritornò in sé e disse: “Quanti salariati di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! 18Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; 19non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi salariati”. 20Si alzò e tornò da suo padre.
Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. 21Il figlio gli disse: “Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio”. 22Ma il padre disse ai servi: “Presto, portate qui il vestito più bello e fateglielo indossare, mettetegli l’anello al dito e i sandali ai piedi. 23Prendete il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, 24perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”. E cominciarono a far festa.
25Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; 26chiamò uno dei servi e gli domandò che cosa fosse tutto questo. 27Quello gli rispose: “Tuo fratello è qui e tuo padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo”. 28Egli si indignò, e non voleva entrare. Suo padre allora uscì a supplicarlo. 29Ma egli rispose a suo padre: “Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai disobbedito a un tuo comando, e tu non mi hai mai dato un capretto per far festa con i miei amici. 30Ma ora che è tornato questo tuo figlio, il quale ha divorato le tue sostanze con le prostitute, per lui hai ammazzato il vitello grasso”. 31Gli rispose il padre: “Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; 32ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”».
Forma breve (Lc 15, 1-10):
In quel tempo, 1si avvicinavano a lui tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. 2I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro». 3Ed egli disse loro questa parabola:
4«Chi di voi, se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e va in cerca di quella perduta, finché non la trova? 5Quando l’ha trovata, pieno di gioia se la carica sulle spalle, 6va a casa, chiama gli amici e i vicini, e dice loro: “Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora, quella che si era perduta”. 7Io vi dico: così vi sarà gioia nel cielo per un solo peccatore che si converte, più che per novantanove giusti i quali non hanno bisogno di conversione.
8Oppure, quale donna, se ha dieci monete e ne perde una, non accende la lampada e spazza la casa e cerca accuratamente finché non la trova? 9E dopo averla trovata, chiama le amiche e le vicine, e dice: “Rallegratevi con me, perché ho trovato la moneta che avevo perduto”. 10Così, io vi dico, vi è gioia davanti agli angeli di Dio per un solo peccatore che si converte».
Le letture di questa 24esima Domenica del tempo ordinario, anno C, le potremmo definire come le letture del Cristo a braccia aperte (e qui mi sovviene alla mente il maestoso Cristo che sovrasta Brasilia a braccia aperte quasi a voler accogliere l'immensità che sta ai suoi piedi...).
Un l'elemento che desidero evidenziare, e che forse tanti di noi non ci fanno caso più di tanto, è che il testo lucano presenta tre parabole che pongono al termine il momento di gioia, di festa non privata, ma condivisa, coinvolgente la comunità.
La parabola della pecora smarrita: “Quando l'ha trovata, pieno di gioia se la carica sulle spalle, va a casa, chiama gli amici e i vicini e dice loro: ”Rallegratevi con me...”
La parabola della moneta perduta: “E dopo averla trovata, chiama le amiche e le vicine, e dice: “Rallegratevi con me...”
La parabola del padre misericordioso: “Prendete il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa... E cominciarono a fare festa.”
Poi, interessante, caso mai non lo aveste mai notato, è che c'è una coppia di verbi che fanno pendant l'uno con l'altro, per ben otto volte: “perdere-ritrovare”, che nella relazione di coppia, di famiglia, di comunità, li potremmo anche leggere come “perdersi e ritrovarsi”, dalla tristezza alla gioia, non una gioia strettamente intima, personalistica, ma una gioia da condividere, così pure la tristezza, nello spirito dell'aiuto fraterno nella difficoltà.
Attenzione però a non dannarsi l'anima per cercare le cose a discapito di qualcosa di ben più importante: la relazione umana.
Nel racconto “Le retour de l'enfant prodigue” di André Gide, al piccolo che, plagiato dall'avventura del fratello, intende partire anche lui di casa, il figlio prodigo raccomanda di dimenticare tutto: la casa, il focolare (inteso come luogo di relazioni, e anche il “rimorso”, per evitare il ritorno.
E' l'assoluta perdita del senso del peccato e del bisogno di redenzione.
La parabola del padre misericordioso docet...il perno sul quale gira tutta la parabola è la figura umana con le sue relazioni: padre-figli, figlio-figlio, figlio-società... le cose sono solo il contorno (ricchezze, spensieratezza smodata, povertà, fame, maiali, carrube, astio, condanna ecc.) per mettere in luce la relazione umana egoista, tornacontista, ma anche paziente e misericordiosa.
Perché ricordiamoci che se da una parte ci sta il figlio “prodigo” con le cose, dall'altra ci sta il figlio “prodigo” con i sentimenti, e non so chi sia peggiore dell'altro.
Il figlio maggiore è prodigo di orgoglio con il dito accusatore, di benpensante, di disprezzo verso ciò che non è conforme alla forma, di astuzia colpevolizzante verso il padre...”...non ho mai trasgredito, ma ora che questo tuo figlio (manco fratello lo chiama e lo sottolinea con quel “questo”) è tornato...”
Tutto sommato il figlio maggiore rappresenta quello che è il nostro perbenismo farasaico, quello a cui noi spesso ci attacchiamo per mettere la coscienza a posto.
Ma il Padre è lì, che sa aspettare, che sa accogliere a braccia aperte chi sa riconciliarsi con lui dalle proprie colpe, per rinchiuderle amorevolmente attorno al “ritrovato”, ma anche sa abbracciare il figlio che crede di essere nel giusto, perché anche lui è un peccatore “ritrovato”, quando capirà che il padre lo ha avuto sempre con sé, come padre e non come datore di lavoro.
La parabola del padre misericordioso, senza nulla togliere alle altre parabole di questa domenica, è un testo stupendo in cui si intrecciano alcuni temi fondamentali del Vangelo: amore, gioia, conversione, speranza, lotta contro la ipocrisia, contro l'orgoglio, la coscienza che la indifferenza, il giudicare, la superficialità della testimonianza di cristiano, ma che tutto si riversa nella figura del padre che attende, che vede, che spera, che viene incontro, che abbraccia, che cancella il passato, che con la sua misericordia di amore sa rigenerare ogni vita, anche la più esecrabile e condannabile dalla società umana.
L'ultima parola di Dio è il PERDONO, l'ultimo suo gesto è l'ABBRACCIO.
Domande
- Quale atteggiamento assumo, come singolo, come coppia, come famiglia, nella quotidianità delle relazioni personali e sociali?
Claudio Righi - CPM di Pisa