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TESTO "Sono io, non temete"

Paolo Curtaz  

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XIX Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (07/08/2005)

Vangelo: Mt 14,22-33 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mt 14,22-33

[Dopo che la folla ebbe mangiato], 22subito Gesù costrinse i discepoli a salire sulla barca e a precederlo sull’altra riva, finché non avesse congedato la folla. 23Congedata la folla, salì sul monte, in disparte, a pregare. Venuta la sera, egli se ne stava lassù, da solo.

24La barca intanto distava già molte miglia da terra ed era agitata dalle onde: il vento infatti era contrario. 25Sul finire della notte egli andò verso di loro camminando sul mare. 26Vedendolo camminare sul mare, i discepoli furono sconvolti e dissero: «È un fantasma!» e gridarono dalla paura. 27Ma subito Gesù parlò loro dicendo: «Coraggio, sono io, non abbiate paura!». 28Pietro allora gli rispose: «Signore, se sei tu, comandami di venire verso di te sulle acque». 29Ed egli disse: «Vieni!». Pietro scese dalla barca, si mise a camminare sulle acque e andò verso Gesù. 30Ma, vedendo che il vento era forte, s’impaurì e, cominciando ad affondare, gridò: «Signore, salvami!». 31E subito Gesù tese la mano, lo afferrò e gli disse: «Uomo di poca fede, perché hai dubitato?». 32Appena saliti sulla barca, il vento cessò. 33Quelli che erano sulla barca si prostrarono davanti a lui, dicendo: «Davvero tu sei Figlio di Dio!».

Davanti alla folla affamata, che Gesù accoglie e di cui ha compassione dimenticando la tensione conseguenza dell'uccisione del Battista, gli apostoli misurano la propria fragilità e davanti al bisogno di tanta gente, smarriti, propongono un'unica soluzione: si arrangino.

Gesù, al contrario, chiede ai Dodici di mettersi in gioco: la loro misera merenda sfamerà migliaia di adulti; agli occhi non conta l'efficienza, conta la passione del donare.

Così è, cercatori di Dio, noi cerchiamo un Dio che ci risolva i problemi e troviamo, al contrario, un Dio che ci chiede di affrontarli insieme a lui. Il volto del Dio di Gesù che Matteo ha scoperto, quel tesoro nascosto per cui è valsa la pena di abbandonare tutto, la perla preziosa della sua presenza provoca in noi un inesorabile cambiamento, una configurazione a Cristo destabilizzante ed entusiasmante.
Ma al discepolo il dolore non è evitato.

Tempeste

La barca della nostra vita fa acqua, le onde ci terrorizzano: Dio è lontano, assente, non sappiamo che fare della nostra vita, il dolore soffoca il seme di buon grano che sta germogliando. Anche la Chiesa vive la stessa fatica: continuamente sballottata dalle proprie incoerenze e dall'antipatia della storia, fatica a tenere la barra puntata verso il Regno.

Questi duemila interminabili anni di cristianesimo hanno rappresentato una dura prova di fede per i cristiani: dimenticando il Vangelo e travolti dalle persecuzioni (che continuano!) i discepoli hanno assaporato e assaporano la fatica della fede, vivendo, come diceva sant'Agostino, tra le persecuzioni del mondo e le consolazioni di Dio.

Anche al più tenace e più devoto dei discepoli può accadere: a causa di una sofferenza, di una stanchezza, di una depressione, del vento gelido del dubbio, dell'assenza del Maestro (Sì esiste, ho incontrato il suo sguardo di compassione, ma ora è assente) ci allontanano dalla fede, ci restituiscono al vortice dell'inesorabile quotidianità, ci rendono pagani.

Che fai qui, Elia?

Elia, dopo avere sfidato la regina Gezabele e il suo culto idolatrico a Baal, deve fuggire per non essere ucciso e vorrebbe morire; Pietro e gli altri, sfiniti dal vento contrario, stanchi di remare, sono paralizzati dalla paura; noi, fragili discepoli chiamati a sopravvivere dentro una modernità che anestetizza la nostra interiorità e ci allontana dal sé e dal vero, rischiamo di affondare nel relativismo che ci seduce.

Ma proprio quando l'onda è alta su di noi, proprio quando ci sembra di essere sconfitti, qualcosa accade. Gesù cammina sulle acque tempestose e ci ripete: "Coraggio, sono io, non abbiate paura".

Israele è sempre stato un popolo da terraferma: non aveva nessuna ansia di conquista del mare, come i fenici, gli ebrei pensavano che nel mare abitasse un mostro, il Leviathan. Il mare in tempesta rappresenta il peggior incubo immaginabile per un ebreo.

Gesù viene camminando sulle acque, padroneggiando proprio le paure più terribili che possiamo immaginare, quelle che ci impediscono di gioire, che ci tagliano il fiato.

Pietro si tuffa', anche lui vuole camminare sulle acque, sulle difficoltà: si fida, muove i primi passi e poi miseramente sprofonda nel lago agitato. E Gesù, garbatamente, lo prende per mano.

Davanti ai dubbi di fede, davanti alle tempeste della vita, il discepolo è chiamato, come Elia, ad ascoltare nel suo cuore il silenzioso mormorio di Dio, recuperando quella dimensione assoluta che è il silenzio, la preghiera, l'ascolto meditato del grande e quieto oceano della presenza di Dio.

"Che fai qui, Elia?", è la domanda che il Signore continuamente ci rivolge, per orientarci a noi stessi, per riscoprire il flusso profondo che percorre la nostra interiorità.

Lamentele

Troppo pagano è diventato il nostro cristianesimo, troppo efficentista, troppo rumoroso.

Urge riscoprire un modo nuovo di pregare e meditare, un modo che attinga all'immensa tradizione cristiana usando parole nuove, adatte alla sfida attuale.

Come Pietro, il discepolo è chiamato a gettarsi nelle braccia di Dio, sul serio. La fede è fidarsi, la fede è slancio nel vuoto, la fede è concreto abbandono.

Troppe volte la nostra è una fede condizionata, tentennante, dubitativa: lasciamo aperta una via di fuga, convinti ma non troppo.
E allora beviamo.

Quando la smetteremo di tenere in mano il timone della nostra barca invece di affidarlo a Dio?

Dio ci ripete: fidati, affidati, confida, diffida delle tue (piccole e fragili) sicurezze.

Paolo ci indica la fedeltà di Israele come modello: una fedeltà da imitare, una custodia della Parola che ammiriamo, fedeltà conservata con tenacia nella continua tempesta che Israele ha attraversato (e noi cristiani pure a bucargli la barca!).

I nostri fratelli maggiori, amati, vivono ancora e sempre della fiducia nel Dio dell'Alleanza, di generazione in generazione. Animo, dunque, altri hanno già vissuto ciò che viviamo, altri hanno già attraversato il mare in tempesta.

Libri di Paolo Curtaz

 

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