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TESTO Commento su Luca 16,1-13

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XXV Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (22/09/2019)

Vangelo: Lc 16,1-13 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 16,1-13

In quel tempo, 1Gesù diceva ai suoi discepoli: «Un uomo ricco aveva un amministratore, e questi fu accusato dinanzi a lui di sperperare i suoi averi. 2Lo chiamò e gli disse: “Che cosa sento dire di te? Rendi conto della tua amministrazione, perché non potrai più amministrare”. 3L’amministratore disse tra sé: “Che cosa farò, ora che il mio padrone mi toglie l’amministrazione? Zappare, non ne ho la forza; mendicare, mi vergogno. 4So io che cosa farò perché, quando sarò stato allontanato dall’amministrazione, ci sia qualcuno che mi accolga in casa sua”. 5Chiamò uno per uno i debitori del suo padrone e disse al primo: “Tu quanto devi al mio padrone?”. 6Quello rispose: “Cento barili d’olio”. Gli disse: “Prendi la tua ricevuta, siediti subito e scrivi cinquanta”. 7Poi disse a un altro: “Tu quanto devi?”. Rispose: “Cento misure di grano”. Gli disse: “Prendi la tua ricevuta e scrivi ottanta”. 8Il padrone lodò quell’amministratore disonesto, perché aveva agito con scaltrezza. I figli di questo mondo, infatti, verso i loro pari sono più scaltri dei figli della luce. 9Ebbene, io vi dico: fatevi degli amici con la ricchezza disonesta, perché, quando questa verrà a mancare, essi vi accolgano nelle dimore eterne.

10Chi è fedele in cose di poco conto, è fedele anche in cose importanti; e chi è disonesto in cose di poco conto, è disonesto anche in cose importanti. 11Se dunque non siete stati fedeli nella ricchezza disonesta, chi vi affiderà quella vera? 12E se non siete stati fedeli nella ricchezza altrui, chi vi darà la vostra?

13Nessun servitore può servire due padroni, perché o odierà l’uno e amerà l’altro, oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro. Non potete servire Dio e la ricchezza».

Forma breve (Lc 16, 10-13):

In quel tempo, Gesù diceva ai suoi discepoli: 10«Chi è fedele in cose di poco conto, è fedele anche in cose importanti; e chi è disonesto in cose di poco conto, è disonesto anche in cose importanti. 11Se dunque non siete stati fedeli nella ricchezza disonesta, chi vi affiderà quella vera? 12E se non siete stati fedeli nella ricchezza altrui, chi vi darà la vostra?

13Nessun servitore può servire due padroni, perché o odierà l’uno e amerà l’altro, oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro. Non potete servire Dio e la ricchezza».

Il Vangelo di questa domenica ci presenta prima una parabola e poi una serie di ammonimenti che commentano l'uso delle ricchezze, di ciò che ci è stato affidato.
Come non scorgere in questo proprietario terreno il nostro Signore, colui al quale appartiene tutta la terra? Come non scorgere in questo amministratore infedele ognuno di noi, che invece di essere custodi del creato e di tutto ciò che ci è stato affidato, invece di farci amministratori della divina Provvidenza verso i più bisognosi, ci facciamo proprietari e proprietari disonesti? Quanta ne vediamo di questa storia qui in tanti politici che invece di cercare il bene comune cercano i loro interessi con una corruzione che ha raggiunto da noi livelli altissimi. Ma ciò non vale solo per i politici ma per ognuno di noi: Dio ci ha affidato doni, persone, beni e noi cosa ne stiamo facendo?
Nel Vangelo la prima scena di questo dialogo tra l'amministratore e il suo padrone si conclude con un licenziamento: «Non puoi più essere amministratore». Mamma mia! Il Padrone, il Signore, può licenziarmi, può togliermi ciò che mi ha affidato e che io non ho trafficato per il bene comune, ma solo per arricchirmi. Qui, nel Vangelo, l'amministratore non dice nulla, sa in fondo di essere mancante come sappiamo di esserlo un pochino tutti noi.
Come rimediare? Egli non si dà per vinto; pensa subito a come rimediare per garantirsi un futuro. E così si rivolge a tutti i debitori iniziando dal primo: «Tu quanto devi? Rispose: Cento misure di grano. Gli disse: Prendi la tua ricevuta e scrivi ottanta». La conclusione di tutto ciò quasi ci imbarazza: «Il padrone lodò quell'amministratore disonesto, perché aveva agito con scaltrezza». Gesù approva forse e incoraggia la corruzione? No di certo. La parabola dice una verità sull'insegnamento che vuol dare, su ciò che vuol valorizzare non su tutto il racconto.
Quell'uomo, davanti ad una situazione difficile ha dato prova di estrema decisione e di grande scaltrezza. Ha agito prontamente e intelligentemente, anche se non onestamente per mettersi al sicuro. Questo è in fondo ciò che ci sta dicendo Gesù; hai rubato? Non ti sei dato da fare? Non hai fatto parte dei tuoi doni, del tuo tempo, dei tuoi beni agli altri? Datti da fare mentre sei in tempo! E non solo per quanto riguardo questa vita, ma anche e soprattutto per la vita eterna. "La vita a nessuno è data in possesso, ma a tutti in amministrazione" (Seneca). Siamo dunque amministratori, non padroni, il Signore ci chiederà conto della nostra vita.
Il Vangelo, dopo aver detto di come l'amministratore ha cercato di rimediare, così continua «Ebbene, io vi dico: Procuratevi amici con la disonesta ricchezza, perché, quand'essa verrà a mancare, vi accolgano nelle dimore eterne». Come dire: fate come quell'amministratore; fatevi amici coloro che un giorno, quando vi troverete nella necessità, possono aiutarvi.
Ciò mette in risalto due fatti importanti. Fatevi degli amici! Il Signore ci sta a dire che le persone valgono più del denaro, più dei possessi. Quanto è vera questa affermazione e oggi ancor di più che viviamo quella che papa Francesco chiama la “cultura dello scarto”, dove l'uomo che non produce, l'uomo che pesa sull'economia, è da scartare, da ignorare, sono gli invisibili di questa società. Invisibili perché danno fastidio, i poveri danno fastidio, ci richiamano a come stiamo amministrando la nostra vita, la nostra fede, i nostri doni, i nostri beni, che poi non sono nostri ma ci sono stati affidati, come dice San Paolo: «Chi dunque ti dà questo privilegio? Che cosa possiedi che tu non l'abbia ricevuto? E se l'hai ricevuto, perché te ne vanti come se non l'avessi ricevuto?» (1 Cor 4,7).
Facciamoci dunque nuovi amici, amici potenti, i poveri, gli ultimi, i bisognosi, che sono, come diceva Sant'Agostino: «i nostri corrieri e i nostri facchini: coloro che ci permettono di trasferire, fin da ora, i nostri beni nella casa che si sta costruendo per noi nell'aldilà».

 

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