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TESTO Commento su Marco 7,31-37

Missionari della Via  

XXIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (08/09/2019)

Vangelo: Lc 14,25-33 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, 25una folla numerosa andava con Gesù. Egli si voltò e disse loro: 26«Se uno viene a me e non mi ama più di quanto ami suo padre, la madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo. 27Colui che non porta la propria croce e non viene dietro a me, non può essere mio discepolo.

28Chi di voi, volendo costruire una torre, non siede prima a calcolare la spesa e a vedere se ha i mezzi per portarla a termine? 29Per evitare che, se getta le fondamenta e non è in grado di finire il lavoro, tutti coloro che vedono comincino a deriderlo, 30dicendo: “Costui ha iniziato a costruire, ma non è stato capace di finire il lavoro”. 31Oppure quale re, partendo in guerra contro un altro re, non siede prima a esaminare se può affrontare con diecimila uomini chi gli viene incontro con ventimila? 32Se no, mentre l’altro è ancora lontano, gli manda dei messaggeri per chiedere pace. 33Così chiunque di voi non rinuncia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo.

Il brano evangelico di questa domenica ci mette di fronte alle esigenze della sequela a Cristo Signore. È interessante come Gesù voltandosi e vedendo una grande folla dietro di Lui, si rivolge non ad alcuni ma a tutti: «Se uno viene a me e non mi ama più di quanto ami suo padre, la madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo». Sta a dire: vuoi stare con me, mi vuoi seguire? Amami allora più di ogni altra cosa, più degli affetti familiari, più della tua stessa vita. Certo, tali parole quasi ci mettono paura, ma Gesù non ci sta dicendo di non amare tutto ciò, ma di mettere ordine in ciò. Egli, non esclude altri amori, ma questi vanno vissuti sapendo che l'amore per Cristo è primario. Come potremmo amare nel giusto modo i nostri cari, la nostra vita, se non ci insegna ad amare Colui che è l'amore? Rischieremmo di chiamare amore ciò che non lo è. Rischieremmo non di amare ma di possedere persone e cose.
L'intenzione di Gesù, che conosce il cuore umano, che sa come la famiglia possa essere una gabbia, è quella di liberarci da tutto ciò che è disordine, da tutto ciò che può diventare idolatria, che è dare a uomini e cose ciò che spetta solo a Dio. Amare il padre e la madre è uno dei comandamenti e Gesù lo conferma (cfr Mc 7,9-13), ma può succedere che questo amore impedisca la sequela a Cristo Signore; per questo ci ricorda Benedetto XVI che «L'amore per i genitori è un comandamento sacro ma per essere vissuto in modo autentico non può essere anteposto all'amore di Dio e di Cristo».

Quante vocazioni cristiane al matrimonio e ina particolare alla vita consacrata, son fallite a causa dei legami familiari, che con atteggiamenti spesso di falsa pietà hanno incatenato i figli, incapaci questi a rompere il legame familiare, diventato laccio familiare. Povere vocazioni! In verità non possiamo amare tutti e tutto nello stesso tempo e nello stesso modo, ma solo dando ai nostri amori un ordine chiaro sappiamo dov'è il nostro tesoro e dunque il nostro cuore (cfr Lc 12,34). «Ci sono tempi, luoghi e cose - ci ricorda S. Agostino - che debbono essere subordinati ad altre faccende ad altri tempi ad altri luoghi si deve onorare il padre ma si deve obbedire a Dio. Si deve amare il genitore ma bisogna preferire il creatore stabilite delle gradazioni e date a ciascuno ciò che gli è dovuto non ponete le cose superiori sotto le inferiori».
Questo discorso sugli affetti è duro, costa fatica, ma fa parte del «portare ogni giorno la propria croce». Infatti, essere discepoli di Gesù non è l'esperienza di un momento, ma un sì ripetuto ogni giorno, è la decisione di rispondere a una chiamata, dopo attento discernimento. Per questo Gesù prosegue con due parabole, mettendoci in guardia. Abbiamo molto da imparare da questo atteggiamento di Gesù, che non fa sconti, soprattutto oggi che la scarsità di vocazioni ci porta ad accogliere tutti con molta superficialità, senza attento discernimento con tutti i danni che oggi vediamo sotto i nostri occhi! Gesù ci avverte: «Chi di voi, volendo costruire una torre, non siede prima a calcolare la spesa, per vedere se ha i mezzi per portare a termine i lavori?». Seguire Gesù non nasce da un fuoco di paglia, non nasce da un semplice entusiasmo iniziale, non nasce da un semplice battito di cuore, che inizialmente pure ci sta, seguire Gesù richiede un attento discernimento, uno scendere in profondità nel nostro cuore, guardando con realismo ciò che siamo e cosa siamo disposti a dargli. Per questo Gesù ci dice di misurare bene le nostre forze per finire ciò che abbiamo iniziato.
Ma non perché la vocazione nasca da noi, dalle nostre forze, ma perché a noi ci è richiesto il sì vero, deciso e continuo alla grazia che ci precede, per vincere quello che è il combattimento spirituale che dura tutta la vita. «La nostra vita acquista significato quando è innanzi tutto risposta viva alla chiamata di Dio. Ma come riconoscere una tale chiamata e scoprire ciò che Dio si aspetta da noi? Dio si aspetta che siamo un riflesso della sua presenza, portatori di una speranza del Vangelo. Chi risponde a questa chiamata non ignora le proprie fragilità, così custodisce nel suo cuore queste parole di Cristo: "Non temere, continua a fidarti!"» (Frère Roger).

Davanti alle parole di questa domenica mi domando:
- Chi o cosa amo prima di ogni cosa?
- So fare silenzio davanti a Gesù nelle mie giornate per discernere il mio vero bene?
- La mia sequela a Gesù, nonostante le mie debolezze, è costante o a corrente alternata?

 

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