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TESTO Seguire con fede

padre Gian Franco Scarpitta  

XXIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (08/09/2019)

Vangelo: Mc 7,31-37 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 14,25-33

In quel tempo, 25una folla numerosa andava con Gesù. Egli si voltò e disse loro: 26«Se uno viene a me e non mi ama più di quanto ami suo padre, la madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo. 27Colui che non porta la propria croce e non viene dietro a me, non può essere mio discepolo.

28Chi di voi, volendo costruire una torre, non siede prima a calcolare la spesa e a vedere se ha i mezzi per portarla a termine? 29Per evitare che, se getta le fondamenta e non è in grado di finire il lavoro, tutti coloro che vedono comincino a deriderlo, 30dicendo: “Costui ha iniziato a costruire, ma non è stato capace di finire il lavoro”. 31Oppure quale re, partendo in guerra contro un altro re, non siede prima a esaminare se può affrontare con diecimila uomini chi gli viene incontro con ventimila? 32Se no, mentre l’altro è ancora lontano, gli manda dei messaggeri per chiedere pace. 33Così chiunque di voi non rinuncia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo.

Quella di cui si parla oggi è solo una delle tante circostanze in cui si stringe tantissima folla attorno a Gesù, con un numero imprecisato di persone che vogliono mettersi al suo seguito, mosse da entusiasmo, concitazione e senso di ammirazione nei suoi confronti. Gesù però probabilmente riscontra che il loro atteggiamento non è dissimile da quello tipico dei bambini tipicamente attratti dal fascino delle novità, che vogliono partecipare, toccare con mano, essere coinvolti senza sapere essi stessi il perché. Una sequela insomma velleitaria, dettata più dall'impulso che dalla consapevolezza responsabile. Ecco perché Gesù non si gonfia e non resta vittima di autocompiacimento e di vanagloria blanda e immotivata; provvede piuttosto a mettere al corrente quanti vorrebbero mettersi al suo seguito a tutti i costi. Gli evangelisti ci raccontano che in un'altra occasione, quando uno scriba gli rivela il suo proposito di seguirlo dovunque lui vada, Gesù risponde: “Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo il loro nodo, ma il Figlio dell'Uomo non ha dove posare il capo.”(Mt 8, 20) e così replicando insegna che chiunque si disponga a un programma di sequela del Cristo è destinato a compromettere la propria vita sotto tutti gli aspetti, anche quello geografico. Chi segue Gesù deve escludere una terra tutta sua, ma fare del vasto mondo la propria parrocchia (Congar).

Ora il discorso di Gesù si fa ancora più allusivo: porsi alla sua sequela comporta la rinuncia a qualsiasi sicurezza personale, il sacrificio e altre simili condizioni che non si possono concepire al di fuori della radicalità e della determinazione proprie della fede. Si chiede infatti di anteporre Cristo perfino ai propri affetti e alle personali preferenze, anche quando queste siano legittime e fondate, di non lasciarsi coinvolgere da seduzioni o vincoli anche fra i meno insignificanti e soprattutto di essere disposti ad abbracciare la croce, ossia l'assillo quotidiano della sofferenza e del martirio.

Chi vuol essere discepolo di Gesù non può misconoscere la croce, ma abbracciarla e valutarla come opportunità e non come ostacolo o impedimento. E la croce è una costante esistenziale necessaria per conseguire qualsiasi obiettivo e intanto per definirsi ed essere veramente suoi discepoli.

NEll'ordine della sequela si parla certamente di fiducia e di apertura incondizionata e chi vuole essere discepolo di Cristo non può non dare tutto se stesso a lui incondizionatamente; ciò tuttavia non giustifica l'irrazionalità e l'istintività entusiastica alla stregua di un fan o di un sostenitore accanito costi quel che costi. Si tratta di sequela certo fiduciosa, ma critica e consapevole nonché partecipe e responsabile.

Di riflesso, la sequela comporta lo sprezzamento delle vanità mondane e delle sicurezze con cui solitamente ci si vuole circondare, la fuga dagli agi, dai vizi e dalle comodità, per avere l'unica certezza nel Cristo medesimo. E tutto questo come sarebbe possibile se non nell'ottica della libera accoglienza incondizionata che è la fede?

In questa prospettiva è possibile anche interpretare le famose parole di Gesù che nella versione più remota delle traduzioni di Luca assumono molta più crudezza e drammaticità: “Se uno viene a me e non odia suo padre, sua madre, la moglie, i figli, i fratelli...”

In realtà si vuol dire che nessun valore va collocato al di sopra di Gesù, per quanto importante e apprezzabile possa essere e nessun affetto sebbene profondamente umano ed encomiabile può essere considerato più prezioso dello stesso Signore al cui seguito vogliamo collocarci. Affetti familiari e beni di per sé ineccepibili e apprezzabili non possono avere posizione di primato rispetto a Gesù. In altre parole nulla va odiato né detestato, ma rispetto a Gesù tutto passa in secondo ordine.

Ma cosa rende possibile questo intendimento e questa condotta se non il fermo fondamento e la radicalità incrollabile della fede, unica risorsa che sia in grado di darci le ragioni della scelta preferenziale di Cristo rispetto a tutto il resto?

Scrive Karl Rahner: “La rinuncia al mondo è un gesto reso possibile solo dalla fede nel fatto che Dio in Gesù dona se stesso per grazia al mondo e che questa grazia non può venire strappata né attraverso l'uso e l'impiego del mondo, né attraverso la fuga presi come tali e da soli. Il mondo, come valore positivo, lo può lasciare solo colui che ha con esso un rapporto positivo.”

Proprio la fede nel Verbo Incarnato ci conduce a considerare ogni cosa come “spazzatura al fine di guadagnare solo Cristo”(Fil 3, 8) e questi come bene supremo ultimo.

Sono nella fede infatti è possibile concepire che l'oggetto della nostra sequela non è il leader politico o carismatico del momento, non il sobillatore o l'agitatore sociale che coinvolge le masse o il fautore di una cultura ideologica transitoria e destinata a non perdurare, ma il Figlio di Dio che si è fatto uomo, vale a Dire Dio stesso che ha voluto percorrere i nostri stessi sentieri essendo simile a noi in tutto e per questo si spiegano i succitati requisiti di sequela. La fede ci fa concepire possibile ciò che comunemente consideriamo illogico, razionale e giustificabile ciò che altri reputano assurdo. Nell'ottica di questa fede si può percorrere la strada dietro a Gesù, senza travisarne la figura e il messaggio.

L'apertura della fede ci dischiude alla prudenza e alla cautela perché non ci incamminiamo in un sentiero troppo arduo, che potrebbe in un secondo momento comportare fuga e arrendevolezza e per questo Gesù si intrattiene su alcuni assunti parabolici: come nessuno si metterebbe a costruire una torre senza prima calcolare la spesa necessaria per non incappare poi in debiti o pendenze irrisolvibili, così anche chi voglia mettersi alla sequela del Cristo non può non soffermarsi a lungo a verificare se l'impresa sia alla sua portata. Se cioè riuscirà a portare a termine tale progetto fino in fondo. Se riuscirà a persistere in tale proposito di sequela o si rivelerà vile nei cedimenti dandosi alla resa. Nessuno parimenti sostiene una battaglia quando si accorge che le sue armi sono insufficienti e sproporzionate per non dover poi capitolare rovinosamente fra le canzonature del nemico; tale e allo stesso modo la prudenza e la circospezione di chi vuole seguire Gesù.

In parole povere la scelta è sempre in ordine vocazionale, poiché è lo stesso Cristo che chiama e che attrezza a seguirlo e in assenza degli strumenti che egli stesso fornisce è impossibile intraprendere il cammino dietro a lui. Non una scelta entusiastica e passionale, ma una vocazione da noi individuata, ponderata come tale e realizzata senza ritrosie e rimpianti.

Una scelta di conseguenza sapiente e illuminata, quale la descrive il testo di cui alla Prima Lettura di oggi, che scaturisce dal dono gratuito con cui Dio sa orientarci vincendo l'incertezza e la debolezza dei nostri ragionamenti e delle nostre conclusioni. Perché è proprio di Dio collocare ciascuno nella sequela appropriata del suo Figlio.

 

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