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TESTO Il ballo delle poltrone

don Luciano Cantini  

XXII Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (01/09/2019)

Vangelo: Lc 14,1.7-14 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 14,1.7-14

Avvenne che 1un sabato Gesù si recò a casa di uno dei capi dei farisei per pranzare ed essi stavano a osservarlo.

7Diceva agli invitati una parabola, notando come sceglievano i primi posti: 8«Quando sei invitato a nozze da qualcuno, non metterti al primo posto, perché non ci sia un altro invitato più degno di te, 9e colui che ha invitato te e lui venga a dirti: “Cedigli il posto!”. Allora dovrai con vergogna occupare l’ultimo posto. 10Invece, quando sei invitato, va’ a metterti all’ultimo posto, perché quando viene colui che ti ha invitato ti dica: “Amico, vieni più avanti!”. Allora ne avrai onore davanti a tutti i commensali. 11Perché chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato».

12Disse poi a colui che l’aveva invitato: «Quando offri un pranzo o una cena, non invitare i tuoi amici né i tuoi fratelli né i tuoi parenti né i ricchi vicini, perché a loro volta non ti invitino anch’essi e tu abbia il contraccambio. 13Al contrario, quando offri un banchetto, invita poveri, storpi, zoppi, ciechi; 14e sarai beato perché non hanno da ricambiarti. Riceverai infatti la tua ricompensa alla risurrezione dei giusti».

Sceglievano i primi posti
C'è un gioco che si fa con i bimbi, e non solo, a volte si è viso anche in circo da qualche clown: si mettono le sedie, meno una, tutti ballano e al termine della musica ognuno cerca una sedia per sedersi, ma uno rimane in piedi, così ad ogni giro si toglie una sedia... viene da ridere quando chi è escluso deve lasciare il gioco; quando invece si pensa alle poltrone che contano allora viene da piangere: è la triste storia che si ripete ogni volta che c'è in ballo la formazione di un governo, o di un consiglio di amministrazione di una società o una giunta... lo vediamo in questi giorni senza immaginare cosa sarà accaduto quando queste righe saranno lette.
Siamo sempre sicuri di avere le capacità, le conoscenze adeguate al posto che vorremo occupare, quale considerazione abbiamo di noi stessi? Non fatevi un'idea troppo alta di voi stessi è la raccomandazione di san Paolo (Rm 12,16). Viviamo in una realtà in cui è facile produrre scarti tra gli uomini. Disoccupati, inoccupati, sottoccupati, precari, esodati, cassaintegrati, emigrati, clandestini, rifugiati, disadattati, barboni, l'elenco di “scaricati” è terribilmente lungo. La cosa che più spaventa è la multiformità e l'ampiezza del fenomeno in una cultura occidentale che dice di basarsi su valori cristiani; invece, è fatta di arrivisti, arrampicatori, di tanti che arrancano alla ricerca di un posto più elevato e per questo si sono create lobby, centri di poteri, piccoli o grandi, leciti o meno. Dobbiamo imparare a osservare con attenzione il mondo che ci circonda, a non prendere i fatti semplicemente come ci sono rappresentati ma a leggerli nel loro significato.

Va' a metterti all'ultimo posto
Scegliere l'ultimo posto significa entrare nella dinamica della incarnazione: la vera imitazione di Cristo sta proprio nell'accettare questo mistero di spoliazione, Lui che svuotò se stesso fino alla morte e a una morte di croce (Fil 2,7-8). Quell'ultimo posto che Gesù ci invita a occupare è quello che lui ha prenotato per se stesso e che occuperà salendo verso Gerusalemme. Colui che cerca l'ultimo posto non è solo per andare controcorrente nella società di oggi, sia civile che ecclesiale, neppure per esprimere un atteggiamento di umiltà la cui ostentazione dimostra il contrario, ma una scelta d'amore nei confronti degli ultimi. Gesù occupando l'ultimo posto si fa prossimo agli ultimi, coloro che nel mondo non contano.

Non hanno da ricambiarti
La prospettiva che Gesù ci offre nel racconto della parabola e nell'invito che ne consegue e quello di sedersi a tavola con i poveri, storpi, zoppi, ciechi nella totale gratuità. Stare insieme alla stessa tavola significa mettersi allo stesso livello, togliere di mezzo le separazioni, rendere possibile la comunicazione, perché i poveri, coloro che in qualche modo sono gli emarginati (non sempre privi di cose) hanno qualcosa da dirci, ci offrono un punto di vista del mondo (e del vangelo) totalmente nuovo.
C'è un servizio di carità da offrire ai poveri, un impegno di solidarietà e di comunione, su questo la Chiesa è stata maestra al mondo intero. Attenzione però, non è una azione umanitaria né filantropica. Nell'impegno di carità c'è un sottile sentimento di appagamento e la soddisfazione nell'aiutare, donare, elargire, rimanendo però a quel primo posto di colui che offre. I poveri non hanno bisogno di elemosina per poi tornare da dove sono venuti, mentre siamo noi ad avere la necessità di mangiare allo stesso piatto; abbiamo bisogno della comunione con loro, di imparare da loro la lezione del vangelo. Nella Storia della Salvezza e nel Vangelo i poveri (gli anawim) sono i depositari del rapporto autentico con Dio; più che una dimensione sociale sono una categoria teologica, sono una Verità proprio perché priva di orpelli e sovrastrutture. Con gli ultimi è possibile recuperare il senso autentico della realtà per ripartire con entusiasmo e ritrovare la gioia (il banchetto) della vita. Ecco il significato dell'invito finale: “Amico, vieni più avanti!”

 

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