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TESTO Un cuore che ascolta

don Angelo Casati  

X domenica dopo Pentecoste (Anno C) (18/08/2019)

Vangelo: Lc 18,24b-30 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 18,24b-30

24Quando Gesù lo vide così triste, disse: «Quanto è difficile, per quelli che possiedono ricchezze, entrare nel regno di Dio. 25È più facile infatti per un cammello passare per la cruna di un ago, che per un ricco entrare nel regno di Dio!». 26Quelli che ascoltavano dissero: «E chi può essere salvato?». 27Rispose: «Ciò che è impossibile agli uomini, è possibile a Dio».

28Pietro allora disse: «Noi abbiamo lasciato i nostri beni e ti abbiamo seguito». 29Ed egli rispose: «In verità io vi dico, non c’è nessuno che abbia lasciato casa o moglie o fratelli o genitori o figli per il regno di Dio, 30che non riceva molto di più nel tempo presente e la vita eterna nel tempo che verrà».

Perdonate, oggi vorrei dire poche cose - non so se riuscirò - proprio perché se ne potrebbero dire tante. Troppe. E comincio col dirvi che sforbiciare in questo modo i brani del vangelo mi fa perdere i colori. Abbiamo ascoltato parole molto severe di Gesù sui ricchi e sulla ricchezza. Ma io, che vado alla ricerca dei suoi occhi, per indovinarli, mi sono chiesto che cosa era accaduto prima. Noi leggiamo come se ex abrupto Gesù si fosse messo a dire queste cose. Hanno cancellato metà del versetto iniziale che dice: "Avendolo visto, Gesù disse...".

Avendo visto chi? E che cosa aveva visto? Aveva visto un viso trascolorare. Aveva dialogato con un notabile e lo aveva ancora negli occhi: "vedendolo, disse...". Il notabile gli aveva chiesto che cosa fare per ereditare la vita eterna. E lui, Gesù, gli aveva ricordato i comandamenti che riguardano il prossimo. Lui gli rispose che li aveva osservati fin dalla giovinezza e Marco nel suo vangelo annota che Gesù, posando lo sguardo su di lui, lo amò. Poi soggiunse: "Una cosa ancora ti manca, vendi tutto quello che hai, distribuiscilo ai poveri e avrai un tesoro nei cieli. E vieni. Seguimi!". Ma quello, udite queste parole, divenne assai triste perché era molto ricco". Divenne assai triste. "Gesù vedendolo disse...".

Ed ecco il nostro brano: quando Gesù lo vide così triste, disse le parole che oggi abbiamo ascoltato. Ma pensate, era come se quel notabile avesse cambiato faccia: da una faccia di entusiasmo a una faccia di tristezza. E io immagino che anche gli occhi di Gesù abbiano cambiato di colore. Perché gli aveva letto in viso quella tristezza e aveva contemporaneamente colto la causa: che è l'aggrappamento alle ricchezze, ai beni. I beni se diventano un assoluto fanno la tristezza, la tristezza di un uomo, di una donna, fanno la tristezza del mondo. E' come, da cammelli, pretendere di entrare per la cruna di un ago. Assottiglia. E non è che non si possa assottigliare. Infatti, proprio nel capitolo che segue, viene raccontata la storia di Zaccheo, un ricco e il suo passaggio verso la gioia. " Accolse" è scritto "con gioia Gesù nella sua casa" Poi "Zaccheo, alzatosi - bellissimo: "alzatosi - disse al Signore: Ecco, Signore, io do la metà di ciò che possiedo ai poveri e, se ho rubato, a qualcuno, restituisco quatttro volte tanto".

Ha assottigliato. La salvezza entrò in quella casa. Ecco come si può cambiare faccia dall'entusiasmo alla tristezza, dalla tristezza alla gioia. A Gesù sta troppo a cuore la nostra gioia e lo vuol far capire ai suoi discepoli che sembrano fare un po' i conti e ancora non hanno capito che cosa hanno guadagnato. Hanno guadagnato la gioia. Mi fermo qui perché nella mente mi si è come disseppellita una parola luminosa di Gesù, che non sta scritta nel vangeli. Pensate che Paolo conclude con queste parole il suo discorso di addio ai presbiteri riuniti ad Efeso. Poi tutti scoppieranno in pianto.

Conclude dicendo: "In tutte le maniere vi ho mostrato che i deboli si devono soccorrere lavorando così, ricordando le parole del Signore Gesù, che disse: "Si è più beati nel dare che nel ricevere!" (At 20,35). A volte dimentichiamo che questa è la strada per la gioia: dare, dividere, condividere. E ora un piccolo pensiero su Salomone, prima lettura. Il nostro racconto ci ricorda il sogno che un giorno Salomone ebbe in una visione notturna su un'altura, presso un santuario, una visione di Dio. Nel sogno Salomone si rivolge a Dio riconoscendo di essere come un ragazzino, forse per l'età, ma, penso, ancor più per la sua inesperienza di governo .

E che cosa chiede a Dio nella notte ora che ha un popolo numeroso da governare? Che cosa chiediamo noi? Noi certo non abbiamo un popolo numeroso da governare, ma scelte che mettono in gioco la nostra responsabilità, queste sì, le abbiamo. E allora che cosa chiedere? Per il buon governo? Salomone - in questo grande! - chiede "un cuore attento", letteralmente "un cuore che ascolta" e aggiunge "perché sappia rendere giustizia al tuo popolo e sappia distinguere il bene dal male". Pensate, fu la preghiera della giovinezza, poi se la scordò, sedotto anche lui dalla frenesia del successo, del potere, della ricchezza. Si dimenticano - pensate - le preghiere, i pensieri, i sogni della giovinezza. Ed erano quelli sacri. Mi ha attraversato una domanda: "Ed io che cosa chiedevo a Dio e alla vita nella mia giovinezza? E che cosa è rimasto di quei pensieri, di quei sogni? E non erano forse sacri? E oggi dove sono? E ritorno alla provocazione di quella richiesta di Salomone nella notte: chiese "un cuore che ascolta".

E' ciò che conta per chi governa, per chi voglia rendere giustizia a un popolo, per chi vuole avere la luce di distinguere il bene dal male: avere un cuore che ascolta. Ebbene non vi sembra forse che la cosa più importante sia proprio quella assente? Ma dove mai ci si ascolta? Ci si parla addosso. Siamo arrivati alla deriva, facendo credere che la cosa importante per un buon governo è saper parlare, essere affabulatori, venditori di parole. Pensate quanto rivoluzionario sia questo pensiero del primo libro dei Re: ciò che conta in chi governa è saper ascoltare. "Ma dove mai?": ti chiedi.

Vedi qualcuno nell'atteggiamento di chi ascolta? Lo spettacolo è altro, altro in tutti i sensi. E l'esito? Sotto gli occhi di tutti. Un cuore che ascolta, vorrei dire, in ogni ambito, anche in quelli più personali o più quotidiani. Ci si ascolta nelle case, nei luoghi del nostro impegno quotidiano, nella chiesa, nella città, nei quartieri, nelle mille relazioni che abbiamo? Ci si ascolta o si parla? Si sproloquia, come se l'altro, l'altra, gli altri, non avessero un pensiero, uno stimolo, un sogno. Da condividere. Perdonate, "un cuore che ascolta. Anche la parola "cuore" per me è una provocazione. Solo se c'è un po' del tuo cuore, riesci ad ascoltare veramente: ci si ascolta con il cuore.

Ma lascio a voi la provocazione. "Donami, Signore, un cuore che ascolta".

 

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