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TESTO Commento su Giovanni 19,30-35

don Michele Cerutti

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VI domenica dopo Pentecoste (Anno C) (21/07/2019)

Vangelo: Gv 19,30-35 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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30Dopo aver preso l’aceto, Gesù disse: «È compiuto!». E, chinato il capo, consegnò lo spirito.

31Era il giorno della Parasceve e i Giudei, perché i corpi non rimanessero sulla croce durante il sabato – era infatti un giorno solenne quel sabato –, chiesero a Pilato che fossero spezzate loro le gambe e fossero portati via. 32Vennero dunque i soldati e spezzarono le gambe all’uno e all’altro che erano stati crocifissi insieme con lui. 33Venuti però da Gesù, vedendo che era già morto, non gli spezzarono le gambe, 34ma uno dei soldati con una lancia gli colpì il fianco, e subito ne uscì sangue e acqua. 35Chi ha visto ne dà testimonianza e la sua testimonianza è vera; egli sa che dice il vero, perché anche voi crediate.

Con il Vangelo di Giovanni siamo chiamati alla visione estatica del mistero e i fatti esteriori della vita di Gesù diventano segni del mistero stesso. La morte di Gesù non va visto nell'ottica di un sacrificio, ma nell'ottica del mistero di Cristo.
Guardando in dettaglio il brano che abbiamo proclamato si mette in evidenza più che il fatto ciò che il fatto significa. Le gambe di Gesù che non vengono spezzate sono un rimando all'agnello pasquale al quale non deve essere spezzato alcun osso. Se poniamo attenzione alla cronologia di Giovanni Gesù muore proprio nel momento stesso in cui nel tempio gli agnelli venivano sgozzati per la cena pasquale. Gesù è il vero agnello pasquale, colui che allontana da noi la morte.
Pensando invece al colpo di lancia da cui sgorgano sangue e acqua questi hanno una valenza simbolica. Infatti il sangue è il dono della vita di Gesù, mentre l'acqua è il dono dello Spirito. Con il fatto che vengono mescolati sta a significare che Gesù rimane intrinsecamente unito alla missione dello Spirito. In questo modo la Chiesa continua la vita di Gesù. Guardando al crocifisso allora comprendiamo che la sua morte smaschera tutte le nostre iniquità e testimonia anche l'amore di Dio che va oltre il nostro peccato e ci fa rialzare con coraggio.
Abbiamo bisogno di riscoprire l'antica pratica della contemplazione della Croce. Nella consapevolezza che, come afferma il Fausti nel suo testo Idiozia:
“Un Dio crocifisso ci salva innanzi tutto da Dio. Dal Dio tremendo che risponde alla violenza con la violenza, che ha a disposizione tutto e tutti, ma non è disponibile a niente e per nessuno, capace di salvare se stesso e dannare gli altri. Noi immaginiamo un Dio che realizza le nostre brame di avere, di potere e di apparire: è la proiezione dei nostri desideri distruttivi. Se ci fosse, come affermano le persone religiose, un tale Dio non sarebbe che il sommo male. Per questo va negato, come affermano gli atei. La croce invece mostra un Dio - l'unico vero Dio, del quale non c'è altra immagine adeguata, perché è per noi la più blasfema! - che si mette nelle mani di tutti e serve tutti in mitezza e umiltà, un Dio che dona tutto, anche la propria vita a noi che gliela togliamo!”
Un Dio crocifisso, religiosamente immondo, politicamente irrilevante, è personalmente disperante! Non salva da nessun punto di vista! (p. 65). Invece “pretendere che Dio ci salvi dalla morte salvando se stesso, è una “bestemmia” contro di lui. Perché lui ci salva non “dalla” morte, bensì “nella” morte; e non salvando, bensì perdendo se stesso. Se lui non entrasse nella nostra morte, questa resterebbe per noi la minaccia suprema. Ma se lui è presente nella nostra morte, essa non è più separazione, bensì comunione con la sorgente della vita”.
“La croce è la bestemmia di Dio che ci libera dalla nostra bestemmia su Dio: come sdemonizza lui, restituendogli il suo vero volto, così umanizza noi, ridandoci la nostra condizione filiale” (p. 67).

 

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