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TESTO Ospitare l'altro ed essere ospitati dalle parole dell'Altro.

diac. Vito Calella

XVI Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (21/07/2019)

Vangelo: Lc 10,38-42 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 10,38-42

In quel tempo, 38mentre erano in cammino, Gesù entrò in un villaggio e una donna, di nome Marta, lo ospitò. 39Ella aveva una sorella, di nome Maria, la quale, seduta ai piedi del Signore, ascoltava la sua parola. 40Marta invece era distolta per i molti servizi. Allora si fece avanti e disse: «Signore, non t’importa nulla che mia sorella mi abbia lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti». 41Ma il Signore le rispose: «Marta, Marta, tu ti affanni e ti agiti per molte cose, 42ma di una cosa sola c’è bisogno. Maria ha scelto la parte migliore, che non le sarà tolta».

Il Cristo risorto ci parla di ospitalità nella liturgia della Parola di questa domenica. L'ospitalità è una delle esperienze più belle e impegnative di «farsi prossimi degli altri» e sperimentare fin da ora quella qualità di relazione vera e reciproca, già assaggio della vita eterna.

La parabola del buon samaritano di domenica scorsa ci aveva parlato della sfida di ospitare l'altro, soprattutto quando lo incontriamo sofferente sul ciglio della strada della nostra esistenza.

Per accogliere bene un ospite in casa sono necessarie due azioni, entrambe importanti: servire e ascoltare.

Queste due attenzioni sono rappresentate da Sara e Abramo (custodendo in noi il racconto di Genesi 18) e da Marta e Maria (ricordando l'episodio del vangelo). Possiamo immaginare che sia Sara, sia Marta fecero l'atto accogliente di lavare i piedi degli ospiti, di cucinare e di servire concretamente del cibo per far sentire i pellegrini a loro agio. Sia Abramo, sia Maria fecero l'atto di rendersi disponibili a stare insieme agli ospiti, dialogando e mantenendosi più in atteggiamento di ascolto che di servizio pratico. “Servizio pratico di accoglienza” e “disponibilità all'ascolto” sono entrambi atti necessari, ma uno è migliore dell'altro: «Marta, Marta, tu ti affanni e ti agiti per molte cose, ma di una cosa sola c'è bisogno. Maria ha scelto la parte migliore, che non le sarà tolta» (Lc 10,41-42). Lo stare in compagnia dell'ospite è semplicemente l'azione più completa. Nell'atto di servire dell'acqua, di offrire qualcosa da mangiare, di preparare un letto per dormire, l'ospitante fa bella figura ed eccede nel donarsi all'ospite, senza però avere la tranquillità di lasciarsi ospitare dall'ospite stesso: si rischia cioè, come Marta, di non aver tempo e calma per accogliere e ascoltare ciò che l'ospite ha da offrire.

Il bellissimo episodio narrato nel libro della Genesi ci fa contemplare l'ospitalità che Abramo e Sara offrono a tre pellegrini giunti alle querce di Mamre «nell'ora più calda del giorno» (Gn 18,1). Gli ospiti pellegrini sono fatti accomodare, i loro piedi sono lavati, in loro onore Abramo chiede a Sara di preparare focacce di pane, offre latte e panna, fa uccidere un vitello e preparare un bel piatto di carne. Con il suo sguardo di fede Abramo non vede tre semplici pellegrini, vede in loro Dio stesso che è venuto a visitarlo: «Appena li vide, corse loro incontro dall'ingresso della tenda e si prostrò fino a terra, dicendo: “Mio signore, se ho trovato grazia ai tuoi occhi, non passare oltre senza fermarti dal tuo servo”» (Gn 18,2b-3). I padri della Chiesa hanno intravisto in questo testo biblico dell'Antico Testamento un preannuncio del mistero trinitario del Dio rivelato a noi da Gesù Cristo. Al dono dell'ospitalità, offerta per mezzo di quel pranzo preparato con cura e senza badare a spese, i tre pellegrini contraccambiano donando ad Abramo ben di più di quanto egli abbia dato gratuitamente: offrono la promessa sicura della nascita del figlio, atteso da troppo tempo. Offrono la parte migliore: parole di vita, parole di speranza a due anziani, ormai incapaci di generare, a causa dell'età avanzata: «Poi gli dissero: “Dov'è Sara, tua moglie?”. Rispose: “È là nella tenda”. Riprese: “Tornerò da te fra un anno a questa data e allora Sara, tua moglie, avrà un figlio”» (Gn 18,9-10).

Nel racconto del vangelo Marta e Maria, sorelle di Lazzaro, ospitano Gesù nella loro casa di Betania. Marta fa come il buon samaritano: è tutta «distolta per i molti servizi» (Lc 10,40), dimentica se stessa, mette da parte i suoi programmi della giornata, è praticamente tutta protesa a servire. Marta, come Sara, non si rende conto che in Gesù, ospite, c'è la presenza di Dio che le può offrire la miglior parte: parole di vita, parole di speranza. Maria, come Abramo, coglie nell'uomo Gesù la presenza divina e, «seduta ai piedi del Signore, ascolta la sua parola» (Lc 10,39b), come donna discepola del suo Maestro.

Accogliamo dunque l'altro come ospite e non come nemico dal quale difenderci, come "hospes" e non come "hostes" (per dirla in latino)! Riconosciamo nell'altro, rispettosamente accolto, la presenza divina che ha sempre qualcosa di bello e di buono da comunicarci, perché dove c'è accoglienza e ascolto dell'altro, si fa esperienza di Dio presente in mezzo a noi e lo Spirito Santo fa parlare Dio per noi anche attraverso le parole dell'ospite del quale ci siamo presi cura.

E se la casa di Marta e Maria fosse la nostra comunità cristiana? Gesù Cristo, il crocifisso risorto è il nostro ospite, è il centro d'attenzione di cui la nostra comunità vuole prendersi cura. Ma cosa è più importante, per una comunità cristiana? Diventare una efficiente agenzia di servizi religiosi in onore del suo Signore o diventare lo spazio e il tempo per sostare ad ascoltare le sue parole di vita? Speriamo che la nostra comunità cristiana o il nostro gruppo di appartenenza sia soprattutto luogo e opportunità di sederci ai piedi del Signore Gesù crocifisso risorto, mettendoci in ascolto della sua Parola! Allora si capovolge la situazione: non siamo noi che ospitiamo il Signore, ma è Lui che ci ospita e, mediante l'offerta delle sue parole di vita e di speranza, vive in noi. Dalla testimonianza dell'apostolo Paolo, ascoltata oggi mediante la sua lettera ai Colossesi, comprendiamo che il dono preziosissimo che il Cristo risorto fa delle sue parole, annunciate, pregate, e spiegate e condivise, ha lo scopo di renderci perfetti in Cristo.

Ospitare l'altro ed essere visitati dalla Parola del Cristo crocifisso risorto quando siamo riuniti nel suo nome siano dunque le due esperienze che illuminano il nostro camminare da autentici discepoli di Gesù, in cammino verso Gerusalemme.

 

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