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TESTO “Quel prossimo che non mi appartiene”

don Mario Simula   ufficio catechistico diocesi di Sassari

XV Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (14/07/2019)

Vangelo: Lc 10,25-37 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 10,25-37

In quel tempo, 25un dottore della Legge si alzò per metterlo alla prova e chiese: «Maestro, che cosa devo fare per ereditare la vita eterna?». 26Gesù gli disse: «Che cosa sta scritto nella Legge? Come leggi?». 27Costui rispose: «Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente, e il tuo prossimo come te stesso». 28Gli disse: «Hai risposto bene; fa’ questo e vivrai».

29Ma quello, volendo giustificarsi, disse a Gesù: «E chi è mio prossimo?». 30Gesù riprese: «Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico e cadde nelle mani dei briganti, che gli portarono via tutto, lo percossero a sangue e se ne andarono, lasciandolo mezzo morto. 31Per caso, un sacerdote scendeva per quella medesima strada e, quando lo vide, passò oltre. 32Anche un levita, giunto in quel luogo, vide e passò oltre. 33Invece un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto, vide e ne ebbe compassione. 34Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi lo caricò sulla sua cavalcatura, lo portò in un albergo e si prese cura di lui. 35Il giorno seguente, tirò fuori due denari e li diede all’albergatore, dicendo: “Abbi cura di lui; ciò che spenderai in più, te lo pagherò al mio ritorno”. 36Chi di questi tre ti sembra sia stato prossimo di colui che è caduto nelle mani dei briganti?». 37Quello rispose: «Chi ha avuto compassione di lui». Gesù gli disse: «Va’ e anche tu fa’ così».

In certi momenti della vita siamo disorientati per la frenesia delle situazioni ambigue e complesse nelle quali veniamo a trovarci. Siamo senza orientamento. Siamo senza strumenti di bordo che ci indichino la rotta. Rischiamo di sbagliare la strada dell'amore di Dio e prendiamo quella del nostro egoismo, del piacere a basso prezzo, della prima proposta che ci viene fatta. Chi può aiutarci a venire fuori da questi conflitti dolorosi e talvolta insolubili?
Mosè ci parla prestando le sue parole umane a Dio il quale ci indica la strada giusta. L'unica che occorre attraversare.
Come possiamo amare Dio con tutto il cuore, con tutta l'anima, con tutte le forze?
Impara, innanzitutto, il silenzio per entrare dentro di te, nel tabernacolo intimo della tua persona. Entra e rimani, sapendo che Dio passa e parla. Dio non ha scritto la sua legge nelle stelle o nelle profondità del mare. Dio l'ha posta come sigillo nel mio cuore. L'ha resa vicina. Tanto vicina da appartenermi, se la saprò leggere nella calma interiore.
Gesù ci regala un esempio sconvolgente di questo cammino verso il cuore.
Io sono il povero disgraziato della strada che da Gerusalemme scende a Gerico. Io sono schiacciato dalla mia povertà umana, spirituale e spesso anche materiale. Sono un nulla per chiunque mi incontri. Che interesse può suscitare, in questo mondo distratto e desideroso di appagamenti immediati, un moribondo, abbandonato sul ciglio di una mulattiera?
Il sacerdote e il levita, appena usciti dal servizio reso nel tempio, sono l'immagine gretta di una umanità disattenta e indifferente.
Il fratello è mezzo morto. Loro sono totalmente appagati dalle loro osservanze.
A chi griderò? Chi invocherò? Chi potrà soccorrermi, anche con un semplice sorso d'acqua?
Gesù ci racconta con la vita e l'esempio, il senso della legge dell'amore scritta nel cuore.
Chi ha un cuore di carne. Chi brucia di compassione. Chi sa scrutare la propria anima sa anche dare risposte di tenerezza.
Il Samaritano, considerato un nemico. Gesù, il Samaritano da crocifiggere. Gesù sa dare la risposta perché il suo cuore batte all'unisono con quello del Padre, Dio.
Quando indaghi la legge, scritta nel tuo cuore dalla premura di Dio, riesci a porre tutti i gesti della vicinanza.
Quel disgraziato aspetta che tu ti fermi. Che lo guardi con passione, con compassione. Quel povero scarto di umanità aspetta il tuo vino che disinfetta e il tuo olio che accarezza le ferite. Quel compagno di strada ormai abbandonato da tutti. Il tuo vicino di banco in chiesa, ritenuto un insignificante presenza, quel ragazzo bullizzato e sull'orlo della disperazione, quella donna che viene pestata vituperata violentata, quel bambino mai nato, quello “zingaro puzzolente”, aspettano le tue fasce, pulite e profumate. Aspettano il gesto dolce e delicato di chi cerca di curare senza far male. Aspettano il letto del tuo giumento per riposare un po', anche se in mezzo ai dolori più lancinanti. Aspettano il Samaritano che distrugge le distanze, che sa varcare la soglia del riserbo, per inoltrarsi nel territorio misterioso dell'intimità. Aspettano il Samaritano che abbraccia con tale intensità da far sentire il battito del cuore, così forte da contagiarlo a chi si sente venir meno.
Ogni volta che io, aggredito dai briganti di ogni genere, ho sperimentato questa melodia dell'amore, mi sono sentito inondato da una pace immensa, ho ritrovato una forza inattesa. Mi sono sentito creatura nuova con Gesù.
Allora anche io posso essere Samaritano, amico della prossimità.
Allora anche io posso finalmente scoprire chi è il mio prossimo: quello che implora e grida aspettando soltanto il mio passaggio e desiderando la mia sosta senza tempo, tutto il mio tempo, tutto me stesso fuori del tempo.
Allora anche io posso donare tutto il mio amore che esiste ormai soltanto per lui.

Gesù, quante volte mi sono trovato sul ciglio della strada mezzo morto per le mie infermità del cuore, perché i miei pensieri inseguivano sogni futili. Mi sono trovato mezzo morto sull'orlo della disperazione. Non riuscivo manco a dire: “ Speriamo che qualcuno passi, così posso gridare aiuto”.
Gesù, qualcuno è veramente passato per quella strada. Mi sono sentito gridare: “Cosa me ne importa, non è affar mio e poi, ho altre cose più urgenti”. In quel buio mi sono visto morire. Poi, sei passato Tu, Gesù, Samaritano della mia miseria, non mi hai chiesto nulla. Non hai compilato la scheda medica, ti sei solo piegato su di me e hai baciato le mie ferite. In quel momento ho visto accendersi davanti ai miei occhi oscurati dalla nebbia, una ferita di luce inattesa e ho ripreso a sperare.

Gesù, da dove scaturisce questo tuo desiderio di accorgerti sempre di me, di noi?
Non arrivo subito a dare una risposta. Comprendo, però, che se non ci fosse dentro di te un “amore diverso”, un amore “inusitato” non ti fermeresti.
Gesù, lo so con certezza perché tutte le volte che mi sono messo dall'altra parte della strada, io sacerdote, io levita, non curante, indifferente, ho pensato solo a me e non mi sono accorto di quel “mezzo morto” che implorava, sordo, cieco, muto senza più energia, per gridare e piangere.
Esistono nella mia vita pagine tragicamente meschine nelle quali ha prevalso la mia persona, il mio programma, la marea delle belle idee, l'organigramma perfetto, i quadri completi, la macchina revisionata fino all'ultimo punto.
Gesù, dove avevo lasciato il senso della vicinanza che Tu ogni giorno mi insegnavi, e mi insegni?
Gesù, come mai il mio cuore era diventato di pietra?
Come è vero Gesù, che in me convivono il Samaritano misericordioso e amante e il sacerdote e il levita incapaci di sentimenti ma esperti nella legge.
Gesù, preferisco essere un rifiuto lungo la strada, che non un autorevole uomo di rango che ha perso il cuore.
Ti sto raccontando, Gesù, il mio desiderio e la mia amarezza.
Ti sto raccontando che cosa provo quando, immergendomi nelle scene del tuo Vangelo, cerco di domandarmi: “Chi sono io?”.
Gesù, che io possa essere un mal capitato, ripugnante, l'ho sperimentato tante volte.
Che io possa essere un sacerdote e levita ipocrita, l'ho sperimentato ancora più volte.
Ti chiedo, Gesù, di sperimentare il cuore del Samaritano, i suoi gesti, la sua tenera compassione, la partecipazione totale alla vita che muore sotto i suoi occhi. Sono sicuro che facendo questa esperienza morirei di dolore. Sono ancor più sicuro, che morirei d'amore.
Gesù, perché non mi prendi nella tua povera bottega di Samaritano dell'amore, come apprendista inesperto e umile, che annaspa lungo il sentiero cercando di imitare, di vivere, di soffrire, il tuo amore?
Don Mario Simula

 

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