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TESTO La freschezza di una Chiesa in missione

don Alberto Brignoli  

XIV Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (07/07/2019)

Vangelo: Lc 10,1-12.17-20 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, 1il Signore designò altri settantadue e li inviò a due a due davanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi. 2Diceva loro: «La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe! 3Andate: ecco, vi mando come agnelli in mezzo a lupi; 4non portate borsa, né sacca, né sandali e non fermatevi a salutare nessuno lungo la strada. 5In qualunque casa entriate, prima dite: “Pace a questa casa!”. 6Se vi sarà un figlio della pace, la vostra pace scenderà su di lui, altrimenti ritornerà su di voi. 7Restate in quella casa, mangiando e bevendo di quello che hanno, perché chi lavora ha diritto alla sua ricompensa. Non passate da una casa all’altra. 8Quando entrerete in una città e vi accoglieranno, mangiate quello che vi sarà offerto, 9guarite i malati che vi si trovano, e dite loro: “È vicino a voi il regno di Dio”. 10Ma quando entrerete in una città e non vi accoglieranno, uscite sulle sue piazze e dite: 11“Anche la polvere della vostra città, che si è attaccata ai nostri piedi, noi la scuotiamo contro di voi; sappiate però che il regno di Dio è vicino”. 12Io vi dico che, in quel giorno, Sòdoma sarà trattata meno duramente di quella città.

17I settantadue tornarono pieni di gioia, dicendo: «Signore, anche i demòni si sottomettono a noi nel tuo nome». 18Egli disse loro: «Vedevo Satana cadere dal cielo come una folgore. 19Ecco, io vi ho dato il potere di camminare sopra serpenti e scorpioni e sopra tutta la potenza del nemico: nulla potrà danneggiarvi. 20Non rallegratevi però perché i demòni si sottomettono a voi; rallegratevi piuttosto perché i vostri nomi sono scritti nei cieli».

Forma breve (Lc 10,1-9):

In quel tempo, 1il Signore designò altri settantadue e li inviò a due a due davanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi. 2Diceva loro: «La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe! 3Andate: ecco, vi mando come agnelli in mezzo a lupi; 4non portate borsa, né sacca, né sandali e non fermatevi a salutare nessuno lungo la strada. 5In qualunque casa entriate, prima dite: “Pace a questa casa!”. 6Se vi sarà un figlio della pace, la vostra pace scenderà su di lui, altrimenti ritornerà su di voi. 7Restate in quella casa, mangiando e bevendo di quello che hanno, perché chi lavora ha diritto alla sua ricompensa. Non passate da una casa all’altra. 8Quando entrerete in una città e vi accoglieranno, mangiate quello che vi sarà offerto, 9guarite i malati che vi si trovano, e dite loro: “È vicino a voi il regno di Dio”».

Credo che uno dei concetti più utilizzati nei discorsi che facciamo in questo periodo dell'anno sia “freschezza” (con tutti i suoi derivati): speriamo che si rinfreschi l'aria, desideriamo un bicchiere d'acqua o una bibita bella fresca, mangiamo un frutto particolarmente fresco, cerchiamo di uscire in ore del giorno in cui l'aria è più fresca, sogniamo e magari anche raggiungiamo località dove il clima è più fresco, cerchiamo la stanza più fresca per riposare, manteniamo chiuse le finestre di casa per conservare un po' più di fresco, e via dicendo.

Chi mi conosce bene, sa quanto io prediliga tutto ciò che è fresco, rispetto al caldo: ma vi assicuro che nulla degli esempi citati mi dà maggior freschezza di quanta me ne dia il brano di vangelo che abbiamo ascoltato, e che riporta il cosiddetto “Discorso Missionario” di Gesù nella versione dell'evangelista Luca. In realtà, queste parole fanno parte di una serie di insegnamenti sulla vita cristiana che occupano la parte centrale del terzo Vangelo; ma di certo, l'enfasi di alcune affermazioni e soprattutto l'entusiasmo con il quale i settantadue discepoli (che non a caso è il numero delle nazioni ritenute straniere da Israele, ma forse non da Gesù) rientrano dalla missione, ci dicono l'importanza data dall'evangelista a quella dimensione di Chiesa (la missione, appunto) che Luca ha appreso e vissuto in prima esperienza affiancando in alcuni dei suoi viaggi il più grande dei missionari, Paolo di Tarso.

Che Chiesa emerge, dalla vita missionaria di Paolo e dagli insegnamenti di Gesù sull'essere discepoli? Emerge una Chiesa che trova la sua vitalità nella missione intesa come “freschezza dell'annuncio”, come “novità permanente”, come “giovinezza dello spirito”: tutte dimensioni che nella Chiesa, lungo la storia, anche la nostra storia attuale, poco a poco sono andate perdute, trascinando spesso la Chiesa in una stanchezza e in un senso di affaticamento e di spossatezza che le hanno fatto perdere la freschezza delle origini.

E allora, ce la andiamo a riprendere questa freschezza? Torniamo a respirare quell'aria fresca, fresca come l'aria del mattino o come la brezza della sera di queste giornate di mezzo all'estate, che nel corso della nostra storia di seguaci di Gesù abbiamo spesso reso pesante, afosa, irrespirabile con le nostre chiusure, le nostre paure verso il mondo, i nostri arroccamenti, le nostre bieche consuetudini? Vogliamo alzare lo sguardo verso un cielo limpido e sognare una Chiesa nella quale, come dice Paolo nella seconda lettura, non conti più “la circoncisione o la non circoncisione”, ovvero l'identità e l'appartenenza religiosa, quanto l' “essere nuova creatura”? del resto, se non sogniamo in estate, quando le notti sono lunghe e sono fatte apposta per quello, quando mai possiamo sognare?

Dai, sogniamo! Sogniamola, questa benedetta Chiesa dalle porte e dalle finestre aperte, piena di aria fresca, capace di dare entusiasmo a chiunque vi entri! Sogniamo una Chiesa di minoranza, dove torniamo a essere agnelli, e non lupi, dove le persone si sentano bisognose di protezione, e non aggressive o aggredite.

Sogniamo una Chiesa “senza borsa né sacca”, povera, ricca solo del suo Signore, capace di possedere beni materiali ma di non trattenerli, di saperli usare senza esserne usata, di tenerli tra le mani solo per donarli nuovamente.

Sogniamo una Chiesa “senza sandali”, scalza, che cammini calpestando le strade degli uomini sentendo le loro stesse fatiche, soffrendo i loro stessi dolori, con le stesse piaghe di chi ha molto camminato, perché una Chiesa ferma, è morta, e una Chiesa che non sente su di sé i dolori dell'umanità, non può pretendere di parlare di morte e risurrezione ed essere creduta.

Sogniamo una Chiesa che “non si fermi a salutare nessuno lungo la strada”, non perché maleducata, ma perché non deve piegarsi o inchinarsi di fronte a nessuno, e soprattutto non deve perdere tempo a riverire nessuno, sperando di ottenerne favori.

Sogniamo, invece, una Chiesa libera da favoritismi o da preferenze, che sia capace di “entrare in qualunque casa”, senza alcuna distinzione di fede, cultura e razza, e di portare a tutti il dono della Pace, il dono supremo, il dono più grande, il dono del Risorto.

Sogniamo una Chiesa capace di “restare in una casa mangiando e bevendo di quello che hanno”, una Chiesa che non cerchi privilegi, che non pretenda favori, che non vada alla ricerca di benefici particolari, che si accontenti di quello che l'umanità è capace di donarle, che valorizzi il frutto della fatica dell'uomo, che non abbia tariffari, che non imponga a nessuno cosa debba o cosa non debba fare, che non la faccia da padrona, bensì da serva, che si ponga al servizio degli altri, che “guarisca i malati”, quelli che soffrono nel corpo ma anche quelli che soffrono nello spirito, che “senta pietà” invece che “fare pietà” perché attaccata a tutto quello che dall'umanità può lucrare.

Sogniamo una Chiesa che non si attacchi a nulla se non al Vangelo, che non porti via nulla all'umanità, che non s'impossessi neppure della “polvere delle città”, che sia libera da ogni desiderio di rivalsa e di vendetta, che venga perseguitata per la sua ricerca della giustizia, piuttosto che per aver commesso qualsiasi tipo di ingiustizia.

Sogniamo una Chiesa in cui i cristiani siano felici, pieni di gioia, ricolmi di entusiasmo perché “anche i demoni si sottomettono a loro”, felici perché capaci di sconfiggere il male, felici perché contenti di credere, felici perché chi non è felice è pieno di male, anche se perfetto e irreprensibile; pieni di gioia, in definitiva, perché il male non ha l'ultima parola; felici non per i miracoli compiuti, o perché “capaci di camminare sopra serpenti e scorpioni”, ma perché “i loro nomi sono scritti nei cieli”. Felici, cioè, perché hanno Dio nel cuore e perché hanno il cuore in Dio.

Non so a voi, ma a me una Chiesa così, anche se il caldo ci opprime, mi fa respirare aria fresca...

 

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