TESTO Commento su Matteo 5,21-24

Partiamo da una considerazione del premio Nobel per la letteratura José Saramago. Il letterato portoghese trova il commento al brano di Caino e Abele scritto nella lettera agli Ebrei uno sproposito.
L'autore sacro afferma: Per fede Abele offrì a Dio un sacrificio migliore di quello di Caino e in base a esso fu dichiarato giusto. (Eb 11,4).

Per Saramago si tratta di cose impossibili ad accettarsi, come affermare che Dio considerò Abele suo amico. Cosa significa questo? Stiamo giocando con le parole? Da dove ricaviamo questa informazione? Chi la registrò? Quando? Come? Dove? Abele e Caino sacrificarono a Dio quel che avevano. Anche il povero Caino, se mi è permesso di chiamare “povero” un assassino, offrì ciò che aveva. Dio disprezzò il suo sacrificio. Tutto prende inizio da qui: nacque lì la gelosia, il rancore, l'incomprensione, una volta che Caino non capisce perché Dio lo rifiuti. È uno sproposito logico, che mi porta a dire che questo testo farebbe la sua bella figura in un libro degli spropositi.

Noi addentriamoci in questo testo per scoprirne la grandezza.

Adamo ed Eva vennero cacciati dal giardino e l'unica notizia bella è che ad Eva nasce un figlio. Abele non è presentato come figlio di Eva ma nel brano 7 volte appare il termine fratello di Caino.
Soffermiamoci sulla forma che in questo brano prende il peccato. Nel giardino il peccato consisteva nel sostituirsi a Dio ovvero l'uomo che non accetta la superiorità di Dio. Nel brano odierno il peccato è in rapporto con il fratello.
Se fosse stato in rapporto a Dio Caino avrebbe riconosciuto la sua piccolezza invece in rapporto al fratello scatta in Caino la gelosia: perché Abele sì e io no? Caino rifiuta di avere un fratello e lo cancella. Dio ha espressioni forti nei confronti di Caino, ma nello stesso tempo avverte gli uomini di ogni tempo: Guai a chi si fa giustizia da sé!
Lo sproposito dell'espressione della Lettera agli Ebrei sta nella fede di Abele. Ciò che rende gradito a Dio un sacrificio è la fede. Dove c'è la fede Dio accetta perché non è un salire dell'uomo verso Dio è l'accoglienza nell'uomo di quello che è il cammino di Dio.
Abbiamo aperto con Saramago concludiamo con Borges:
Abele e Caino s'incontrarono dopo la morte di Abele. Camminavano nel deserto e si riconobbero da lontano, perché erano ambedue molto alti. I fratelli sedettero in terra, accesero un fuoco e mangiarono. Tacevano, come fa la gente stanca quando declina il giorno. Nel cielo spuntava qualche stella, che non aveva ancora ricevuto il suo nome. Alla luce delle fiamme, Caino notò sulla fronte di Abele il segno della pietra e lasciando cadere il pane che stava per portare alla bocca chiese che gli fosse perdonato il suo delitto. Abele rispose: “Tu hai ucciso me, o io ho ucciso te? Non ricordo più: stiamo qui insieme come prima”. “Ora so che mi hai perdonato davvero” disse Caino “perché dimenticare è perdonare. Anch'io cercherò di scordare”. Abele disse lentamente: “È così. Finché dura il rimorso dura la colpa.”
Con il perdono tra fratelli, che si ricongiungono e spezzano le catene dell'odio, risplende la vita in quanto lo si sa il perdono è più forte del pentimento di chi ha offeso. Chi perdona non ha memoria: la memoria, liberata dal male, non è più un grembo gravido di vendetta.
Quindi fede e carità sono strettamente connesse.