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TESTO Commento su Matteo 14,13-21

Omelie.org - autori vari  

XVIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (31/07/2005)

Vangelo: Mt 14,13-21 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, 13avendo udito [della morte di Giovanni Battista], Gesù partì di là su una barca e si ritirò in un luogo deserto, in disparte. Ma le folle, avendolo saputo, lo seguirono a piedi dalle città. 14Sceso dalla barca, egli vide una grande folla, sentì compassione per loro e guarì i loro malati.

15Sul far della sera, gli si avvicinarono i discepoli e gli dissero: «Il luogo è deserto ed è ormai tardi; congeda la folla perché vada nei villaggi a comprarsi da mangiare». 16Ma Gesù disse loro: «Non occorre che vadano; voi stessi date loro da mangiare». 17Gli risposero: «Qui non abbiamo altro che cinque pani e due pesci!». 18Ed egli disse: «Portatemeli qui». 19E, dopo aver ordinato alla folla di sedersi sull’erba, prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò la benedizione, spezzò i pani e li diede ai discepoli, e i discepoli alla folla. 20Tutti mangiarono a sazietà, e portarono via i pezzi avanzati: dodici ceste piene. 21Quelli che avevano mangiato erano circa cinquemila uomini, senza contare le donne e i bambini.

1. I momenti difficili della nostra vita spesso preferiamo viverli in solitudine: la ruvidezza di una prova inaspettata, la fatica della sofferenza, una decisione importante, il fallimento di un rapporto significativo, la privazione di un affetto... Gesù piange la morte di un amico, cerca un luogo dove rimanere solo. La notizia della decapitazione del Battista lo spinge a cercare un luogo deserto, dove poter ritornare con la vivacità dei ricordi a tutta la vicenda del precursore. E' afferrato anche Lui da un senso di solitudine, ora che gli è venuto a mancare l' "amico dello sposo"; Gesù si inoltra in un luogo deserto, con la nostalgia di riascoltare ancora l'eco di quella "voce" che ha tanto gridato in quello stesso deserto per preparare la rivelazione della Parola.

2. Al silenzio di quella "voce" profetica seguono ora le grida di tanta gente che rincorre Gesù da tutte le città. Senza Giovanni, Gesù è definitivamente solo di fronte alla sua missione. La gente gli si pone davanti in modo tumultuoso ed esigente, tanto che quel luogo da deserto diventa affollato fino all'inverosimile.

Gesù non evita la gente: scende dalla barca, accorcia ogni distanza; guarda in faccia la gente e interpreta l'attesa di ciascuno.
La gente chiede, bussa, implora.
E' tanta ancora oggi la gente che tende la mano:

* Sono lunghe le code di quanti si affidano all'incontro con il sindaco.
* Sono affollate le segreterie dei politici.

* Sono lunghi gli elenchi di nomi appuntati sui taccuini di funzionari e dirigenti.
* Sono stracolmi gli elenchi dei disoccupati.

* Sono interminabili le richieste dei poveri segnalati dai servizi sociali.

* Sono tanti a farsi trovare nelle "anticamere" di coloro che possono "fare qualcosa".

E coloro che "contano" hanno bisogno che la gente li cerchi, perché poi tutto dovrà rispondere alla sottomissione del clientelismo, al dovere del contraccambio, delle "restituzione" nel modo e nel momento opportuno.

Di fronte ai bisogni della gente tanti rispondono con la logica del "favoritismo".

Anche Gesù mostra interesse verso la folla: perché? Cosa lo spinge verso la gente? Trovarsi di fronte tante persone che ti cercano è una gran bella occasione da "cavalcare": tanti vorrebbero trovarsi nella stessa situazione, per avere la possibilità di manipolare quella ricerca per il raggiungimento di qualsiasi obiettivo personale.

Gesù avrebbe potuto cavalcare l'onda del successo, dell'affermazione, del potere sulla gente. In quello stato di ricerca d'aiuto, di bisogno estremo... la gente sarebbe stata disposta a tutto. In occasioni analoghe lo cercano addirittura... per farlo re.

3. Gesù assume su di sè invece la logica della compassione. La compassione è prestare il proprio cuore ai problemi degli altri!

Gesù prende a cuore i problemi della gente; non ha mire personali da raggiungere; non si serve dei bisogni degli altri. Lui serve, senza servirsene. Non sfrutta a proprio vantaggio, ma si pone in ascolto e si mette al servizio: "Guarì i loro malati".

4. I discepoli seguono con attenzione e apprensione: sono curiosi di sapere come andrà a finire una giornata così intensa. Sperano che prima o poi il Maestro dia delle indicazioni precise alla gente presente; diversamente si entrerà in una fase di emergenza vera e propria, quella della sopravvivenza fisica, dovuta alla fame e alla stanchezza.

All'apparente disinteresse o ingenuità di Gesù, corrisponde la "trovata" dei discepoli: quella di congedare la folla, perché ognuno organizzi il rientro in casa da solo.

I discepoli pensano così di essere ragionevoli: il buon senso li spinge a suggerire al Maestro l'opportunità di tirarsi fuori da una situazione che può diventare esplosiva.

Ci sono tutte le buone ragioni per "disfarsi" di quella gente. In fondo è già da diverse ore che il Maestro si sta spendendo per quella folla: adesso è davvero tardi, e non c'è più tempo da perdere perché da lì a poco sarà notte.

5. E Gesù, invece di disfarsi di questo enorme fastidio, chiede anche ai discepoli di farsene carico: "Date loro voi stessi da mangiare".

La situazione si è decisamente complicata. Altra "trovata" dei discepoli: una dichiarazione di resa, una dichiarazione di povertà: "Non abbiamo che cinque pani e due pesci". Meglio di così non poteva andare: era infatti questo che Gesù voleva! Gesù chiede di partecipare alla sua compassione con questa reale povertà e pochezza: ciò che più conta non è quello che abbiamo, o quello che possiamo dare, o il calcolo dei nostri presunti mezzi, ma quanto siamo disposti ad amare.

Per Gesù non è un problema la nostra povertà. Essa, lasciata a se stessa, o trattenuta per paura come per l'uomo della parabola dei talenti, può diventare miseria. Consegnata alla preghiera e alla benedizione del Cristo, e alla larghezza delle sue mani che non sanno fare altro che spezzare e distribuire, diventa ricchezza moltiplicata e condivisa.

6. La domanda seria nella nostra vita non è quello che possiamo fare, o quello che possiamo dare, ma se siamo disposti a lasciarci "mangiare".

"Date loro voi stessi da mangiare": Gesù non ci provoca nel dare "qualcosa" di nostro, ma nel dare qualcosa di noi stessi, soprattutto quando sentiamo di essere dei "buoni a nulla". E' solo allora che ci sentiamo veramente liberi di amare e di lasciarci cercare. Solo allora saremo capaci di:

• Lasciarsi afferrare da chi può aver bisogno di un minuto del nostro tempo.

• Donare un gesto di accoglienza a chi ha paura di bussare alla nostra fretta.

• Volgere il nostro sguardo a chi si vergogna della sua storia.
• Avere compassione per chi si sente giudicato o condannato.

• Incoraggiare chi ha smarrito ogni motivo di speranza e di ottimismo.

S. Paolo (II Lettura) si dice sicuro dell'amore di Cristo: "Chi ci separerà dall'amore di Cristo?".

Tanta gente di questo amore non si dice più sicura. E allora: "Chi ci farà conoscere l'amore di Cristo?".
Tutti coloro che impareranno ad amare da poveri.

Il discepolo del Regno è colui che impara a servire la fame di coloro che solo nell'amore di Cristo troverebbero la grazia di una vita più umana e dignitosa.

Commento a cura di don Gerardo Antonazzo

 

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