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TESTO Spezzati come Gesù, in dono e comunione

diac. Vito Calella

Santissimo Corpo e Sangue di Cristo (Anno C) (23/06/2019)

Vangelo: Lc 9,11-17 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 9,11-17

11Ma le folle vennero a saperlo e lo seguirono. Egli le accolse e prese a parlare loro del regno di Dio e a guarire quanti avevano bisogno di cure.

12Il giorno cominciava a declinare e i Dodici gli si avvicinarono dicendo: «Congeda la folla perché vada nei villaggi e nelle campagne dei dintorni, per alloggiare e trovare cibo: qui siamo in una zona deserta». 13Gesù disse loro: «Voi stessi date loro da mangiare». Ma essi risposero: «Non abbiamo che cinque pani e due pesci, a meno che non andiamo noi a comprare viveri per tutta questa gente». 14C’erano infatti circa cinquemila uomini. Egli disse ai suoi discepoli: «Fateli sedere a gruppi di cinquanta circa». 15Fecero così e li fecero sedere tutti quanti. 16Egli prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò su di essi la benedizione, li spezzò e li dava ai discepoli perché li distribuissero alla folla. 17Tutti mangiarono a sazietà e furono portati via i pezzi loro avanzati: dodici ceste.

Melchisedek era un sacerdote re del piccolo borgo di Salem, la futura Gerusalemme. È impressionante contemplare come, ai primordi della storia della nostra salvezza, già a partire da Abramo, lo Spirito Santo ha ispirato gli autori sacri dell'Antico Testamento per donarci la testimonianza dell'offerta misteriosa di pane e vino. Melchisedek, non appartenente al popolo ebreo, ma sacerdote e re insieme, fu contemplato dall'autore della lettera agli Ebrei come figura anticipata di Gesù re/servo sulla croce il quale, come sommo sacerdote, offri se stesso e il suo sangue per noi e per la nostra salvezza una volta per tutte. E il salmo 109, che abbiamo pregato, richiama la figura di Melchisedek associandola al re, Figlio di Dio, che per noi cristiani è senza dubbio Gesù, morto e risuscitato, il cui mistero di donazione e comunione sta tutto nell'Eucarestia.

Il ricordo più antico di quando Gesù si identificò con il pane azzimo e il vino della cena pasquale, lo troviamo proprio nel racconto della prima lettera ai Corinzi, ascoltata oggi, per essere custodito nel nostro cuore e nella nostra mente.

Il Vangelo di Luca ci richiama l'episodio della distribuzione dei cinque pani spezzati e dei due pesci per una folla di cinquemila persone. Custodendo le parole del risorto, cosa ne ricaviamo per vivere più profondamente la nostra comunione con il corpo e sangue di Cristo?

Dopo che la folla fu saziata di ascolto dell'insegnamento di Gesù sul regno di Dio, parola di Dio che guarisce, fu anche saziata di pane spezzato e di pesce. Gesù ci accoglie prima di tutto con il dono della sua Parola, efficace a guarire le sofferenze della nostra quotidianità: «Gesù accolse le folle e prese a parlare del regno di Dio e a guarire quanti erano bisognosi di cure» (Lc 9,11). È inutile sforzarci di capire l'Eucarestia, se non c'è uno stile di vita di incontro orante quotidiano con la Parola di Dio. Senza la luce della Parola di Dio, che ci fa guardare la vita con lo sguardo della fede capace di contemplare il regno di Dio in mezzo a noi, la santa messa diventa un rito cronometrato e un dovere da adempiere con una certa fatica. L'incontro orante con la Parola di Dio ci rende uniti (identificandoci ai dodici), consapevoli del pochissimo che abbiamo e siamo (considerando quei soli cinque pani e due pesci), sensibili alle necessità della nostra umanità (contemplando la preoccupazione dei dodici per la mancanza di vitto e alloggio di quella folla immensa di gente).

L'incontro orante con la Parola di Dio ci fa aprire gli occhi sul dono della Chiesa, che si rivela a noi per mezzo di una comunità cristiana organizzata: i gruppetti di cinquanta persone rappresentano le comunità cristiane sparse nel mondo.

E così, arricchiti di Parola di Dio, che già ha riempito il vuoto della nostra povertà, il primo atto che facciamo nella santa messa è quello di presentare davanti al Signore Gesù, Sacerdote Servo, il pochissimo che siamo e che abbiamo rappresentato dall'inconsistenza e povertà di quei cinque pani e due pesci.

Benedetta povertà, benedetta consegna della nostra povertà! Benedetta nostra resa di fronte all'impotenza di risolvere il dramma della sofferenza degli altri e il dramma della nostra pretesa di autosufficienza. Il primo atto eucaristico di Gesù è la sua preghiera di benedizione su quanto noi gli abbiamo presentato: la benedizione del pochissimo che abbiamo e dell'impotenza della nostra iniziativa. «Gesù prese i cinque pani e i due pesci e, levati gli occhi al cielo, li benedisse» (Lc 9,16a). A che serve benedire il pochissimo che siamo e che abbiamo? La risposta la incontriamo solo contemplando il compimento della vita di Gesù nel mistero della sua morte, sepoltura e risurrezione. Gesù unisce profondamente l'atto dell'offerta della nostra povertà con l'atto della consegna della sua radicale povertà nell'ora della sua morte di croce. Nell'ora drammatica della crocifissione, li era lui il pane azzimo spezzato, donato gratuitamente per noi e per la nostra salvezza, come avrebbe detto chiaramente nell'ultima cena, attestata sia nei vangeli, sia nella prima lettera ai Corinzi.

Gesù, nell'episodio della distribuzione dei pani spezzati e dei pesci, consegnò ai dodici delle particole di pane, diede loro dei pezzi frazionati di pane che rappresentano il nostro spezzarci in dono per gli altri, così come Gesù fece quando spezzò se stesso per noi e per la nostra salvezza nell'ora della sua morte di croce. «Gesù spezzò i pani e li diede ai discepoli perché li distribuissero alla folla» (Lc 9,16b). Gesù si offre a noi come frazione di pane, per ricordarci l'impossibilità di farsi dono gratuito per noi, senza la sua comunione con il Padre nello Spirito Santo. Così anche noi: siamo incompleti senza la comunione con tutti i fratelli e sorelle in Cristo, uniti dallo stesso vincolo d'amore dello Spirito Santo, quando ci dedichiamo al servizio degli altri. La scelta di donarci gratuitamente per gli altri è personale e spesso siamo soli, con il nostro corpo vivente e amante, nell'esperienza di condividere la nostra vita con la sofferenza degli altri, siamo come una particola spezzata di pane. Ma l'essere come pane spezzato ci fa sentire in comunione con gli altri, perché ciò che manca di quel pane spezzato, che è ciascuno di noi, è il resto del Corpo che è la nostra comunità cristiana, è il nostro gruppo di condivisione e di vita, alla luce della Parola di Dio. Come la comunione con il Padre nello Spirito Santo non fu infranta nell'ora della solitudine radicale della morte di croce, e divenne forza di risurrezione, cioè di trasfigurazione di quel corpo crocifisso, così la nostra comunione tra noi, nel nome di Gesù Cristo morto, sepolto e risuscitato, con la forza dello Spirito Santo, diventa forza di vita nuova, nell'esperienza della nostra condivisione con i crocifissi che incrociamo nel cammino della nostra vita.

 

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