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TESTO Il tesoro esiste, vale la pena cercarlo

Comunità Missionaria Villaregia (giovani)  

XVII Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (24/07/2005)

Vangelo: Mt 13,44-52 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mt 13,44-52

In quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli: 44Il regno dei cieli è simile a un tesoro nascosto nel campo; un uomo lo trova e lo nasconde; poi va, pieno di gioia, vende tutti i suoi averi e compra quel campo.

45Il regno dei cieli è simile anche a un mercante che va in cerca di perle preziose; 46trovata una perla di grande valore, va, vende tutti i suoi averi e la compra.

47Ancora, il regno dei cieli è simile a una rete gettata nel mare, che raccoglie ogni genere di pesci. 48Quando è piena, i pescatori la tirano a riva, si mettono a sedere, raccolgono i pesci buoni nei canestri e buttano via i cattivi. 49Così sarà alla fine del mondo. Verranno gli angeli e separeranno i cattivi dai buoni 50e li getteranno nella fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti.

51Avete compreso tutte queste cose?». Gli risposero: «Sì». 52Ed egli disse loro: «Per questo ogni scriba, divenuto discepolo del regno dei cieli, è simile a un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche».

Forma breve (Mt 13,44-46):

In quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli: 44Il regno dei cieli è simile a un tesoro nascosto nel campo; un uomo lo trova e lo nasconde; poi va, pieno di gioia, vende tutti i suoi averi e compra quel campo.

45Il regno dei cieli è simile anche a un mercante che va in cerca di perle preziose; 46trovata una perla di grande valore, va, vende tutti i suoi averi e la compra.

"La vita è una caccia al tesoro. Alla fine scopri che il tesoro non esiste. Una beffa". A queste amare parole di un acuto pensatore contemporaneo si contrappone il Vangelo di questa domenica: "Il tesoro esiste, vale la pena di cercarlo, addirittura vale la pena di vendere tutto per possederlo, perché una volta che lo possiedi ti accorgi di avere in mano ciò che dà senso alla vita".

La vicenda della prima parabola del Vangelo, raccontata in un solo versetto, ci mostra una bellissima scena divisa in tre momenti, evidenziati da tre verbi: Trovare, vendere e comperare.

a) un uomo trova un tesoro: è il momento della scoperta e della sorpresa, cioè l'incontro con la "lieta notizia", che getta una luce nuova sulla vita e su tutte le cose. Non è trovare una cosa smarrita, dove c'è evidentemente la gioia per il suo ritrovamento. E' la meravigliosa scoperta di qualcosa di nuovo, di qualcosa che neppure immaginava potesse esistere, una scoperta che dà un senso nuovo alla vita.

b) Poi preso coscienza di ciò che ha trovato, passa all'azione: vende tutto quello che ha. E' il momento del distacco e della conversione, tutto ciò che possiedo diventa, direbbe San Paolo, spazzatura dinnanzi alla scoperta del tesoro.

c) Infine l'uomo, che ha venduto tutto (casa, macchina, impianto stereo...) per avere quel tesoro, resta completamente legato al suo tesoro, compra quel campo, tutta la sua vita è in funzione di quel tesoro.

L'atteggiamento che troviamo in quest'uomo è la gioia. La gioia di aver trovato finalmente il senso della sua vita, la gioia di possedere l'unico bene prezioso per cui vale la pena di vivere.

Per quale tesoro saresti oggi capace di vendere tutto pur di averlo? Per cosa vale veramente la pena farsi passare per pazzo?

C'è un proverbio che dice: "Chi cerca trova", possiamo trasformarlo in un consiglio: "Trova chi ti cerca". Quel tesoro nascosto nel campo, che Gesù dice di essere simile al Regno dei cieli, in realtà è come una calamita che possiede una potente forza di attrazione. Pur lasciandoci l'impressione di essere stato trovato, in realtà da quel tesoro si sprigiona una nascosta energia di bene, di bello e di vero, che attrae tutti a sè. E' un tesoro unico per chi lo incontra, ma nello stesso tempo posseduto da molti; nascosto, eppure la sua bellezza e splendore conosciuti, tanto da essere ricercato in ogni angolo della terra.

In questa parabola probabilmente molti ritrovano la propria storia, storia di persone, di giovani disposti a lasciare tutto pur di possedere tale tesoro. Ascoltiamone qualcuno:

Sono originaria del Porto Rico, una piccola isola dei Caraibi, in America Centrale. Dieci anni fa ho vissuto un'esperienza che ha trasformato la mia vita. Insieme a un centinaio di giovani ho partecipato all'esperienza di "Verano Misionero" (Estate Missionaria), un'iniziativa proposta ai giovani che desiderano donare il loro tempo, nel periodo estivo, per aiutare una parrocchia povera dell'America Latina.

Avevo 17 anni quando ho cominciato questa avventura... La mia prima esperienza è stata nella Repubblica Dominicana, un piccolo paese che confina con Haiti. C'erano piccoli villaggi molto distanti tra loro e ancora più distanti dalla città. Per me si trattava del primo incontro con la povertà: baracche di legno senza pavimento, uomini e donne che lavoravano tutta la giornata per portare a casa il cibo quotidiano, bambini privati del diritto all'istruzione per mancanza di strutture. Il mio cuore si apriva ad una nuova realtà.

Dopo quell'estate sentivo di non poter più vivere ignorando l'esistenza di questi fratelli che mi avevano mostrato un volto di Gesù fino a quel momento sconosciuto. Ho continuato a fare quest'esperienza per 4 anni con la certezza che era molto di più ciò che ricevevo di quello che riuscivo a dare. Ad un certo punto del cammino, mi sono chiesta: "Cosa posso fare? è sufficiente pensare a loro solo durante l'estate?". E così cercando di rispondere a queste domande, ho capito che il Signore mi chiamava non soltanto per due mesi ma per tutta la vita. Nel mio cuore desideravo profondamente donare tutto il mio tempo per i più poveri e vivere questo insieme ad altri fratelli.

Ho iniziato un cammino di ricerca conclusosi grazie all'incontro con la Comunità Missionaria di Villaregia in Brasile. Nonostante in Comunità si parlasse il portoghese, che io non capivo totalmente, ho subito sentito sintonia con quello stile di vita. Sono tornata in Porto Rico disposta a lasciare tutto: i miei genitori, i fratelli, l'università, gli amici. Sono passati 10 anni da quando ho lasciato il mio Paese per pormi nelle mani di Dio, nella Comunità, per essere "inviata" a tutte le genti. Ogni giorno ripeto il mio sì con il desiderio di essere, insieme ai fratelli, testimone di comunione e missione. Briseida

A 14-15 anni ho iniziato a cercare il significato della mia vita. Frequentavo la scuola superiore per diventare maestra e facevo parte di un gruppo scout che era per me un punto di riferimento importante. Lì ho imparato a vivere con altri ragazzi e ragazze e mi piaceva creare amicizia, pensare e realizzare ogni attività insieme. All'età di 17-18 anni dedicavo il sabato pomeriggio alle uscite con gli amici. Riempivamo il tempo con lunghe passeggiate, per le strade del centro d'Imola. Discoteca, cinema, pizzerie... Quando rientravo a casa, prima di addormentarmi, mi ripetevo: "Non sono contenta, domani cambio vita!".

Frequentai per quattro anni un corso di disegno grafico a Firenze. Un giorno venne a visitarmi un amico che, davanti ad una fiorentina e un bicchiere di vino bianco, mi domandò: "Cosa vorresti fare da grande?". Risposi: "Mi piacerebbe andare in giro per il mondo per parlare di "Qualcuno". La gente può darmi un letto, qualcosa da mangiare... Io desidero parlare di 'Qualcuno'". Mi immaginavo nella piazza della città piena di gente. Lui mi contestò: "Non è possibile vivere questa vita".

Tutto questo fino a 20-21 anni poi entrai in crisi. Avevo perso il gusto di vivere, non avevo voglia di fare niente. Pensavo: "Perché mi alzo? Che cosa devo fare?". Una volta mamma mi disse: "Anna, sembri già vecchia, sembra che sulle tue spalle sia passata una vita intera". Era così. Avevo cercato un senso nelle feste, nella musica, nei viaggi, in mille distrazioni eppure il cuore era triste e insoddisfatto. "Possiamo perdere tutto, Dio non possiamo perderlo, da qualche parte deve essere nascosto", scrissi ad una amica. In verità la mia ricerca di senso era una ricerca di Dio e Lui, quando davanti a me vedevo solo buio, mi ha preso per i capelli e mi ha tirato su.

Una notte rientrando a casa, dopo aver trascorso la serata con gli amici, gli dissi: "Prendi la mia vita. Ti consegno le mie scarpe. Tu conducimi e io ti seguirò". Mi tolsi le scarpe e iniziai a correre. Il cortile era pieno di pozzanghere che mi bagnarono i piedi e il giorno dopo avevo il raffreddore. Però ero contenta e mi sentivo libera. Avevo l'impressione che mi si aprisse davanti un nuovo cammino. Ed era davvero così.

Nel 1989 vissi una esperienza di 15 giorni nella Comunità Missionaria di Villaregia che avevo conosciuto alcuni anni prima. "Sono venuta per pensare, per guardare la mia vita". I primi tre giorni furono un disastro. Il rispetto, l'amore e la semplicità dei rapporti tra i missionari creavano un ambiente completamente diverso da quello nel quale vivevo e ciò mi disorientava. Iniziai a costruire amicizia e a poco a poco mi resi conto che c'era qualcosa di particolare, era quel "Qualcuno" che andavo cercando e che dava senso e significato ad ogni azione e ad ogni aspetto della vita: il dolore e la gioia, la morte e la vita, il lavoro e il riposo, il dialogo e il silenzio... Quel "Qualcuno era Dio Famiglia, che desidera che le persone si vogliano bene.

In questo incontro scoprii che tutti i desideri che portavo dentro trovavano "un corpo" nella Comunità. Il cuore si riempì di gioia, di una voglia di vivere incredibile. Ero disposta a lasciare tutto; la famiglia, lo studio, gli amici... Cominciai a camminare con il gruppo missionario, conclusi gli studi ed entrai in Comunità nel 1991. Da allora Dio ha veramente preso in consegna le mie scarpe e continua a condurmi per i suoi sentieri. Anna

Avevo 22 anni, mi ero appena diplomato come geometra arredatore a Treviso. Nell'agosto del 1978 ho accompagnato in gita a Venezia un gruppo di giovani studenti di teologia e un sacerdote missionario. Durante il percorso turistico ho potuto conoscerli un po' ed ho sentito profonda sintonia con il loro modo di essere, con il loro ideale, ho sentito di trovare quanto avevo desiderato. E' così che è sorta in me la domanda se fossi anch'io chiamato a condividere la loro vita. Scegliere di donare a Dio tutta la vita avrebbe significato nel mio caso abbandonare l'impiego, la fidanzata, il gruppo missionario con cui stavo lavorando, il movimento ecclesiale al quale appartenevo.Con questi dubbi è questa ricerca nel cuore ho continuato a frequentare questi amici, vivendo con loro un'esperienza di 15 giorni, dove ho conosciuto più da vicino la povertà di migliaia di fratelli. Ho capito che non potevo più essere lo stesso, non potevo continuare come sempre. Ho scelto così di non comprare più scarpe, pantaloni, magliette secondo la moda, pensando che migliaia di fratelli non avevano niente. Queste piccole scelte da una parte mi rendevano felice perché condividevo qualcosa di mio, dall'altra mi mandavano sempre più in crisi perché sentivo che Dio non voleva da me solo qualche piccolo risparmio, ma tutta la mia vita.

E' iniziata così una lotta tra me e Dio, durata un anno e mezzo. Paura, dubbi, incertezze erano diventati per me sensazioni quotidiane. Davanti alla mia profonda insicurezza avevo chiesto a Dio un segno. Dopo due settimane dalla mia richiesta, ho ricevuto la risposta di Dio... Sono stato colpito da una forma di paresi alle corde vocali che mi ha impedito di parlare per oltre un mese e mezzo. In questa situazione chi poteva parlare era solo Dio. Attraverso la Parola, mi ha mostrato che mi chiamava al di là dei miei difetti, limiti, dubbi, paure, peccati. Nel cuore mi risuonavano le parole rivolte al profeta Geremia: "Non temere perché io sono con te per proteggerti". Ricordo perfettamente la stanza, l'ora, il giorno in cui ho pronunciato il mio sì, ma soprattutto ricordo la serenità e la gioia che ho provato. Ancora oggi nei momenti di difficoltà ne faccio memoria, trovandovi fonte di forza e di coraggio per affrontare la vita. Roberto

Ti auguriamo una buona caccia al tesoro. Se lo trovi faccelo sapere!

Buona settimana.

 

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