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TESTO Vivere del cielo, dove Cristo è asceso per sempre

padre Antonio Rungi

Ascensione del Signore (Anno C) (02/06/2019)

Vangelo: Lc 24,46-53 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 24,46-53

46e disse loro: «Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno, 47e nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. 48Di questo voi siete testimoni. 49Ed ecco, io mando su di voi colui che il Padre mio ha promesso; ma voi restate in città, finché non siate rivestiti di potenza dall’alto».

50Poi li condusse fuori verso Betània e, alzate le mani, li benedisse. 51Mentre li benediceva, si staccò da loro e veniva portato su, in cielo. 52Ed essi si prostrarono davanti a lui; poi tornarono a Gerusalemme con grande gioia 53e stavano sempre nel tempio lodando Dio.

La solennità dell'Ascensione di Gesù al Cielo, che celebriamo oggi nella liturgia della prima domenica di Giugno 2019, è un chiaro invito a tutti i cristiani e credenti di guardare al cielo, dove Cristo si è assiso alla destra del Padre, ma soprattutto di vivere del cielo. Se, infatti, siamo risorti con Cristo e se siamo convinti di una vita oltre questa vita, noi dobbiamo vivere del cielo, cioè cercare continuamente le cose di lassù, quelle eterne ed intramontabili che ci danno la vera felicità. Tutta la liturgia di questo giorno di festa, dal racconto che se ne fa del momento in cui Gesù lascia definitivamente la terra, per non lasciarci soli, ma per inviare a noi lo Spirito consolatore, al mandato missionario che Cristo assegna agli apostoli e a tutta la chiesa è un costante richiamo alla salvezza eterna: andate in tutto il mondo e predicate il vangelo. Chi crederà si salverà, chi non crederà prenderà altre viene che non sono le vere strade che portano a Dio e alla gioia senza fine. Non senza significato biblico e teologico noi professiamo la fede in Cristo, morto, risorto e asceso al cielo. Illustrando questa verità di fede, il Catechismo della Chiesa cattolica, spiega questo mistero glorioso della nostra fede, partendo dal testo del vangelo «Il Signore Gesù, dopo aver parlato con loro, fu assunto in cielo e sedette alla destra di Dio» (Mc 16,19), in questi termini: “Il corpo di Cristo è stato glorificato fin dall'istante della sua risurrezione, come lo provano le proprietà nuove e soprannaturali di cui ormai gode in permanenza. Ma durante i quaranta giorni nei quali egli mangia e beve familiarmente con i suoi discepoli e li istruisce sul Regno, la sua gloria resta ancora velata sotto i tratti di una umanità ordinaria. L'ultima apparizione di Gesù termina con l'entrata irreversibile della sua umanità nella gloria divina simbolizzata dalla nube e dal cielo ove egli siede ormai alla destra di Dio”. Alla Maddalena Gesù raccomanda di riferire agli apostoli: «Non sono ancora salito al Padre: ma va' dai miei fratelli e di' loro: Io salgo al Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro» (Gv 20,17). Questo indica una differenza di manifestazione tra la gloria di Cristo risorto e quella di Cristo esaltato alla destra del Padre. L'avvenimento ad un tempo storico e trascendente dell'ascensione segna il passaggio dall'una all'altra.

L'Ascensione di Gesù al Cielo, ultima tappa del suo itinerario terreno, rimane strettamente unita alla prima, cioè alla discesa dal cielo realizzata nell'incarnazione. Solo colui che è «uscito dal Padre» può far ritorno al Padre: Cristo. «Nessuno è mai salito al cielo fuorché il Figlio dell'uomo che è disceso dal cielo» (Gv 3,13). Lasciata alle sue forze naturali, l'umanità non ha accesso alla «casa del Padre», alla vita e alla felicità di Dio. Soltanto Cristo ha potuto aprire all'uomo questo accesso «per darci la serena fiducia che dove è lui, Capo e Primogenito, saremo anche noi, sue membra, uniti nella stessa gloria». L'Ascensione al Cielo è strettamente legata al mistero della croce: «Io, quando sarò elevato da terra, attirerò tutti a me» (Gv 12,32). L'elevazione sulla croce significa e annunzia l'elevazione dell'ascensione al cielo. Essa ne è l'inizio. Gesù Cristo, l'unico Sacerdote della nuova ed eterna Alleanza, «non è entrato in un santuario fatto da mani d'uomo [...], ma nel cielo stesso, per comparire ora al cospetto di Dio in nostro favore» (Eb 9,24).

Potremmo giustamente domandarci cosa fa Cristo in cielo e come si vive in cielo?
In cielo Cristo esercita il suo sacerdozio in permanenza, «essendo egli sempre vivo per intercedere» a favore di «quelli che per mezzo di lui si accostano a Dio» (Eb 7,25). Come «sommo Sacerdote dei beni futuri» (Eb 9,11), egli è il centro e l'attore principale della liturgia che onora il Padre nei cieli.
Come pure, una domanda spontanea viene da questa espressione che è inserita nella professione di fede: Cristo siede alla destra del Padre.
«Per destra del Padre intendiamo la gloria e l'onore della divinità, ove colui che esisteva come Figlio di Dio prima di tutti i secoli, come Dio e consostanziale al Padre, s'è assiso corporalmente dopo che si è incarnato e la sua carne è stata glorificata». Per cui “l'essere assiso alla destra del Padre significa l'inaugurazione del regno del Messia, compimento della visione del profeta Daniele riguardante il Figlio dell'uomo: «[Il Vegliardo] gli diede potere, gloria e regno; tutti i popoli, nazioni e lingue lo servivano; il suo potere è un potere eterno, che non tramonta mai, e il suo regno è tale che non sarà mai distrutto» (Dn 7,14). A partire da questo momento, gli Apostoli sono divenuti i testimoni del «regno che non avrà fine».
Da qui la missione della Chiesa di annunciare a tutte le creature l'infinito amore di Dio che vuole la salvezza di tutti gli uomini, i quali che avere sempre più uno sguardo, un pensiero e la mente rivolti al cielo, ma devono vivere di cielo, ovvero nella comunione con Dio, con il fratelli e con il creato intero.

Chiudo questa mia riflessione con quanto ha scritto Papa Benedetto XVI, commentando l'Ascensione al cielo di Gesù: “Gesù parte benedicendo. Benedicendo se ne va e nella benedizione Egli rimane. Le sue mani restano stese su questo mondo. Le mani benedicenti di Cristo sono come un tetto che ci protegge. Ma sono al contempo un gesto di apertura che squarcia il mondo affinché il cielo penetri in esso e possa diventarvi una presenza. Nel gesto delle mani benedicenti si esprime il rapporto duraturo di Gesù con i suoi discepoli, con il mondo. Nell'andarsene Egli viene per sollevarci al di sopra di noi stessi ed aprire il mondo a Dio. Per questo i discepoli poterono gioire, quando da Betania tornarono a casa. Nella fede sappiamo che Gesù, benedicendo, tiene le sue mani stese su di noi. È questa la ragione permanente della gioia cristiana”. Guardare il cielo e vivere di cielo è stare perennemente nella gioia vera.

 

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