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TESTO Questo Gesù ci ha sconvolti!

don Mario Simula  

Domenica di Pasqua - Risurrezione del Signore (Anno C) (21/04/2019)

Vangelo: Gv 20,1-9 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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1Il primo giorno della settimana, Maria di Màgdala si recò al sepolcro di mattino, quando era ancora buio, e vide che la pietra era stata tolta dal sepolcro. 2Corse allora e andò da Simon Pietro e dall’altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: «Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l’hanno posto!». 3Pietro allora uscì insieme all’altro discepolo e si recarono al sepolcro. 4Correvano insieme tutti e due, ma l’altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro. 5Si chinò, vide i teli posati là, ma non entrò. 6Giunse intanto anche Simon Pietro, che lo seguiva, ed entrò nel sepolcro e osservò i teli posati là, 7e il sudario – che era stato sul suo capo – non posato là con i teli, ma avvolto in un luogo a parte. 8Allora entrò anche l’altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette. 9Infatti non avevano ancora compreso la Scrittura, che cioè egli doveva risorgere dai morti.

«Raccontaci, Maria:
che hai visto sulla via?».
«La tomba del Cristo vivente,
la gloria del Cristo risorto,
e gli angeli suoi testimoni,
il sudario e le sue vesti.
Cristo, mia speranza, è risorto:
precede i suoi in Galilea».

Si parte dalla testimonianza per condividere un'esperienza.
La Pasqua vista con gli occhi di Maria, appassionata del Signore, guarita dal suo amore e, oggi, testimone della sua
Risurrezione.
Vorrei avere gli occhi di questa donna innamorata, il battito del suo cuore, la fretta del suo passo, i gesti delle sue mani e la scioltezza della sua lingua e ancora nelle narici il profumo dell'unguento da lei versato sul Signore, per poter diventare un urlo di festa che racconti al mondo la gioia della morte e della risurrezione di Gesù.
La Pasqua possiamo raccontarla soprattutto con la vita, con la felicità degli occhi, con la vibrazione di tutta la persona, coinvolta in un evento di novità inaudita, impensabile e unica.
“Il Signore è risorto!”.
Nella mirabile Veglia Pasquale si è riaccesa la Luce di Cristo, il Cero grandioso che ricorda il Vivente che non muore

più e che accompagna le nostre nascite e le nostre morti come scansione di un'esistenza destinata alla Pasqua
dell'Agnello, Cristo, nel Suo Regno.
In questa Santissima Notte abbiamo immerso i nostri corpi nell'acqua che ci libera dai fermenti di ogni malizia, abbiamo dissetato la nostra arsura abbeverandoci alle fonti della Parola di Dio che raccontava le meraviglie fatte dal Signore: quelle di ieri, attuali anche oggi e sempre. Sono la nostra storia. La memoria viva e attuale della sua Presenza accanto alla nostra esperienza quotidiana, fragile, dolente e sempre incerta.
Le nostre chiese hanno riascoltato l'Alleluia della speranza. E lo hanno gridato al mondo.
E noi siamo attoniti, stupiti, increduli e ricolmi di allegrezza, davanti ad una donna che non può contenere nel cuore la felicità che scoppia e che diventa invito ai discepoli: “Mi ha detto che vi precederà in Galilea. Là lo vedrete!”.
Anche gli amici di Gesù, reduci e increduli, prostrati da una guerra del cuore e della fede, ritrovano le strade della fiducia, ancora esitante, ma aperta al grande Annuncio. E corrono al sepolcro per toccare con mano, anche loro, che ormai la morte è vinta. Rimangono soltanto i teli e il sudario. Tracce di un dramma. Testimonianza di “una cosa nuova”, mai udita e mai vista.
A noi rimane la grazia di aver sentito e accolto il racconto. Rimane la beatitudine di averlo custodito e di custodirlo nel cuore e di tramandarlo. Rimane l'esperienza di sperimentarlo ogni giorno nella misericordia fragrante del Signore.
Ma rimane anche l'esortazione severa e incoraggiante di Paolo:
“Fratelli, non sapete che un po' di lievito fa fermentare tutta la pasta? Togliete via il lievito vecchio, per essere pasta nuova, poiché siete àzzimi. E infatti Cristo, nostra Pasqua, è stato immolato! Celebriamo dunque la festa non con il lievito vecchio, né con lievito di malizia e di perversità, ma con àzzimi di sincerità e di verità”.
Nel giorno che ha fatto il Signore, può sopravvivere nelle nostre comunità pasquali il lievito vecchio, il lievito di malizia e di perversità, il lievito della divisione e dell'esclusione? No, se vogliamo che il Cero abbagli il cuore.
Ritroviamo gli azzimi di sincerità e di verità. Prima di illuderci di aver vissuto quelli della carità e dell'amore.
Essere fermento buono per fermentare pasta nuova.

Gesù, Maria non ti riconosce subito, i discepoli hanno paura di te, come di un fantasma. Tommaso è ostinatamente incredulo. Nel primo incontro, con te Risorto, Gesù, prevale il dubbio, prevale l'oscurità di sempre, prevale la mia povera ricerca fatta di pensieri, ma assente col cuore.
Gesù, eppure tu stai lasciando tracce inspiegabili quando ti presenti. “Che sia proprio Lui?”. I poveri discepoli di Emmaus sono tristi per questa loro esitazione: desiderano ma non credono.
Gesù, abbiamo bisogno delle tue parole di fuoco che incendino i nostri cuori.
Gesù, abbiamo bisogno di quel pane spezzato e di quel vino donato, perché avvenga il riconoscimento completo e appagante.
Gesù, Maria può raccontarci quale è la strada, e la strada è semplice: passare dall'incertezza, all'accoglienza del nostro nome.
Se tu mi chiami mi dici: Mario, Margherita, Maria, io sussulto, in un attimo passo alla gioia dilagante, non posso anche io non chiamarti con confidenza, con tenerezza, col cuore in subbuglio: “Rabbunì! Maestro”. E si ravviva il desiderio di abbracciare i tuoi piedi, di lasciarti tracce di profumo amoroso, di piangere per commozione e per stupore, di asciugarti i piedi con i cappelli.
Gesù, la Pasqua è questo incontro dolcissimo con te, pieno di attenzioni, di sguardi, di cure. Siamo tutti scappati nella notte. Adesso tu ci vieni incontro, ci cerchi per abbracciarci, ci guardi per commuoverci, ci tocchi per rassicurarci, ci ascolti perché noi possiamo parlare a cuore aperto.
Gesù, sono pronto alle sorprese meno attese.
“Pietro mi ami tu?” che confusione nel mio cuore! Che umiliazione! Però oso risponderti: “Tu sai che ti voglio bene”. E insisti, insisti. Però non riesco ad andare oltre quel “Ti voglio bene”.
Tu Gesù, mi accetti ugualmente. Mi guardi ugualmente con tenerezza indicibile. Mi prendi per mano e mi dai la forza di dirti: “Signore, tu sai che ti amo”. E intanto prepari l'alba di quel giorno nel quale avrò la forza, la gioia, l'estasi di dirti: “Gesù, ti amo, ti amo, ti amo”, non ho il coraggio di guardarti negli occhi. Tu mi hai già scrutato nel cuore.

 

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