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TESTO Non imbalsamare, profuma...

don Angelo Casati  

Domenica delle Palme (14/04/2019)

Vangelo: Gv 11,55-12,11 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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55Era vicina la Pasqua dei Giudei e molti dalla regione salirono a Gerusalemme prima della Pasqua per purificarsi. 56Essi cercavano Gesù e, stando nel tempio, dicevano tra loro: «Che ve ne pare? Non verrà alla festa?». 57Intanto i capi dei sacerdoti e i farisei avevano dato ordine che chiunque sapesse dove si trovava lo denunciasse, perché potessero arrestarlo.

1Sei giorni prima della Pasqua, Gesù andò a Betània, dove si trovava Lazzaro, che egli aveva risuscitato dai morti. 2E qui fecero per lui una cena: Marta serviva e Lazzaro era uno dei commensali. 3Maria allora prese trecento grammi di profumo di puro nardo, assai prezioso, ne cosparse i piedi di Gesù, poi li asciugò con i suoi capelli, e tutta la casa si riempì dell’aroma di quel profumo. 4Allora Giuda Iscariota, uno dei suoi discepoli, che stava per tradirlo, disse: 5«Perché non si è venduto questo profumo per trecento denari e non si sono dati ai poveri?». 6Disse questo non perché gli importasse dei poveri, ma perché era un ladro e, siccome teneva la cassa, prendeva quello che vi mettevano dentro. 7Gesù allora disse: «Lasciala fare, perché essa lo conservi per il giorno della mia sepoltura. 8I poveri infatti li avete sempre con voi, ma non sempre avete me».

9Intanto una grande folla di Giudei venne a sapere che egli si trovava là e accorse, non solo per Gesù, ma anche per vedere Lazzaro che egli aveva risuscitato dai morti. 10I capi dei sacerdoti allora decisero di uccidere anche Lazzaro, 11perché molti Giudei se ne andavano a causa di lui e credevano in Gesù.

C'è una bellezza e c'è un rischio. Il rischio di sporcare la bellezza. E l'invito a non violare la bellezza di un gesto viene da Gesù. E dove sia l'apice della bellezza, il cuore pulsante del racconto è, vorrei dire, chiaro per ognuno di voi. Eccolo: "Maria allora prese trecento grammi di profumo di puro nardo, assai prezioso, ne cosparse i piedi di Gesù. Poi li asciugò con i suoi capelli e tutta la casa si riempì dell'aroma di quel profumo". Tutto, capite, così, in silenzio.

Un nido di silenzio nella sala dove si affacciano con un rumore di parole pettegole i curiosi - quelli - che i loro discorsi sono i miracoli -, nella sala dove i dodici sanno perfettamente cosa costa quell'eccesso di profumo e non sanno, o hanno dimenticato, che cosa sta per costare al loro maestro aver scrostato l'affresco di Dio e della religione dagli appesantimenti e soffocamenti del passato e restituire dignità ad ogni volto: il prezzo è la morte di croce. Vicina, vicinissima. Lo intuisce una donna, Maria, un'amica di Gesù. Gli altri nella sala si occupano di invitati, di cibi, di vino, di stuoie, la loro preoccupazione è la cena.

La preoccupazione di Maria, la sua passione è un'altra: è lui, il suo amico e la pena che porta nel cuore. Che cosa si porti dentro lei glielo legge negli occhi, sul viso, lo vede in vigilia di cattura e di morte. E per dirgli il suo amore, per dirgli quanto gli voglia bene, non pensa a parole. Quasi sentisse tutta la vacuità delle parole. Troppe parole, anche in quella cena. Il pericolo è anche in questa cena, forse anche in questa settimana che chiamiamo santa. Ebbene Maria sente che può dirgli quello che le passa nel cuore solo in silenzio, con un gesto, un gesto esagerato quanto esagerato è l'amore di quel suo amico, l'amore per lei e per tutti. Ed ecco vuole dirglielo con il profumo. Ma che sia prezioso! Perché con quel suo profumo vuole dirgli che il Messia, che significa unto, il profumato, il portatore del buon profumo della vita, di una vita che sia profumo, è lui.

E Gesù non solo accoglie il gesto d'amore della donna, ma la difende. La difende perché con quel gesto la donna ha detto a tutti dove e quando l'amore c'è e non ti puoi sbagliare. C'è dove e quando tu non misuri. E non misuri, anche se vivi in una società di misurati, di gente dai gesti ridotti al minimo, di uomini lontani da ogni eccesso in amore. Il gesto di Maria è abitato dall'eccesso. E accade la bellezza della tenerezza. Gesù sperimenta sul suo corpo, nella sua anima, la bellezza della tenerezza. La scorsa domenica parlavamo del cieco che sente le mani di Gesù, le sente accarezzare con il fango i suoi occhi. Immaginate la tenerezza. Oggi è Gesù che sente le mani, le mani della sua amica, spalmare di balsamo profumato i suoi piedi, sente i suoi capelli che glieli asciugano. Immaginate la tenerezza. E la casa si riempì del profumo.

La tenerezza, vedete, la si sente. Come il profumo. Ci possono essere celebrazioni perfette, riti sontuosi, regie mirabolanti, ma non c'è profumo, non ci sono sguardi che bussano al cuore, non ci sono silenzi in cui respiri l'altro. Non c'è profumo. Il profumo che ha anche questo di speciale: non ha visibilità, ma lo senti. Così Gesù - ho pensato - lo uccideranno, non avrà più visibilità, ma il suo profumo lo senti, è rimasto nel mondo. E quando senti il profumo di una vita bella, bella nella sua semplicità e capace di portare bellezza nella sua semplicità, alzi lo sguardo e ti chiedi da dove venga il profumo. Una settimana, questa, per salire la collina, e vedere da dove venga il profumo. Ritorno a un verbo che nel racconto mi ha molto colpito. Un comando secco, forse seccato, di Gesù a difesa della donna e del suo gesto, il verbo "lasciare": "Lasciatela fare".

Come se dicesse: "Non chiudetela, nel vostro modo di fare, nella rigidità dei vostri pensieri, delle vostre codificazioni, della vostra precettistica". Mi sono sorpreso a ricordare quante volte Gesù ripeta nel vangelo questo comando a lasciar fare, a non asfissiare la gente, a non spegnerne la spontaneità, l'immaginazione, l'invenzione, a non imbalsamare la vita, i sentimenti, il cuore. Un conto è il profumo, un conto è l'imbalsamazione. Ricordate Lazzaro che esce avvolto in bende. "Lasciatelo andare": dice Gesù. Ma ricordate anche il giorno in cui i discepoli volevano un uditorio più concentrato sulle parole del loro Maestro e i bambini, come tutti i bambini del mondo, ne facevano d'ogni. E i discepoli ad allontanarli. Li volevano ingessati.

E lui a dire: "Lasciate..., lasciate che i bambini vengano a me". Non abbiamo mai pensato che pianti, gridolini e scompostezze di bambini nelle nostre chiese potrebbero essere come un soffio di profumo per le nostre celebrazioni? E non è forse vero che proprio il giorno dopo quella cena Gesù insorgerà a difendere i ragazzini che erano entrati nel tempio gridandogli a squarciagola osanna. E i capi dei sacerdoti sdegnati a invitarlo a farli tacere e Gesù a dire che, se avessero taciuto loro, a gridare sarebbero state le pietre. Come a dire: "Lasciateli fare!". E così facendo, voi mi capite, metteva sotto accusa quelli che hanno l'arte - brutta arte - l'arte di trattenere, di imbalsamare, anche in campo religioso. Loro non lasciano andare, sono gli uomini del controllo. Proprio in uno degli ultimi suoi discorsi davanti agli imbalsamatori di Dio, Gesù dirà: "Guai a voi scribi e farisei ipocriti, che chiudete il regno dei cieli davanti alla gente; di fatto non vi entrate voi e non lasciate - ancora il verbo "lasciare"! - non lasciate entrare nemmeno quelli che vogliono entrare" (Mt 23, 14).

L'imbalsamazione! Al contrario la tenerezza del profumo. La tenerezza è vita, tiene in vita, mette in vita. Sarebbe desolante se noi entrassimo nella settimana santa, la settimana del profumo, con l'animo degli imbalsamatori, rimarremmo estranei al mistero. Entriamo con il profumo di Maria. Mi faccio domande. E io che cosa sono? Un imbalsamatore o uno che porta profumo? Che bello se si potesse dire di te, che, quando arrivi tu, dovunque tu arrivi le pareti si riempiono, come un giorno a Betania, di profumo!

Una settimana, questa, per riempirci del profumo di Gesù. Del profumo di Maria di Betania, la sua amica.

 

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