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TESTO Amore, amicizia come avvistamenti di resurrezioni

don Angelo Casati  

V domenica di Quaresima (anno C) (07/04/2019)

Vangelo: Gv 11,1-53 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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1Un certo Lazzaro di Betània, il villaggio di Maria e di Marta sua sorella, era malato. 2Maria era quella che cosparse di profumo il Signore e gli asciugò i piedi con i suoi capelli; suo fratello Lazzaro era malato. 3Le sorelle mandarono dunque a dirgli: «Signore, ecco, colui che tu ami è malato».

4All’udire questo, Gesù disse: «Questa malattia non porterà alla morte, ma è per la gloria di Dio, affinché per mezzo di essa il Figlio di Dio venga glorificato». 5Gesù amava Marta e sua sorella e Lazzaro. 6Quando sentì che era malato, rimase per due giorni nel luogo dove si trovava. 7Poi disse ai discepoli: «Andiamo di nuovo in Giudea!». 8I discepoli gli dissero: «Rabbì, poco fa i Giudei cercavano di lapidarti e tu ci vai di nuovo?». 9Gesù rispose: «Non sono forse dodici le ore del giorno? Se uno cammina di giorno, non inciampa, perché vede la luce di questo mondo; 10ma se cammina di notte, inciampa, perché la luce non è in lui».

11Disse queste cose e poi soggiunse loro: «Lazzaro, il nostro amico, si è addormentato; ma io vado a svegliarlo». 12Gli dissero allora i discepoli: «Signore, se si è addormentato, si salverà». 13Gesù aveva parlato della morte di lui; essi invece pensarono che parlasse del riposo del sonno. 14Allora Gesù disse loro apertamente: «Lazzaro è morto 15e io sono contento per voi di non essere stato là, affinché voi crediate; ma andiamo da lui!». 16Allora Tommaso, chiamato Dìdimo, disse agli altri discepoli: «Andiamo anche noi a morire con lui!».

17Quando Gesù arrivò, trovò Lazzaro che già da quattro giorni era nel sepolcro. 18Betània distava da Gerusalemme meno di tre chilometri 19e molti Giudei erano venuti da Marta e Maria a consolarle per il fratello. 20Marta dunque, come udì che veniva Gesù, gli andò incontro; Maria invece stava seduta in casa. 21Marta disse a Gesù: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto! 22Ma anche ora so che qualunque cosa tu chiederai a Dio, Dio te la concederà». 23Gesù le disse: «Tuo fratello risorgerà». 24Gli rispose Marta: «So che risorgerà nella risurrezione dell’ultimo giorno». 25Gesù le disse: «Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; 26chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno. Credi questo?». 27Gli rispose: «Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio, colui che viene nel mondo».

28Dette queste parole, andò a chiamare Maria, sua sorella, e di nascosto le disse: «Il Maestro è qui e ti chiama». 29Udito questo, ella si alzò subito e andò da lui. 30Gesù non era entrato nel villaggio, ma si trovava ancora là dove Marta gli era andata incontro. 31Allora i Giudei, che erano in casa con lei a consolarla, vedendo Maria alzarsi in fretta e uscire, la seguirono, pensando che andasse a piangere al sepolcro.

32Quando Maria giunse dove si trovava Gesù, appena lo vide si gettò ai suoi piedi dicendogli: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto!». 33Gesù allora, quando la vide piangere, e piangere anche i Giudei che erano venuti con lei, si commosse profondamente e, molto turbato, 34domandò: «Dove lo avete posto?». Gli dissero: «Signore, vieni a vedere!». 35Gesù scoppiò in pianto. 36Dissero allora i Giudei: «Guarda come lo amava!». 37Ma alcuni di loro dissero: «Lui, che ha aperto gli occhi al cieco, non poteva anche far sì che costui non morisse?».

38Allora Gesù, ancora una volta commosso profondamente, si recò al sepolcro: era una grotta e contro di essa era posta una pietra. 39Disse Gesù: «Togliete la pietra!». Gli rispose Marta, la sorella del morto: «Signore, manda già cattivo odore: è lì da quattro giorni». 40Le disse Gesù: «Non ti ho detto che, se crederai, vedrai la gloria di Dio?». 41Tolsero dunque la pietra. Gesù allora alzò gli occhi e disse: «Padre, ti rendo grazie perché mi hai ascoltato. 42Io sapevo che mi dai sempre ascolto, ma l’ho detto per la gente che mi sta attorno, perché credano che tu mi hai mandato». 43Detto questo, gridò a gran voce: «Lazzaro, vieni fuori!». 44Il morto uscì, i piedi e le mani legati con bende, e il viso avvolto da un sudario. Gesù disse loro: «Liberàtelo e lasciàtelo andare».

45Molti dei Giudei che erano venuti da Maria, alla vista di ciò che egli aveva compiuto, credettero in lui. 46Ma alcuni di loro andarono dai farisei e riferirono loro quello che Gesù aveva fatto.

47Allora i capi dei sacerdoti e i farisei riunirono il sinedrio e dissero: «Che cosa facciamo? Quest’uomo compie molti segni. 48Se lo lasciamo continuare così, tutti crederanno in lui, verranno i Romani e distruggeranno il nostro tempio e la nostra nazione». 49Ma uno di loro, Caifa, che era sommo sacerdote quell’anno, disse loro: «Voi non capite nulla! 50Non vi rendete conto che è conveniente per voi che un solo uomo muoia per il popolo, e non vada in rovina la nazione intera!». 51Questo però non lo disse da se stesso, ma, essendo sommo sacerdote quell’anno, profetizzò che Gesù doveva morire per la nazione; 52e non soltanto per la nazione, ma anche per riunire insieme i figli di Dio che erano dispersi. 53Da quel giorno dunque decisero di ucciderlo.

Un lungo commovente racconto e una stranezza, che sempre mi colpisce: che il segno di Gesù - il segno di una vita che, data per morta, si riapre come i germogli in questa stagione - il segno sia contenuto in pochi versetti del racconto, come se tutto si consumasse in un brivido. Gesù che grida a gran voce: "Lazzaro, vieni fuori!". E il morto che esce, piedi e mani legate con bende, il viso avvolto da un sudario. E Gesù che dice: "Liberatelo e lasciatelo andare". E poi quasi più nulla di Lazzaro: lo troveremo a una cena che faranno per lui e ci sarà Gesù con i suoi discepoli.

In verità di lui non è detto nulla anche prima, se non un particolare, bellissimo: quando le sorelle mandano a dire a Gesù della malattia, in un certo senso, usano un altro nome, nome bellissimo, per il loro fratello. Non dicono "Lazzaro". Dicono: "Signore, ecco colui che tu ami è malato". Gli hanno cambiato nome. Lazzaro è diventato:"colui che tu ami". Nelle parole spende l'amicizia, l'amore. Tutto il nostro racconto è sulla strada, ma sullo sfondo c'è una casa che Gesù frequentava, casa di amici. Mi dà una gioia immensa pensare che Gesù, certo appassionato a tutti, nessuno escluso, avesse però nel suo cuore un posto - oserei dire di privilegio - per amici più cari. E la casa di Betania era casa ricercata, e anche un po' casa rifugio: lo sarà in modo particolare nei giorni precedenti la sua cattura, andava a passarvi le notti.

L'evangelista annota: "Gesù amava Marta e sua sorella e Lazzaro". Ebbene tutto il nostro brano è come uno svelamento, un pulsare dall'inizio alla fine, di sentimenti: parole sommesse, lamenti, pianti, confessioni di fiducia, domande senza risposta. Siamo per strada ma, perdonate, è come se fossimo in casa, come se la strada fosse casa, luogo dove è ospitata l'intimità del dirsi. Vi sembrerò stravagante, ma vorrei dirvi - e mi perdonerete - che a me sembra già così prezioso tutto questo mondo di sentimenti che si affaccia nel racconto sulla strada, prima ancora che giungiamo alla tomba fuori la città. Gesti e parole abitate da un sentire profondo, da un pianto che non è da cerimonia, da una vicinanza che non è fittizia.

Tanti volti, quasi una coralità. Bella e preziosa questa coralità. La bellezza dei sentimenti. Come se l'aria odorasse il futuro e fossimo in vigilia di risurrezioni. Pensate invece che brutta la vita quando la coralità che si respira nell'aria, per le strade, è un'altra, quando è il vuoto dei sentimenti, e gli occhi sono senza pupille, gesti e parole marcate brutalmente da odio, da ferocia. Non si è più in avvistamento di risurrezioni, di vita, ma di perdita di vita, di disumanità. Avvistamento di morti, di brutalità. Certo, voi potreste dirmi che i sentimenti non ti mettono al sicuro dalla malattia, dalla morte. Potreste dirmi che, anzi, ingigantiscono il dolore atroce del distacco da coloro che amiamo.

E allora lasciatemi dire quanto sia prezioso che il nostro racconto non veli di un minimo la devastazione del cuore in momenti di tragedie e di morte: la spiritualità degli occhi asciutti non appartiene al vangelo. E nemmeno quella delle preghiere slavate da ogni sorta di lamenti o di grida: "Se tu fossi stato qui mio fratello non sarebbe morto!". Anche questo il racconto insegna: che nemmeno l'amicizia preziosa di Gesù per quella casa e per le sue amiche, per il suo amico, potè salvaguardare i loro visi dal pianto. E Gesù, pensate, accetta il rimprovero sul ritardo di Dio: "Se tu fossi stato qui...". Sei in ritardo. E vorrei dirvi che la preghiera delle due sorelle - a specchio nelle parole: "Se tu fossi stato qui..." - quasi prende legittimazione anche sulle nostre labbra, ogni volta che la sensazione che ci prende è quella che Dio sia in ritardo, ma aggiungo subito: "Non in ritardo di amore".

E a dirmi in modo luminoso che lui non è in ritardo di amore, sono i suoi occhi colmi di pianto. E' scritto che si commosse profondamente, si turbò, scoppiò in pianto. Io non ho risposte sul dolore umano, tanto meno sul dolore innocente. Vi dirò anche che le risposte dei teologi - quelli della razza degli amici di Giobbe - non mi convincono. E' da anni - più di trenta - che mi lascio prendere da questo racconto, dal giorno in cui me ne venivo a casa con la domanda struggente di una bambina. Che, a suo modo, davanti alla morte della sua mamma accusava il ritardo di Dio: si chiedeva perché Dio e perché la sua mamma morta. Ricordo che quella sera, giunto a casa, mi venne spontaneo scrivere una preghiera, poche parole.

Mi venne da scrivere: Forse sogno o anche tu piangi di nascosto, o Signore, sul piccolo fragile volto d'una bimba che inquieta l'infinito silenzio del cielo. O forse già nel segreto le vai sussurrando: "Tua madre risorgerà"? Se tace il singhiozzo come un giorno a Betania poco fuori la casa è perché anche tu piangi, Signore. Non so se scandalizzo qualcuno dicendo che siamo nel tempo del ritardo di Dio, ma insisto ad aggiungere che non è un ritardo di cuore. E che la gloria di Dio - "se credi, vedrai la gloria di Dio" - saprà liberarci - e non chiedetemi come - dalla stretta della morte. Quelle parole che non furono definitive per Lazzaro, che conobbe ancora la stretta della morte, un giorno saranno definitive per ciascuno di noi: "Vieni fuori". Non sarà di certo una rianimazione, lasciamo a Dio la bellezza dell'immaginare, darà forma al "venir fuori dalla morte", alla stagione in cui farà cose nuove. Lasciamo a lui.

Ma perdonate se aggiungo un ultimo pensiero, sospinto dalla bellezza delle parole di Gesù. Dopo che Lazzaro uscì dal sepolcro, disse: "Liberatelo e lasciatelo andare". Non mi ero mai soffermato. Perdonate, è una mia interpretazione. Penso che qualcosa oggi tocchi a noi. Le parole mi sono risuonate come un invito a collaborare alla risurrezione. Ora tocca a voi: "Liberatelo e lasciatelo andare". Quasi Gesù ci volesse compagni di risurrezioni. Voi me lo insegnate: ci sono esperienze di morte prima della morte, ci sono esperienze di non vita prima della fine della vita, ci sono tombe di depressione in cui donne e uomini vivono murati. Non muriamoli di più con la nostra indifferenza o la nostra ferocia. Liberateli e lasciateli andare, collaborate alla risurrezione.

Io non ho potere di risurrezioni. Posso liberare da bende che legano mani e piedi, posso liberare da sudari che avvolgono visi. Posso provare la gioia di vedere donne e uomini andare: "liberateli e lasciateli andare".

 

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