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TESTO Se trovi l'amore, ritrovi te stesso e la tua vita

don Mario Simula  

IV Domenica di Quaresima - Laetare (Anno C) (31/03/2019)

Vangelo: Lc 15,1-3.11-32 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 15,1-3.11-32

1Si avvicinavano a lui tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. 2I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro». 3Ed egli disse loro questa parabola:

11Disse ancora: «Un uomo aveva due figli. 12Il più giovane dei due disse al padre: “Padre, dammi la parte di patrimonio che mi spetta”. Ed egli divise tra loro le sue sostanze. 13Pochi giorni dopo, il figlio più giovane, raccolte tutte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò il suo patrimonio vivendo in modo dissoluto. 14Quando ebbe speso tutto, sopraggiunse in quel paese una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. 15Allora andò a mettersi al servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei suoi campi a pascolare i porci. 16Avrebbe voluto saziarsi con le carrube di cui si nutrivano i porci; ma nessuno gli dava nulla. 17Allora ritornò in sé e disse: “Quanti salariati di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! 18Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; 19non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi salariati”. 20Si alzò e tornò da suo padre.

Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. 21Il figlio gli disse: “Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio”. 22Ma il padre disse ai servi: “Presto, portate qui il vestito più bello e fateglielo indossare, mettetegli l’anello al dito e i sandali ai piedi. 23Prendete il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, 24perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”. E cominciarono a far festa.

25Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; 26chiamò uno dei servi e gli domandò che cosa fosse tutto questo. 27Quello gli rispose: “Tuo fratello è qui e tuo padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo”. 28Egli si indignò, e non voleva entrare. Suo padre allora uscì a supplicarlo. 29Ma egli rispose a suo padre: “Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai disobbedito a un tuo comando, e tu non mi hai mai dato un capretto per far festa con i miei amici. 30Ma ora che è tornato questo tuo figlio, il quale ha divorato le tue sostanze con le prostitute, per lui hai ammazzato il vitello grasso”. 31Gli rispose il padre: “Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; 32ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”».

Il fascino di ciò che appaga immediatamente e crea piacere e soddisfazione agli occhi, al gusto, al tatto, alle orecchie; il fascino di tutte le esperienze che scatenano violente emozioni, sensibilità, risposte a poco prezzo per accontentare tutti i nostri sensi, è davanti alla porta della nostra vita e del nostro cuore. Ci troviamo immersi in questo mondo di “richiami” turbolenti, anche senza volerlo. Ma rappresentano sempre una lusinga, un desiderio e un bisogno al quale non sappiamo resistere.
La tentazione riguarda tutti, in modo diverso; ma riguarda tutti. L'attrattiva gioca il suo potere subdolo e ci offre in cambio un godimento immediato e ci impone una sottomissione senza condizioni. Tutto appare a portata di mano e tutto ciò che si prova diventa un bene irrinunciabile per la vita. Come se la vita non avesse altro da offrire.
Ti senti in certi momenti dentro la ragnatela dei tuoi istinti, delle tue pulsioni, delle forze meno belle e costruttive che giocano dentro di te?
La modernissima parabola del “padre misericordioso” ci mette a confronto con un giovane dei nostri giorni. Uno di quei giovani che escono fuori di sé, perdono l'orientamento, scelgono strade che sembrano facili, mentre sono irte di conseguenze dolorose per il corpo e per l'anima. Giovani che vanno via di casa, lasciando dietro di sé la bellezza di una vita semplice e sobria. Troppo semplice e sobria da sembrare monotona, senza brividi, scontata. Quindi da abbandonare.
Quante volte ci siamo trovati davanti a questo conflitto tra ciò che ci attrae e ciò che è giusto e buono? E quale è stata la nostra reazione, la decisione alla quale siamo arrivati?
Quel giovane, non dimentichiamolo mai, sono io, non importa se adolescente o adulto o anziano. Sono io che mi butto nelle esperienze più impensate e contraddittorie. Secondo la mia età. Sarà l'improvvisa crisi dell'amore coniugale, sentenziata con parole secche: “Non ti amo più!”. Sarà l'infatuazione di un momento che porta un giovane a tarparsi le ali divertendosi in giochi di amore che sconvolgono l'equilibrio interiore, affettivo e relazionale.
Sarà la mania di potere che si può impadronire di tutti noi, senza limiti di tempo e di stagioni della vita e qualunque sia la condizione sociale. Non esclusi i sacerdoti.
Esperienze che lasciano soltanto ferite aperte e dolorose.
Voglio andare via di casa.
Inizia un'avventura che passa dall'ebbrezza di un primo stordimento, alla nausea della vita in una porcilaia. Proprio quest'ultima condizione disperata, porta il giovane della parabola a “rientrare in se stesso”. Dove non arriviamo con la ragionevolezza e con l'amore, siamo costretti ad arrivarci per necessità e per disperazione. A meno che non ci capiti la disgrazia immane di chi si abitua alla condizione di “guardiano di porci”, confondendola con la beata sorte dell'uomo che pensa a “divertirsi”.
Proviamo talvolta questo dramma della lontananza e del fallimento?
Rientrare in noi stessi è un dono. Una grazia di predilezione che Dio non ci fa mai mancare. Richiede che io la accolga con cuore umile e docile.
Se rientro in me stesso si avvia quel processo di conversione che passa attraverso momenti cruciali. Tutti essenziali: mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: “Ho peccato”.
Scappo da me stesso o provo a rientrare in me stesso?
Se all'orizzonte della mia vita non intravedo la mia casa, nemmeno il padre intravede me. Se, invece, saprò prendere in mano la mia vita, con tutte le sue ferite e, trascinandomi, mi butterò per sentieri dolorosi e rigeneranti, il padre scorgerà la mia sagoma lontana. Mi riconoscerà più col cuore che con gli occhi. Inizierà il suo cammino verso di me. Mai interrotto, nell'attesa, ma ora a portata di cuore.
Mi vede, mi corre incontro, mi abbraccia e mi bacia. Non accetta pentimenti a metà. Sarà lui e lui solo a riabilitarmi alla vita e all'amore. “Preparate la festa, dopo aver tolto dagli scrigni l'anello d'oro, i calzari della regalità, il vestito nuovo”.
Il vitello grasso condirà di gioia irresistibile, l'avventura di un ritorno dalla perdizione e dalla morte.
L'amore di Dio non ha tempo per fare analisi scrupolose o ipocrite. Coglie il peccato e il pentimento e mette in moto la vita nuova. Nonostante il figlio maggiore, che, per parte sua, vive il peccato peggiore: quello di chi si ritiene senza peccato a tal punto che riesce ad accusare anche il padre di ingratitudine e di impudente parzialità.
Tuttavia, anche per il secondo figlio il padre esce e si colloca, stabile, sulla soglia, perché quel figlio “non vuole entrare”.
Si ostina nella sua lontananza da casa.

Dio ha sempre il cuore più grande. Sa che senza attese, senza avvistamenti d'amore, senza impazienze da innamorati non può esistere misericordia. E Dio, padre misericordioso, ricco di tenerezza e di amore, offre a noi le sue peregrinazioni per le strade, alla ricerca di un figlio perduto. Fare festa per lui, è congeniale, quando la vita prende il sopravvento sulla morte e un figlio ritorna a casa, perché ha nostalgia dell'abbraccio di misericordia, che ricompone l'armonia del cuore.

Gesù, credevo di essere stato furbo e libero andando via di casa invece ho trovato l'amarezza e la delusione.
Mi capita sempre così quando decido di allontanarmi da te. Per un attimo credo di aver conquistato il mondo e poi vado a finire in uno squallido letamaio.
Gesù, dammi la nostalgia di te, del tuo cuore, del tuo abbraccio, dei tuoi occhi, del tuo perdono. Per un attimo mi dimentico ma poi, riguardando dentro di me, mi ricordo che tu non mi lasci mai solo. Anche se sono lontanissimo tu mi insegui delicatamente come un appassionato della mia persona.
Vuoi riportarmi a te, al tuo amore, alla gioia del tuo perdono.
Io timido, non oso guardarti. Tu spezzi gli indugi e mi stringi frale tue braccia e per me non conosci rimproveri, ma soltanto la festa. Hai letto nel mio cuore e hai intravisto le tracce chiare dell'amore. Anche chi assaggia il fango, se ha un cuore buono, riesce ad amare.
Gesù, donami la grazia di un pentimento profondo e gioioso.
Donami la grazia di riconoscere i miei sbagli e la tua misericordia.
Donami la grazia del tuo perdono. Sono sicuro che il tuo amore irresistibile cambierà il mio cuore incerto.
Grazie Gesù, perché ci sei nella mia vita e ci sei con il tuo amore.
Grazie Gesù, perché con il tuo cuore copri la moltitudine dei miei peccati.

 

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