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TESTO Il vero protagonista è il padre

mons. Roberto Brunelli

IV Domenica di Quaresima - Laetare (Anno C) (31/03/2019)

Vangelo: Lc 15,1-3.11-32 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 15,1-3.11-32

1Si avvicinavano a lui tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. 2I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro». 3Ed egli disse loro questa parabola:

11Disse ancora: «Un uomo aveva due figli. 12Il più giovane dei due disse al padre: “Padre, dammi la parte di patrimonio che mi spetta”. Ed egli divise tra loro le sue sostanze. 13Pochi giorni dopo, il figlio più giovane, raccolte tutte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò il suo patrimonio vivendo in modo dissoluto. 14Quando ebbe speso tutto, sopraggiunse in quel paese una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. 15Allora andò a mettersi al servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei suoi campi a pascolare i porci. 16Avrebbe voluto saziarsi con le carrube di cui si nutrivano i porci; ma nessuno gli dava nulla. 17Allora ritornò in sé e disse: “Quanti salariati di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! 18Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; 19non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi salariati”. 20Si alzò e tornò da suo padre.

Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. 21Il figlio gli disse: “Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio”. 22Ma il padre disse ai servi: “Presto, portate qui il vestito più bello e fateglielo indossare, mettetegli l’anello al dito e i sandali ai piedi. 23Prendete il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, 24perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”. E cominciarono a far festa.

25Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; 26chiamò uno dei servi e gli domandò che cosa fosse tutto questo. 27Quello gli rispose: “Tuo fratello è qui e tuo padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo”. 28Egli si indignò, e non voleva entrare. Suo padre allora uscì a supplicarlo. 29Ma egli rispose a suo padre: “Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai disobbedito a un tuo comando, e tu non mi hai mai dato un capretto per far festa con i miei amici. 30Ma ora che è tornato questo tuo figlio, il quale ha divorato le tue sostanze con le prostitute, per lui hai ammazzato il vitello grasso”. 31Gli rispose il padre: “Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; 32ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”».

Oggi si legge la parabola detta del figlio prodigo (Luca 15,1-3.11-32): un immortale racconto che, pur nella sua brevità, delinea in modo indimenticabile la misericordia di Dio e la non-misericordia degli uomini. 


La storia, è noto, presenta un padre con due figli adulti, e un'azienda agricola da mandare avanti. Il figlio maggiore non dà problemi: serio, lavoratore, rispettoso del padre; il minore invece è inquieto, insofferente della monotonia quotidiana: vuole vedere il mondo, darsi alla bella vita. Perciò chiede e ottiene la sua parte di eredità e se ne va lontano, là dove può gozzovigliare a piacere; incurante del futuro, sperpera le sue sostanze e si riduce ben presto in miseria; costretto a lavorare (il lavoro più "sporco" che gli ebrei potessero concepire: accudire ai porci) e ciò nonostante a patire la fame, ricorda che a casa sua anche i dipendenti avevano da mangiare in abbondanza.

Il confronto lo porta a decidere: "Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi salariati". Detto fatto: stracciato e affamato, si mette in cammino verso casa. Il padre, pur avendo rispettato la sua libertà anche di sbagliare, non ha mai smesso di sperare nel suo ravvedimento; perciò al vederlo "ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò". Il figlio gli snocciola il discorsino che si era preparato, ma il padre non lo lascia neppure finire, e invece dà ordine ai servi di casa di rimetterlo in sesto con onore (mettendogli il vestito più bello, i sandali e l'anello al dito, come ai signori) e sacrificare il vitello grasso tenuto per le grandi occasioni: "mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato".


Il senso della storia è chiaro. Gesù presenta in quel padre "il" Padre, il Padre suo e nostro, il "Padre nostro che sta nei cieli". E quel figlio scapestrato siamo, tanto o poco, tutti noi, così come siamo, tanto o poco, anche il figlio maggiore il quale, continua la parabola, non accetta il comportamento del genitore: "Ecco, io ti servo da tanti anni, non ho mai disobbedito a un tuo comando, e tu non mi hai mai dato neppure un capretto per far festa con i miei amici. Ma ora che è tornato questo tuo figlio, il quale ha divorato le tue sostanze con le prostitute, per lui hai ammazzato il vitello grasso"! Invano il padre rivolge anche a lui la sua tenerezza: "Figlio, tu sei sempre con me; tutto ciò che è mio è tuo..." e fa appello agli affetti, ricordandogli che l'altro è suo fratello: "bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato".


Secondo criteri di stretta giustizia, il figlio maggiore forse non ha tutti i torti. Ma non si vive di sola giustizia; con la sua grettezza egli dimostra di non avere cuore, di essere insensibile persino ai vincoli familiari, insomma di non saper amare né di saper riconoscere l'amore di cui è circondato. Dovendo scegliere tra i due fratelli, la simpatia va tutta al minore, il quale certo ha sbagliato, ma è stato capace di ravvedersi, mentre l'altro non si sposta di un centimetro dalla sua meschinità. Sui due emerge tuttavia la sublime figura del padre, che corre incontro al figlio traviato e all'altro ricorda di non avere mai smesso di amarlo. E' lui, il padre, il vero protagonista della storia, alla quale per questo sarebbe più opportuno cambiare il titolo tradizionale, sostituendolo con 'La parabola del padre misericordioso'. Essa manifesta meglio di tante definizioni l'amore di Dio per noi. E quanto a noi, la parabola ci sollecita a tornare al Padre, se ne siamo lontani; riconoscere il suo amore, se siamo con lui; imparare da lui a perdonarci a vicenda i torti, veri o presunti, per rinnovare i rapporti tra noi basandoli sull'amore. Come lui fa con noi.


 

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