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TESTO Guide, maestri e frutti buoni

padre Antonio Rungi

VIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (03/03/2019)

Vangelo: Lc 6,39-45 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 6,39-45

In quel tempo, Gesù 39disse ai suoi discepoli una parabola: «Può forse un cieco guidare un altro cieco? Non cadranno tutti e due in un fosso? 40Un discepolo non è più del maestro; ma ognuno, che sia ben preparato, sarà come il suo maestro.

41Perché guardi la pagliuzza che è nell’occhio del tuo fratello e non ti accorgi della trave che è nel tuo occhio? 42Come puoi dire al tuo fratello: “Fratello, lascia che tolga la pagliuzza che è nel tuo occhio”, mentre tu stesso non vedi la trave che è nel tuo occhio? Ipocrita! Togli prima la trave dal tuo occhio e allora ci vedrai bene per togliere la pagliuzza dall’occhio del tuo fratello.

43Non vi è albero buono che produca un frutto cattivo, né vi è d’altronde albero cattivo che produca un frutto buono. 44Ogni albero infatti si riconosce dal suo frutto: non si raccolgono fichi dagli spini, né si vendemmia uva da un rovo. 45L’uomo buono dal buon tesoro del suo cuore trae fuori il bene; l’uomo cattivo dal suo cattivo tesoro trae fuori il male: la sua bocca infatti esprime ciò che dal cuore sovrabbonda.

La parola di Dio di questa ottava domenica del tempo ordinario si ci concentra u alcuni concetti: guide, maestri e frutti buoni. Partendo dal Vangelo, tratto da San Luca, questo riporta alcune espressioni di Gesù molto adatte a descrivere questo nostro tempo: "Può forse un cieco guidare un altro cieco?.. Il discepolo non è più del maestro...Togli la trave dal tuo occhio. Non c'è albero buono che faccia frutti cattivi, né albero cattivo che faccia frutti buoni. Si tratta del celebre discorso che Gesù pronuncia in pianura, dopo aver trascorso la notte in preghiera e dopo aver chiamato i Dodici ad essere suoi apostoli. Gran parte delle frasi sono state pronunciate da Gesù in altre circostanze, che però Luca le unificato in un solo gande discorso di nostro Signore. Gesù racconta una parabola ai discepoli: «Può forse un cieco guidare un altro cieco? Non cadranno tutt'e due in una buca?». Una parabola di una sola riga rivolta agli animatori delle comunità che si considerano padroni della verità, superiori agli altri. Per questo motivo sono guide cieche. Seguono poi alcune considerazioni che Gesù fa sulla figura del maestro e di conseguenza di quella del discepolo. E afferma che «Il discepolo non è da più del maestro; ma ognuno ben preparato sarà come il suo maestro». Gesù è il Maestro che non impartisce lezioni, ma vive con i suoi discepoli. La materia del suo insegnamento è lui stesso, la sua testimonianza di vita, il suo modo di vivere le cose che insegna.
Gesù in questo discorso, fa riferimento poi a riconoscere i propri grandi difetti e non ad evidenziare i piccoli difetti altrui, al punto tale che parla di pagliuzza nell'occhio del fratello che si vede perfettamente e di trave nel proprio occhi che non si vede affatto. Come dire che i difetti minimi degli altri subito si evidenziano; mentre i propri gravi difetti non si vedono. Gesù definisce ipocriti coloro che si comportano così ed invita tali soggetti a togliere prima la trave dal proprio occhio per vederci bene e poi, eventualmente, togliere la pagliuzza dall'occhio del proprio fratello. In altri termini, Gesù chiede un atteggiamento creativo che ci renda capaci di andare incontro all'altro senza giudicarlo, senza preconcetti e razionalizzazioni, accogliendolo da fratello.
Infine, con la parabola dell'albero che dà buoni frutti e quello cattivo frutti pessimi, Gesù vuole indirizzare la riflessione dei suoi ascoltatori sulla coerenza. Ogni albero infatti si riconosce dal suo frutto: non si raccolgono fichi dalle spine, né si vendemmia uva da un rovo». Una persona ben formata alla scuola dell'amore fa crescere dentro di sé una buona indole che la porta a praticare il bene, cioè «trae fuori il bene dal buon tesoro del suo cuore»; mentre la persona che non fa attenzione alla sua formazione avrà difficoltà a produrre cose buone. Anzi, «dal suo cattivo tesoro trae fuori il male, perché la bocca parla dalla pienezza del cuore».

E allora c'è da domandarsi: "Chi sono oggi le guide cieche?". Chi oggi può essere "un riferimento che sia come un faro della vita da seguire"?
Le guide cieche sono quelle persone che non vedono con gli occhi della fede e di Dio ciò che succede, e che conducono gli altri ad allontanarsi dall' idea stessa di Dio, della vita oltre la vita, del bene, della giustizia, della rettitudine, della vera morale e non dell'ipocrisia più totale.
Un giusto punto di riferimento, oggi, per seguire la luce del Vangelo, è il Santo Padre, Papa Francesco, ma sono pure tutti quei pastori che hanno a cuore il bene dei fedeli, che vivono santamente e coerentemente la loro fede, che non danno scandalo, come pure tutti i consacrati che si sono votati a Dio con la mente, il cuore e tutta l'esistenza e che seguono la via stretta dei consigli evangelici. Sono soprattutto quei genitori, adulti, educatori, a vario livello, che hanno a cuore il vero bene dei piccoli, dei giovani e dei grandi, bisognosi di essere guidati, mediante un opportuno discernimento della propria vocazione, partendo da una prospettiva di fede, che deve indirizzare le scelte.

In questo discernimento ci aiuta il testo della prima lettura di questa ottava domenica, tratta dal libro del Siràcide, noto come uno dei libri sapienziali dell'Antico Testamento, più seguito ed apprezzato per il suoi contenuti dottrinali ed operativi. Leggiamo, infatti, in esso che quando si scuote il setaccio restano i rifiuti ed è così per l'uomo quando parla e discute. Allora ne appaiono i difetti. Un esempio di come vanno vagliate le persone ci viene dal ceramista che mette a prova il valore della fornace, con la cottura dei vasi. Se essa è buona non rovina il cotto, ma se non è buona brucia il tutto. Così è anche per l'uomo. Se sa ragionare, diventa per lui il banco di prova del suo equilibrio mentale ed interiore. Altro esempio ci viene dalla coltivazione degli alberi. Se esso è coltivato bene, dà frutti adeguati, ma se è trascurato non produce nulla. Così avviene per chi usa la parola e il linguaggio umano. Se esso è coltivato bene esprime giusti pensieri del cuore, ma se non è coltivato, non dice nulla o dice cose assurde. A conclusione di tutta questa esemplificazione c'è un suggerimento molto utile da tenere in dovuta considerazione: “Non lodare nessuno prima che abbia parlato, poiché questa è la prova degli uomini”. Il valore della comunicazione è qui messo in risalto per dire che ogni persona che si relaziona ad altre deve essere accorta al modo di dire e a cosa dire.

Perciò, l'Apostolo Paolo nel testo della seconda lettura di questa domenica, tratto dalla sua prima lettera ai Corìnzi, ci invita a rimanere saldi e irremovibili nella fede, progredendo sempre più nell'opera del Signore, sapendo che la nostra fatica non è vana nel Signore. Ogni lavoro fatto con amore, passione e donazione porta il frutto che ci si aspetta per il proprio bene spirituale.

Una bellissima poesia del poeta romano Trilussa, adattata da me, dice: "Nella notte in cui mi sono perso in mezzo al bosco, incontrai una vecchietta cieca che mi disse: “Se la strada non la conosci ti ci accompagno io, che la conosco. Se hai la forza di venirmi dietro, di tanto in tanto, ti darò una voce, fino arrivare in fondo, dove c'è un cipresso o fino alla cima dove c'è una croce. Io risposi: Sarà, ma la trovo strana una simile proposta da chi non ci vede per niente. La cieca, allora, mi prese la mano e mi disse: guarda avanti e cammina con me accanto. Capii subito momento che si trattava di una cosa importante a tenermi per mano, a guidarmi nel buio della notte e nello smarrimento più totale. Era la fede che mi prese per mano in quel momento e poi mi guidò per sempre.
Con grande senso di responsabilità ci rivolgiamo a Dio con queste parole della colletta di oggi: “La parola che risuona nella tua Chiesa, o Padre, come fonte di saggezza e norma di vita, ci aiuti a comprendere e ad amare i nostri fratelli, perché non diventiamo giudici presuntuosi e cattivi, ma operatori instancabili di bontà e di pace”. Amen.

 

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