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TESTO Commento Matteo 11,25-30

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XIV Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (03/07/2005)

Vangelo: Mt 11,25-30 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo Gesù disse: 25«Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. 26Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. 27Tutto è stato dato a me dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo.

28Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. 29Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. 30Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero».

* I bambini spesso con i loro perché mettono in difficoltà i grandi. Un filosofo famoso (Heidegger) diceva ai suoi allievi: "se volete progredire, in filosofia come in religione, fatevi interrogare da un bambino... non vi sarà possibile dare sempre una risposta, ma vi farà avvicinare alla verità". Dio rivela la verità ai piccoli...

Le domande dei bambini sono allo stesso tempo semplici e profonde, in realtà sono le stesse domande che gli adulti hanno smesso di farsi, forse perché pensano sia inutile cercare una risposta, e così i grandi si distraggono con tante altre questioni che ritengono più serie...

Al bambino forse gli capita una volta di vedere un documentario in cui un leone sbrana un cerbiatto e se ne esce: "papà, perché si deve morire?" Il genitore dopo aver cercato di abbozzare una qualche risposta, torna con i suoi pensieri ai problemi che magari ha con il capufficio...

* Dai vangeli noi sappiamo che Gesù era un uomo di preghiera, che tante volte passava la notte in disparte a pregare, che ha insegnato ai suoi discepoli il Padre Nostro... però, ad eccezione del vangelo di Giovanni, gli altri tre vangeli (Mt, Mc, Lc) poco o nulla ci tramandano sul come Gesù pregava il Padre, e sul che cosa Gesù diceva nei momenti di preghiera. Una di queste rare volte è quella del Getsemani, in cui Gesù prega il Padre di allontanare il calice della sofferenza e della croce che gli sta davanti... L'unica altra volta è quella che abbiamo appena ascoltato dal vangelo di oggi: Ti lodo, ti benedico, ti ringrazio (tutti questi sensi ha la parola greca originale), o Padre, Signore del cielo e della terra, che hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate, le hai svelate ai piccoli, ai bambini, ai semplici, ai poveri.

* Queste poche ma essenziali parole che escono dalla bocca di Gesù rivelano qual era la sua spiritualità, soprattutto ci svelano il suo rapporto confidenziale, familiare, di figlio verso Dio Padre; la sua preghiera consiste in fondo nel "fare i complimenti a Dio", consiste nell'esprimere contentezza, lode, gioia: Gesù stesso si dimostra come un bambino che è pieno di sorpresa nello scoprire come Dio la pensa sugli uomini e sul mondo; inoltre ci fanno vedere come Gesù "fa teologia", cioè come egli pensa le cose di Dio e prega a partire dalla realtà che gli sta di fronte, a partire dall'esperienza che fa. Questa esperienza era quella di costatare come i piccoli, i bambini, i poveri e i peccatori accoglievano con gioia la buona notizia del regno di Dio, mentre i sapienti e i dotti del tempo, cioè gli scribi e i farisei, dall'alto del loro sapere e della loro ricchezza, si ostinavano a rifiutare il vangelo

* I sapienti e gli intelligenti, come i ricchi e i potenti di ogni tempo respingono la novità del regno perché presumono di sapere già chi è Dio, e il loro benessere sociale ed economico li fa illudere di bastare a se stessi, di non aver bisogno di cambiare vita, di non aver bisogno della grazia e del perdono...

Anche la preghiera di Maria, contenuta nel Magnificat è in perfetta sintonia con quella di Gesù: Il mio spirito esulta in Dio, perché ha guardato agli umili, ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore, ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili, ha ricolmato di beni gli affamati, ha rimandato i ricchi a mani vuote...

* "Che cos'è l'umiltà?", potrebbe essere una di quelle domande difficili che solo i bambini sanno fare. La parola italiana viene dal latino "humus", cioè quel terreno ricco di sostanze vegetali in decomposizione che è particolarmente adatto ad accogliere e a far germogliare il seme... Essere umili, non significa disprezzarsi, annullarsi o scomparire... ma riconoscere come si è veramente: ricordarsi che si è humus, cioè che "si è polvere e polvere si ritornerà" - come dice la Bibbia (Gen 3,19) - e che però questo humus è il materiale ideale per ricevere l'alito di Dio, il suo Spirito che infonde la vita (cf. Adamo), è quel terreno adatto per ricevere e far fruttificare il seme della Parola di Dio. I nostri fallimenti, i nostri sbagli, perfino i nostri peccati - se riconosciuti: ecco l'umiltà - possono diventare quel terreno particolarmente fertile e accogliente per ricevere il dono di Dio, per fare l'incontro più decisivo di tutta la vita, quello cioè con la misericordia di Dio. Incontro con la sua "misericordia", cioè con il suo "cuore per i miseri", il suo amore preferenziale per i piccoli, i poveri, i peccatori...

* C'è un episodio nella vita di un santo austriaco dell''800, San Clemente, che rappresenta bene l'immagine viva di che cosa è umiltà: una volta andava a fare la questua per i suoi orfani e, passando a chiedere in una locanda, uno dei clienti gli sputò in faccia; "questo era per me ed era giusto" gli disse San Clemente, "ora però, ti prego, dammi qualcosa per i miei orfani..." I biografi raccontano che quest'uomo fu talmente colpito dall'umiltà del santo che cambiò vita e divenne un benefattore.

* L'umiltà è il fondamento di tutte le virtù cristiane, avendole tutte, senza l'umiltà non si è graditi a Dio, avendo invece l'umiltà, anche senza avere ancora tutte le altre virtù, si è a Lui graditi. È da Gesù che si impara l'umiltà, ci lo dice sempre il vangelo di oggi: imparate da me che sono mite e umile di cuore.

I piccoli, i poveri, come i bambini - e Gesù ne è il modello - sanno penetrare i misteri del Regno, la loro umiltà attira la misericordia e l'amore preferenziale di Dio. Impariamo da loro a lasciarci amare e condurre nella vita, e - come ci promette il vangelo di oggi - troveremo ristoro per le nostre anime.

Commento a cura di don Pino Pulcinelli

* Per commentare il vangelo di questa domenica vorrei raccontarvi qualcosa della mia esperienza. Da alcuni mesi mi trovo a vivere e lavorare pastoralmente in Mozambico (Africa australe), e mi sembra di aver già imparato alcune cose che mi aiutano a comprendere (e a vivere) di più il Vangelo. Ho fatto più volte l'esperienza di leggere il vangelo della domenica insieme a piccoli gruppi di persone, ricevendo più di quello che pensavo di dare. Come quella volta...

* In una costruzione (chiesetta) vecchia e un po' diroccata, che fino a pochi anni fa serviva come scuola nei giorni feriali e cappella alla domenica, mi ritrovo con un gruppo di circa venti persone. Da un lato le donne, sedute per terra su delle stuoie, molte di loro con un bambino in braccio; dall'altro lato gli uomini, seduti su sedie improvvisate (un pezzo di tronco, alcuni mattoni..). Si canta un inno di apertura (Ritu dra Xikuembu hi utomi: la Parola di Dio è vita), poi si legge il vangelo, nella lingua locale e poi nella lingua ufficiale del paese, il portoghese. Dopo alcuni istanti di silenzio spontaneamente le persone prendono la parola per ringraziare, lodare e commentare il testo che hanno ascoltato (io devo ancora chiedere l'aiuto di un interprete, perché capisco solo poche parole).

* Anch'io faccio il mio intervento, ma sento che la riflessione preparata in casa non va più bene, non posso fare a meno di esprimere cosa quella parola dice a me, al cuore più che alla testa. Loro mi ascoltano con attenzione, ma io mi sento un po' in difficoltà. Nelle loro parole risuona il ringraziamento, la fiducia nella protezione di Dio, la speranza per un raccolto generoso, per la guarigione dei loro malati... Io penso a me e alle mie "sicurezze" di vita; anch'io esprimo la mia fede nella Parola di Dio, ma mi sembra di essere molto al di qua della loro, perché al tempo stesso posso contare con molte altre sicurezze che loro non hanno (una casa stabile, un cibo sicuro e sostanzioso, medici e medicine in caso di malattia...).

Devo sforzarmi per frenare le lacrime, e sento spontaneamente nascere in me le parole di lode e ringraziamento che Gesù rivolge al Padre nel vangelo di oggi: "ti benedico, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai tenuto nascosto queste cose agli intelligenti e le hai rivelate ai semplici...". La maggioranza delle persone che mi sta di fronte non sa leggere e scrivere, qualcuno ha frequentato qualche anno di scuola, non contano nulla per i grandi della terra; eppure quando queste persone ascoltano e fanno risuonare il vangelo io mi sento pertanto più vicino alla Parola, che per loro è come spontaneamente vicina la loro vita; sento che le loro parole riflettono una spontanea sintonia con Gesù. In quel momento mi rendo conto che tutti gli anni spesi a studiare la filosofia, la teologia e la Bibbia dovevano portarmi qui, a stupirmi sempre di nuovo di fronte al vangelo accolto dai semplici.

* Non racconto questa esperienza come se fosse l'unica cosa che conta nell'evangelizzazione; anzi, l'esperienza insegna a riconoscere che anche per queste persone semplici è difficile mettere in pratica il Vangelo superando i propri egoismi e facendo di Gesù il vero maestro della propria vita. Tuttavia quanto avviene leggendo il vangelo con le persone semplici dei villaggi della nostra missione mi sembra il miglior commento al grido di giubilo di Gesù al Padre: ancora oggi Dio tiene nascosto il mistero del Figlio a chi si sente intelligente e lo fa conoscere a chi è umile e "ignorante", cioè non fa di ciò che sa e che ha la sua salvezza, ma si apre alla salvezza che viene da Dio attraverso Gesù.

Anche oggi Gesù, attraverso i suoi testimoni, incontra persone semplici che accolgono con fede la sua parola; anche oggi, attraverso i suoi testimoni, Gesù innalza a Dio il suo grido di lode: grazie, papà, perché mentre coloro che decidono le sorti del mondo si servono del tuo nome per affermare i loro interessi, le persone semplici che non contano nulla gioiscono nel sentire l'annuncio del vangelo. Ancora oggi Gesù rimprovera le città che non accolgono la sua parola, nonostante i segni in esse compiute, come ha fatto quel giorno con Betsaida, Corazim, Cafarnao.

* Possiamo ascoltare Gesù mentre parla con il Padre (non sono molte le occasioni in cui il vangelo ci trasmette la memoria di questi lunghi e frequenti dialoghi!). Poi Gesù, quasi continuando la lode iniziata, si rivolge a noi: il Padre mi ha concesso tutto, mi ha affidato il compito di far conoscere all'umanità tutto il suo cuore, tutta la sua volontà di alleanza, mi ha mandato come il cammino unico per arrivare a Lui.

Senza accorgerci, mentre ascoltiamo Gesù, entriamo anche noi a far parte della schiera dei semplici che possono entrare nel mistero di Dio. E per aiutarci a deciderci Gesù trasforma la sua lode in forte invito: venite a me! Chiama coloro che sono stanchi e oppressi: al tempo di Gesù l'oppressione poteva venire dal controllo politico dei romani, o, in campo religioso, dal peso dei molti precetti derivati dalla legge. Oggi, nonostante le molte libertà ottenute in svariati campi, abbiamo ancora bisogno di qualcuno che ci chiami a sé e ci dia sollievo.

* Gesù sa che la vita non è solo serenità ma anche fatica, è anche un "giogo", come quello che si applicava agli animali per lavorare ma anche agli uomini per trasportare pesi... La proposta di Gesù è di sostituire i nostri gioghi con il suo, che è leggero. Il "giogo" della croce che Gesù ha caricato sulle sue spalle non è stato piccolo, e tuttavia lui lo ha accettato come un giogo "leggero", e lo propone a noi come giogo dolce (domenica scorsa Gesù chiedeva di prendere la propria croce e seguirlo per poter essere degni di Lui!).

Come è riuscito Gesù ad accogliere il giogo più pesante (il sacrificio della vita) come "leggero"?

Perché si riconosce mite e umile di cuore. Il mite è la persona che è in pace con se stessa, che non ha bisogno di far guerra agli altri per affermare il suo valore nascondendo le sue debolezze. A questa persona nella Bibbia Dio promette l'eredità, la terra, la vita. L'umile di cuore è colui che riconosce il suo giusto posto in rapporto a Dio, colui che si accetta come creatura che non può sostituirsi al creatore. Sono queste alcune delle qualità che Gesù presenta per essere imitato: chi impara da lui troverà riposo per la sua vita. Mite e umile è anche il ritratto del re ideale che Zaccaria descrive nella prima lettura e che la tradizione riconosce come la promessa del Messia futuro.

* Il cristiano, il discepolo che decide di seguire il maestro, è già passato sacramentalmente attraverso il "giogo della croce" quando ha ricevuto il battesimo; vive già sotto il "giogo soave" della risurrezione. Ma ha il compito di realizzare, cioè di rendere vero e reale per sé, nella sua vita concreta, questo dono che Cristo ha guadagnato per tutti.

Le persone miti e umili che ho incontrato in quel villaggio sanno bene che la loro vita è un peso, ma sanno anche che è un peso dolce se portato in compagnia di Gesù, che pur essendo Dio si è fatto molto vicino a loro, li ha raggiunti nella loro estrema piccolezza e povertà. E io?

Commento a cura di padre Gianmarco Paris

 

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