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TESTO Ospitare Gesù!

don Maurizio Prandi

IV Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (03/02/2019)

Vangelo: Lc 4,21-30 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 4,21-30

In quel tempo, Gesù 21cominciò a dire nella sinagoga: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato».

22Tutti gli davano testimonianza ed erano meravigliati delle parole di grazia che uscivano dalla sua bocca e dicevano: «Non è costui il figlio di Giuseppe?». 23Ma egli rispose loro: «Certamente voi mi citerete questo proverbio: “Medico, cura te stesso. Quanto abbiamo udito che accadde a Cafàrnao, fallo anche qui, nella tua patria!”». 24Poi aggiunse: «In verità io vi dico: nessun profeta è bene accetto nella sua patria. 25Anzi, in verità io vi dico: c’erano molte vedove in Israele al tempo di Elia, quando il cielo fu chiuso per tre anni e sei mesi e ci fu una grande carestia in tutto il paese; 26ma a nessuna di esse fu mandato Elia, se non a una vedova a Sarepta di Sidone. 27C’erano molti lebbrosi in Israele al tempo del profeta Eliseo; ma nessuno di loro fu purificato, se non Naamàn, il Siro».

28All’udire queste cose, tutti nella sinagoga si riempirono di sdegno. 29Si alzarono e lo cacciarono fuori della città e lo condussero fin sul ciglio del monte, sul quale era costruita la loro città, per gettarlo giù. 30Ma egli, passando in mezzo a loro, si mise in cammino.

Un nuovo inizio:
1) inizio dei segni aCana due domeniche fa
2) domenica scorsa l'inizio del vangelo e l'inizio della vita pubblica di Gesù
3) oggi la vocazione di Geremia e l'inizio del cammino di Gesù verso Gerusalemme, il vangelo di oggi infatti si conclude proprio così: si mise in cammino. E quel ripetere il versetto con cui terminava il vangelo della scorsa settimana lo sento per me come un invito forte a pensare alla vita di tutti i giorni come un nuovo inizio, un "oggi" nel quale sono chiamato ad ascoltare e fare la Parola di Dio secondo la chiave di lettura che Gesù da con la sua vita.
Spero che anche per me finalmente valga questo mettermi in cammino perché ho paura che sia vero quanto don Giuliano Zanchi diceva venerdì sera ai catechisti della Diocesi di Chiavari: le nostre comunità rischiano sempre più spesso di essere luoghi nei quali si parla tanto e poi la vita cristiana concreta non esiste; quell'oggi, cioè l'ora di ascoltare e fare, potrebbe non arrivare mai. La vita cristiana, ci veniva detto, se non è vita (scelte concrete), non è cristiana! È necessario dare alla vita quotidiana la forma del vangelo, come singoli e come comunità, fare cose cristiane prima di dire parole religiose. Il mio oggi, il nostro oggi comunitario come realtà nella quale possiamo imparare ad amare ed amare davvero, perché come ci ha detto A. Potente durante un incontro, non posso amare platonicamente, devo amare davvero: ho bisogno di spazi, ho bisogno di volti, ho bisogno di restare dentro ad una realtà concreta.

Il testo del vangelo ci invita ancora una volta a non fermarci a quello che appare a prima vista, ma ad andare oltre, perché c'è di più di quello che vedo da fuori, c'è di più di quello che posso leggere su un documento di identità. Sempre oltre, sempre oltre è la tua tenda, il tuo infinito cammino sia il nostro o Signore. Sono le parole di una preghiera di padre Vannucci. Parole che mi sono venute in mente ascoltando questo brano di vangelo che mi rimanda ad una tentazione che credo sempre viva all'interno della chiesa e di ogni credente in generale, tentazione a cui gli abitanti di Nazareth hanno dato una voce ben precisa: ma quello è il figlio di Giuseppe! Lo conosciamo!!! ma chi è veramente Gesù? È il figlio del falegname o il figlio di Dio?
Il vangelo ci parla di una chiusura: chiusura da parte dei suoi concittadini, una chiusura che viene dal pretendere:
a) pretendere di avere più diritti degli altri (se ha fatto miracoli a Cafarnao... prima veniamo noi che siamo suoi concittadini!!! Il contemporaneo ed escludente motto: prima i nostri, mette le sue radici molto indietro nel tempo, in chiara opposizione al pensiero di Gesù e del suo Vangelo).
b) Pretendere di conoscere.
c) Pretendere un miracolo. Quando pretendi ti chiudi, quando comandi ti chiudi, quando riduci tutto alla tua misura ti chiudi; quella era la misura di chi era convinto di conoscere Gesù: so chi è, so cosa fa. La mia misura, come dicevo incasella. A volte è anche la misura della nostra memoria: si è sempre fatto così; ma non sappiamo andare al di là di quanto in effetti ci ricordiamo noi e perdiamo dei pezzi! La misura di Dio invece è un'altra: è amare senza misura, dare lo Spirito senza misura, è una buona misura pigiata, scossa e traboccante. La misura di Dio pero, è non avere misure.

Di fronte alla chiusura dei suoi concittadini, Gesù si mette in cammino (anzi, cammina continuamente come suggerisce l'imperfetto del Vangelo: passando in mezzo a loro, camminava); i nazaretani invece cercano di avvolgere Dio, addomesticarlo, piegarlo a loro per farsi obbedire. Ecco che nasce il rifiuto di Gesù, della sua persona e del volto di Dio che lui è venuto a rivelare. Dal riempirsi della Parola al riempirsi di sdegno! Di fronte alla pretesa del miracolo, da che mondo e mondo non si è mai visto che un profeta non compia segni straordinari proprio nel luogo dove è nato, Gesù risponde con due episodi della Scrittura, episodi che parlano di vite di persone nelle quali Dio ha potuto operare proprio perché non c'era nessuna pretesa riguardo ad un intervento divino: la vedova in Zarepta di Sidone e Naamàn il Siro ovvero due situazioni limite, la fame e la malattia.

E la chiesa ci fa ri-ascoltare quanto domenica scorsa già ci è stato proposto: Oggi si è compiuta questa parola; letterale: oggi si è riempita (lo anticipavo qualche riga sopra) questa scrittura nei vostri orecchi. Una parola che è arrivata a pienezza mi viene da dire, quando è che la parola di Dio giunge a pienezza? Quando, e torno all'idea iniziale, questa parola prende carne, quando prende vita, quando io riesco a darle vita, quando concretamente riesco a viverla.

La Parola si compie non quando la uso, (e quante volte capita: sia nella chiesa quanto in altri ambiti come ad esempio la politica), ma quando docilmente la accolgo e altrettanto docilmente la porgo, la restituisco ai miei fratelli e alle mie sorelle. Perché possa riempirsi nelle mie orecchie, la parola non può essere semplicemente un libro ma deve essere una persona, deve essere Gesù altrimenti continuerò a stiracchiarla da una parte e dall'altra per farle dire quello che voglio. Continueremo a stiracchiarla nella chiesa, continueranno a stiracchiarla i politici. Gesù, parola viva, non puoi stiracchiarlo però, perché la sua vita è quella, punto e basta. La sua vita è condivisione, perdono, accoglienza, disponibilità, dedizione, dono, offerta, ascolto. Il problema perciò, non è soltanto quello di sapere, di conoscere, di essere informati, ma è quello di ospitare una presenza viva con tutta la sua imprevedibile libertà (don L. Pozzoli).

Ospitare Gesù è provare a leggere l'agire di Dio nelle cose più semplici, nelle cose più quotidiane, negli incontri che viviamo; ospitare Gesù è ospitare una Parola che non trasmette informazioni ma la disponibilità di un amore donato gratuitamente.
Quotidianamente vedevano Gesù, forse è per quello che hanno pensato che essendo il figlio del falegname non aveva niente da raccontare loro e quindi non lo ospitavano; ospitare Gesù significa lasciarlo lavorare in noi.

Signore Gesù, vorremmo avere l'esclusiva dell'incontro con te, ma tu sei sempre oltre ogni dimora che ci piacerebbe assegnarti. Insegnaci a riconoscere la tua presenza là dove meno ce lo aspettiamo, al di fuori dei nostri confini, in quelle terre straniere che così spesso ci rifiutiamo di visitare a partire dal nostro oggi, talvolta così doloroso e difficile da riconoscere.

 

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