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TESTO Un Amore nelle mie mani da mendicante

don Mario Simula  

IV Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (03/02/2019)

Vangelo: Lc 4,21-30 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 4,21-30

In quel tempo, Gesù 21cominciò a dire nella sinagoga: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato».

22Tutti gli davano testimonianza ed erano meravigliati delle parole di grazia che uscivano dalla sua bocca e dicevano: «Non è costui il figlio di Giuseppe?». 23Ma egli rispose loro: «Certamente voi mi citerete questo proverbio: “Medico, cura te stesso. Quanto abbiamo udito che accadde a Cafàrnao, fallo anche qui, nella tua patria!”». 24Poi aggiunse: «In verità io vi dico: nessun profeta è bene accetto nella sua patria. 25Anzi, in verità io vi dico: c’erano molte vedove in Israele al tempo di Elia, quando il cielo fu chiuso per tre anni e sei mesi e ci fu una grande carestia in tutto il paese; 26ma a nessuna di esse fu mandato Elia, se non a una vedova a Sarepta di Sidone. 27C’erano molti lebbrosi in Israele al tempo del profeta Eliseo; ma nessuno di loro fu purificato, se non Naamàn, il Siro».

28All’udire queste cose, tutti nella sinagoga si riempirono di sdegno. 29Si alzarono e lo cacciarono fuori della città e lo condussero fin sul ciglio del monte, sul quale era costruita la loro città, per gettarlo giù. 30Ma egli, passando in mezzo a loro, si mise in cammino.

Amare è scomodo. Annunciare l'amore è scomodo. Vivere l'amore è scomodissimo.
Dio ha scelto ciascuno di noi, come ha fatto con il profeta Geremia, prima che venissimo formati nel grembo di nostra madre. La prima e più amabile scintilla d'amore, scaturisce dal cuore amante di Dio ed è destinata a te e a me. Dio sa soltanto amare, sa soltanto diffondere amore, sa chiamarci soltanto a portare il suo amore del quale, noi per primi, abbiamo fame e sete.
Dio ci ha pensati nel suo segreto. Non ci ha voluti per caso, ma con un compito: annunciare a coloro che calpestano le nostre stesse strade e vivono nella porta accanto o nelle periferie inospitali e disumane, la sua tenerezza coraggiosa che non sa fare distinzioni.
Dio ci manda anche a chi non ascolta l'amore e vive nella violenza e, per non essere disturbato nei suoi progetti, ci vede come nemici, come persone scomode che turbano i loro sonni fatti di cattiveria e di odio per l'uomo.
Noi non dobbiamo temerli. Altrimenti perdiamo l'amore che è in noi, diventiamo paurosi e permettiamo che il male si diffonda a scapito dei semplici e dei poveri.
L'amore è più forte di ogni violenza, di ogni emarginazione, di ogni indifferenza. L'amore porta scritto dentro di sé il DNA della vittoria. Alla fine rimarrà solo l'amore.
Ma se a rifiutarlo sono proprio i vicini, coloro che dovrebbero esserne i testimoni, sarebbe come imbavagliare l'amore invece che condividerlo.
Lascia senza respiro la scena drammatica di Gesù a Nazareth, tra i suoi. Quella gente passa dall'ascolto entusiasta al rifiuto totale del Maestro. E' gente che non ama ascoltare la Parola liberante di Gesù. Vuole soltanto vedere miracoli. Sa vivere soltanto di sensazioni.
Per dar peso alle sue ragioni e alla sua indifferenza, ironizza su Gesù: Lui, che si crede il medico, curi se stesso! Come è vero che nessuno è profeta nella sua patria! Non è bene accetto. E' scacciato.
Perché l'amore si manifesta nei piccoli gesti, nelle attenzioni sconosciute, nella delicatezza garbata e accogliente, nella percezione sottile di coloro che veramente soffrono.
E' questa la nostra esperienza: grandi e piccoli, o preferiamo i “gesti clamorosi”?
Gesù attraversa quella folla che lo vuole gettare dalla rocca di Nazareth, con un volto forte e irresistibile. Un volto che l'amore rende penetrante e deciso.
Ogni comunità è “patria” di Gesù.
Chiediamoci, ancora una volta: Ci lasciamo curare dalle sue parole? O anche per noi Gesù è soltanto il figlio del falegname? Chi si crede di essere? La conseguenza è che le nostre comunità pullulano di persone che non cercano il bene di tutti, ma sono come battitori liberi. Ciascuno si sente custode unico della verità. Ancora una volta: dove si è nascosto l'amore dentro le nostre chiese?
Il modo di fare e di pensare indifferente o appariscente, può diffondersi anche tra i ragazzi, nei piccoli gruppi. Lo possiamo notare quando si pensa di avere l'esclusiva dell'importanza e dei compiti, quando non si accolgono i lontani, quando si ironizza su chi non la pensa come noi, quando ci sentiamo migliori di tutti gli altri.
Eppure Paolo è molto chiaro nella lettera che spedisce ai cristiani di Corinto, quindi ai cristiani di oggi: “Voi potrete fare qualsiasi prodigio, potrete avere tutti i doni, potrete trasportare le montagne, potrete spogliarvi di ogni bene per gli altri, permettere anche che brucino il vostro corpo. Ma se non avete la carità a che cosa vi serve?”.
Si, a che cosa vi serve? A che cosa ci serve ogni opera di cui possiamo vantarci se poi non ci amiamo? E' terribile essere presuntuosi per i doni ricevuti e che riteniamo di nostra proprietà e poi non sapere amare. L'amore produce frutti. Frutti straordinari.
Rende il nostro cuore grande. Lo piega dolcemente alla benevolenza. Annienta l'invidia. Non ha di che vantarsi o di che inorgoglirsi. Sa guardare, faccia a faccia l'altro, come persona ricca di dignità, di rispetto.
L'amore non è interessato, è gratuito: “Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date”. Non è violento l'amore; ma nemmeno si adira, sa passare oltre il male che riceviamo, anche se prova tristezza per l'ingiustizia. L'amore sa scusare, si fida, sopporta perché lo anima la speranza. E mentre tutti i doni, quelli di cui ci vantiamo, scompariranno, l'amore non avrà mai fine. Perché l'Amore è Dio. Dio è Amore.
Se avremo amato, il fuoco dell'amore ci condurrà a conoscere Dio faccia a faccia, non più come in uno specchio. Dentro quell'incandescienza tutti ci ritroveremo perché l'amore ci avrà presi per mano e ci avrà accompagnati davanti al volto di Dio.

Gesù, mi sento schierato dalla tua parte mentre i tuoi compaesani ti deridono, ti rifiutano e vogliono farti morire. Però mi chiedo, Gesù: Se tu mi domandessi di vivere un amore esigente, radicale e pieno, rimarrei ancora accanto a te o passerei anche io dall'altra parte ad urlare perché tu venga buttato giù dalla rupe di Nazareth?
Gesù, sento che dentro di me ci sono queste due persone: una che ama, una che uccide.
Gesù, entra senza riguardo in mezzo ai rovi del mio cuore e libera in me l'amore vero: faticoso e dolce, incompreso ma perseverante, frainteso ma vero.
Gesù, libera in me l'amore che sa guardare il bene, che alimenta il bene, che si schiera dalla parte del bene.
A me basta poco perché l'amore che provo si trasformi in rancore, in emarginazione, nell'indifferenza che uccide. Basta poco, anche una semplice supposizione.
Gesù, tu mi conosci da sempre. A memoria. Conosci di me anche gli aspetti meno belli. Eppure presti un'attenzione meticolosa alla mia persona: non ti abitui mai nel guardarmi, nell'amarmi, nel cercarmi se mi smarrisco.
Gesù, ho bisogno, estremo bisogno, delle tue attenzioni premurose, delle tue cure anche se dolorose, della tua presenza anche se illumina l'oscurità della mia vita inospitale e avara nell'amore.
Però, Gesù, c'è un'altra esperienza che mi sconvolge in maniera incredibile, incomprensibile: nonostante tu sappia chi sono io, mi mandi ugualmente a gridare l'amore, a testimoniare l'amore, a morire d'amore. Lo sai quanto a me costi morire d'amore. E tu mi mandi.
Allora mi ami davvero! Allora, Gesù, ti fidi davvero di me! Allora, Gesù, non mi ritieni un caso disperato! Visto che sai vedere in me i margini per una vita nuova, sempre alla ricerca del volto di Dio Padre e del suo Spirito d'amore, aiutami a trovarti dentro lo specchio imperfetto di ogni giorno, in attesa di una contemplazione piena, mozzafiato, sovraumana, estasiante, definitiva.
Non ci capisco nulla, Gesù. Eppure desidero, con tutto me stesso, dividere l'amore che ancora non capisco: sarebbe la mia beatitudine. E' la beatitudine dell'amore.

 

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