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don Luciano Cantini  

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IV Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (03/02/2019)

Vangelo: Lc 4,21-30 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 4,21-30

In quel tempo, Gesù 21cominciò a dire nella sinagoga: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato».

22Tutti gli davano testimonianza ed erano meravigliati delle parole di grazia che uscivano dalla sua bocca e dicevano: «Non è costui il figlio di Giuseppe?». 23Ma egli rispose loro: «Certamente voi mi citerete questo proverbio: “Medico, cura te stesso. Quanto abbiamo udito che accadde a Cafàrnao, fallo anche qui, nella tua patria!”». 24Poi aggiunse: «In verità io vi dico: nessun profeta è bene accetto nella sua patria. 25Anzi, in verità io vi dico: c’erano molte vedove in Israele al tempo di Elia, quando il cielo fu chiuso per tre anni e sei mesi e ci fu una grande carestia in tutto il paese; 26ma a nessuna di esse fu mandato Elia, se non a una vedova a Sarepta di Sidone. 27C’erano molti lebbrosi in Israele al tempo del profeta Eliseo; ma nessuno di loro fu purificato, se non Naamàn, il Siro».

28All’udire queste cose, tutti nella sinagoga si riempirono di sdegno. 29Si alzarono e lo cacciarono fuori della città e lo condussero fin sul ciglio del monte, sul quale era costruita la loro città, per gettarlo giù. 30Ma egli, passando in mezzo a loro, si mise in cammino.

«Non è costui il figlio di Giuseppe?»
Contrariamente a Matteo (13,53-58) e Marco (6,1-6) che riportano la reazione negativa degli abitanti di Nazareth - ambedue dicono che l'atteggiamento di Gesù era per loro motivo di scandalo - Luca sembra invece raccontarci un atteggiamento all'inizio positivo: descrive la meraviglia per le parole di grazia - espressione assai forte - che uscivano dalla bocca di uno che avevano sempre conosciuto, il figlio di Giuseppe. È proprio l'origine di Gesù, la sua familiarità, il motivo di scandalo riportato da Matteo e Marco.
Per Luca lo scandalo viene più tardi, quando Gesù sembra intuire un atteggiamento possessivo dei suoi compaesani, lo si comprende dalla reazione del Signore e dal comportamento provocatorio che ne consegue.
Dopo il proverbio e aver messo a nudo la pretesa di tenere per sé il figlio di Giuseppe scoperto come un taumaturgo guaritore, Gesù cita due episodi della Scrittura (1Re 17 e 2Re 5) in cui la grazia di Dio va oltre i confini d'Israele, non tiene conto né della geografia, né della appartenenza. Questa citazione, propria di Luca, non solo mette in guardia i concittadini di Gesù provocando la loro reazione, ma anche i cristiani per cui l'autore del vangelo scrive e soprattutto noi che lo stiamo ascoltando oggi.

Nella tua patria!
L'esperienza religiosa sembra essere una sorta di appartenenza sociale, culturale, più che una esperienza di fede; investe più l'aspetto identitario delle persone che quello trascendente. L'ascesa dei movimenti sovranisti e dei nazionalismi nel continente europeo e in quello americano sta facendo emergere il senso della identità culturale, non sempre completamente intesa, a cui anche quella religiosa appartiene.
La religione è considerata come un fenomeno pubblico, la fede popolare non sempre legata alle istituzioni religiose (appartenere e credere ma non per forza comportarsi in maniera religiosa - Grace Davie, sociologa inglese -) è facilmente utilizzata anche nella ricerca di consensi politici.
Si è creato un curioso connubio fra realtà sovraniste e cattolicesimo conservatore, tendenzialmente lontano della linea del pontificato di papa Francesco. La difesa dei simboli religiosi come il Presepe o il Crocifisso negli uffici pubblici è vista come tutela della storia e della cultura occidentale, anche se nella realtà della vita si pensa e si agisce in modo contrario.
Tutti nella sinagoga si riempirono di sdegno al sentire come la Grazia di Dio aveva raggiunto la vedova di Sidone o il dignitario siriano: sono stati provocati nella loro identità insieme politica e religiosa.

Lo cacciarono fuori della città
Lo cacciarono fuori dalla sinagoga, eppure, lì era stato iniziato alla fede. Lo cacciarono fuori dal territorio dove era cresciuto, dovette sentirsi un po' straniero, anche in mezzo ai suoi. Era troppo diverso: aveva la pretesa di inaugurare un inizio di regno di Dio sulla terra, una speranza per tutti, anche per i peccatori e i disperati, per i poveri e gli oppressi, coloro che i benpensanti avevano già scartato. Se vogliamo conoscere, capire l'azione di Dio dobbiamo uscire dai nostri confini, andare Sarèpta di Sidòne o incontrare Naamàn, il Siro. Dobbiamo uscire, andare fuori.
La parola ciglio è espressa con il termine greco ofrýs, vocabolo che significa, in modo traslato “alterigia, orgoglio”. Simbolicamente Nazareth è una città costruita sull'orgoglio, è il simbolo delle nostre città costruite su una identità alterata, falsificata, con una religione colma di sentimenti e privata di fede, che non dà spazio a Gesù e il suo Vangelo.

Passando in mezzo a loro
La furia dei nazareni sembra diventare impotente di fronte a Gesù che passa e si incammina, passa nel mezzo, attraversa la storia e le pretese degli uomini, trapassa l'esperienza culturale o religiosa, va oltre la sinagoga, un tempio o una chiesa, non cerca consensi, passa dentro la vita di ciascuno, senza alcun giudizio; privo di pregiudizi passa in mezzo al cuore, alla mente alle idee di ciascuno, senza calpestare, senza invadere ma con rispetto e amore infinito. Sappiamo bene dove sta andando, dove il rifiuto dell'umanità lo conduce, tuttavia continua ad amare tutti, nessuno è escluso.

 

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