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TESTO "...Non e' degno di me"

don Mario Campisi  

XIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (26/06/2005)

Vangelo: Mt 10,37-42 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, Gesù disse ai suoi apostoli: 37Chi ama padre o madre più di me, non è degno di me; chi ama figlio o figlia più di me, non è degno di me; 38chi non prende la propria croce e non mi segue, non è degno di me. 39Chi avrà tenuto per sé la propria vita, la perderà, e chi avrà perduto la propria vita per causa mia, la troverà.

40Chi accoglie voi accoglie me, e chi accoglie me accoglie colui che mi ha mandato. 41Chi accoglie un profeta perché è un profeta, avrà la ricompensa del profeta, e chi accoglie un giusto perché è un giusto, avrà la ricompensa del giusto. 42Chi avrà dato da bere anche un solo bicchiere d’acqua fresca a uno di questi piccoli perché è un discepolo, in verità io vi dico: non perderà la sua ricompensa».

Essere discepoli di Gesù e ricevere da lui la missione apostolica esige di capire e vivere sempre meglio lo spirito del Maestro: è la finalità di questa liturgia domenicale, che vuole proporre l'invito all'apostolato e insieme inculcarne lo spirito; vi è impegnata la fedeltà al Maestro nell'accettazione, per l'amore e la fiducia verso di lui, delle proposte del radicalismo cristiano.

Seguire Gesù fino alla morte: non ci sono diritti che prevalgano, che si debbano accettare come superiori o alternativi alla persona del Signore. Gli interessi personali, le ambizioni, l'amicizia, la famiglia, il piacere...: tutto viene dopo Gesù, tutto è valutato, è giudicato da lui. Chi propone una tale dottrina o è un pazzo o è Dio.

Di fatto nessun uomo è stato mai amato nella storia come Gesù, pur riscontrando tra i suoi discepoli-apostoli molti che tentano di ridurre e rendere evanescente la loro adesione al Signore.

Con la stessa autorità che impone il rischio, Gesù garantisce anche la ricompensa, a tutti, per tutto.

L'assicurazione è fermata sulla sua persona: "Ama più di me... per causa mia... accoglie me... perché è mio discepolo" (Vangelo). La vocazione cristiana ad essere "stirpe eletta, sacerdozio regale, nazione santa" proviene da Dio, "che vi ha chiamato dalle tenebre all'ammirabile luce" (acclamazione al Vangelo). Questa chiamata alla "luce" non significa la proposta di un programma puramente ideologico, formulato in teorie astratte. La "luce" di ogni cristiano è Cristo stesso: luce irradiante, trasfigurante per la vita umana, proprio con le proposte che sembrano più assurde: "Chi non prende la sua croce..." (v. 38).

La motivazione di quest'impegno radicale, la forza che lo può sostenere, non provengono da una proposta culturale né sono affidate ai facili entusiami. In coloro che amano Gesù e liberamente hanno accolto il suo appello, è avvenuta una trasformazione meravigliosa, che ha creato una vita nuova, aperta ai grandi ideali.

Possiamo parlare della nuova teologia della vita e della morte, della teologia della croce, dello scandalo della croce: su questa dottrina è fondato il rischio della vita cristiana.

Non è difficile constatare la paura e l'incertezza nel far proprio e vivere un programma coerentemente. Appunto perciò il discepolo-apostolo, consapevole della sua debolezza, si sforza di non dimenticare l'integralità del Vangelo.

"Teologia della croce" significa che parlare di Dio vuol dire parlare della croce e viceversa. Tutto ciò è accolto e vissuto dalla fede. Non si può parlare di fede e di croce ignorando la morale cristiana. La teologia morale è collegata con la teologia della croce: "Egli morì al peccato una volta per tutte. Così anche voi consideratevi morti al peccato" (2^ lettura, vv. 10-11).

La lotta al peccato, anzi la morte al peccato, non è facoltativa per discepolo: quanto sa di egoismo, di scelta contro o senza Cristo, deve essere rifiutato nella fede. Quanto consegue alla debolezza deve essere purificato nello sforzo penitenziale della vita cristiana.

La teologia morale, guidata dalla teologia della croce, diventa teologia dell'uomo.

Gesù è venuto a far conoscereun amore che è donazione, a vivere un amore che è per la liberazione di tutti, a insegnarci e ad abilitarci a un amore che è capacità sempre nuova d'accoglienza.

L'attenzione della donna sunemita (1^ lettura) mostra l'apertura e la preparazione all'accoglienza della visita di Dio. E' un passo di fede orientativo per i cristiani. Il nostro incontro con Cristo ha bisogno della mediazione degli uomini da lui mandati. era questo il metodo di Dio già nell'AT: farsi preparare la via dai suoi profeti.

Con Cristo questo programma diventa più preciso e impegnativo.

L'atteggiamento della donna che ospitò Elia e le parole di Gesù uniscono al programma ascetico del discepolato e dell'apostolato l'impegno relativo alla parte economica, sull'uso dei beni terreni, di cui ciascuno è proprietario. La corresponsabilità è partecipazione amministrativa di tutti i fedeli nella vita comunitaria della Chiesa, in tutte le sue strutture.

 

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