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TESTO Commento su Giovanni 2,1-11

fr. Massimo Rossi  

II Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (20/01/2019)

Vangelo: Gv 2,1-11 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, 1vi fu una festa di nozze a Cana di Galilea e c’era la madre di Gesù. 2Fu invitato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli. 3Venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: «Non hanno vino». 4E Gesù le rispose: «Donna, che vuoi da me? Non è ancora giunta la mia ora». 5Sua madre disse ai servitori: «Qualsiasi cosa vi dica, fatela».

6Vi erano là sei anfore di pietra per la purificazione rituale dei Giudei, contenenti ciascuna da ottanta a centoventi litri. 7E Gesù disse loro: «Riempite d’acqua le anfore»; e le riempirono fino all’orlo. 8Disse loro di nuovo: «Ora prendetene e portatene a colui che dirige il banchetto». Ed essi gliene portarono. 9Come ebbe assaggiato l’acqua diventata vino, colui che dirigeva il banchetto – il quale non sapeva da dove venisse, ma lo sapevano i servitori che avevano preso l’acqua – chiamò lo sposo 10e gli disse: «Tutti mettono in tavola il vino buono all’inizio e, quando si è già bevuto molto, quello meno buono. Tu invece hai tenuto da parte il vino buono finora».

11Questo, a Cana di Galilea, fu l’inizio dei segni compiuti da Gesù; egli manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui.

Il miracolo dell'acqua mutata in vino durante un banchetto di nozze è uno dei più conosciuti, forse il più conosciuto del Vangelo, anche da parte di coloro che non hanno dimestichezza con il Vangelo; molti sposi scelgono questa pagina in occasione del loro matrimonio... forse proprio perché non conoscono altre pagine più significative per la circostanza.

Concentriamoci allora sulla vicenda di Cana: il fatto riscosse stupore, ma soprattutto gioia da parte dei convitati a nozze, a motivo della qualità veramente speciale del vino; l'evangelista non rivela se i presenti avessero colto la provenienza di quel vino; lo sapevano solo i servitori che avevano attinto.

Resta una domanda: era proprio il caso che Gesù si scomodasse a compiere un miracolo?

Voglio dire: con tutte le emergenze di salute - una malattia, una morte prematura -, gli stati diffusi di grave necessità - una carestia, la siccità, la guerra -, un miracolo ordinato ‘semplicemente' ad evitare che una festa finisca male... non sembra un tantino superfluo, o, peggio, (un miracolo) sprecato?

Il fine ce lo spiega l'evangelista in fine racconto: suscitare la fede degli Apostoli nel loro Maestro. Non è poi un dettaglio la precisazione che questo fu il primo dei miracoli, più precisamente, il primo dei segni compiuti da Gesù.

Il termine ‘segno' è meno compromettente e si può applicare a numerose situazioni, anche a quelle che non hanno a che vedere con i suenunciati casi di pericolo di morte.

Il primo insegnamento che ci portiamo a casa è legato proprio al fatto che verosimilmente gli invitati non si erano neppure accorti dell'intervento di Gesù; ma ne avevano goduto ampiamente il frutto. Ecco, quando un impegno personale, una situazione, si concludono nel migliore dei modi, anzi meglio di quanto potessimo umanamente pensare e sperare, proviamo a rivolgere a Dio un pensiero di ringraziamento... Noi non possiamo sapere se il buon esito dipenda esclusivamente dal “fattore umano”, oppure ci sia anche lo zampino del Signore...

E se anche fosse che le cose sono andate bene perché siamo stati bravi - attenzione alla superbia, sempre in agguato! -, motivo di più per ringraziare il Buon Dio, il quale ci ha donato le capacità - san Paolo parla di carismi - per affrontare l'impresa e portarla felicemente a compimento.

Tra queste capacità, tra questi carismi dello Spirito che diventano doti umane, c'è l'ascolto: ce lo rivela ancora Giovanni evangelista riportando il breve discorso tra la Madre di Gesù e i servi: “Qualsiasi cosa vi dica, fatela.”.
Dolenti note! Come si fa ad ascoltare la voce del Signore?

Immediata sorge l'obbiezione: alla luce delle nostre storie personali, le vicende raccontate nelle SS. Scritture, o sono inventate - Dio non parla direttamente agli uomini! -, oppure, se (Dio) lo ha fatto davvero in quel tempo, non lo fa più ai giorni nostri.
In un caso e nell'altro siamo comunque fregati!

Ma l'obbiezione cade quando nel nostro studio di funzione chiamato vita cristiana, introduciamo la variabile della fede: la fede, quando è reale, desiderata, coltivata, favorita e vissuta, rende capaci di riconoscere i segni della presenza di Dio, meglio ancora, la voce dello Spirito Santo, il quale, lo abbiamo sentito nella seconda lettura, suggerisce, suscita, perfeziona,...

Paolo insiste sul fatto che “a ciascuno è data una manifestazione particolare dello Spirito Santo per edificare il bene comune”. Non scoprire in noi la presenza efficace di Lui, è una mancanza di fede! E la fede in Cristo è, lo ripeto, il fine del segno miracoloso dell'acqua mutata in vino.

Prevengo la seconda obbiezione: non sono i miracoli a suscitare la fede, ma è la fede che compie miracoli. Vero! ma questo caso è speciale: all'inizio della vita pubblica di Gesù, soprattutto all'inizio della relazione particolare che legava il Maestro di Nazareth ai Dodici, un gesto eclatante si imponeva, era necessario per colpirli al cuore, coglierli di sorpresa nella mente, mandarli in crisi, e obbligarli a decidere “con Lui o contro di Lui”.

E di altri gesti eclatanti ne sarebbero presto seguiti altri: poche righe sotto, Giovanni presenta Gesù mentre purifica il Tempio a colpi di frusta, cacciando i mercanti di bestiame e i cambiavalute.

Si tratta di un segno diverso dal miracolo di Cana: mentre quest'ultimo era, per così dire, funzionale ad una festa privata, l'altro fu un'autentica provocazione pubblica, un pugno nello stomaco alle autorità religiose, le cui ripercussioni non si sarebbero fatte attendere...

Ebbene, anche la narrazione di questo secondo segno si conclude allo stesso modo del primo: “Quando poi (Gesù) fu risuscitato dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che aveva detto questo, e credettero alla Scrittura e alla parola detta da Gesù.” (2,22).
Ora tocca a noi!

Siamo all'inizio di un nuovo anno: proviamo a lavorare sulla fede; rimettiamola al primo posto; non sacrifichiamola per niente e per nessuno.

E potrebbe capitare anche a noi di gioire per essa come a Cana, di essere sconvolti a motivo di essa come nel Tempio di Gerusalemme, di dover scegliere per essa come nell'orto degli ulivi,... di risorgere per essa come la domenica di Pasqua (cfr. Fil 2).

 

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