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TESTO Commento su Matteo 10,37-42

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XIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (26/06/2005)

Vangelo: Mt 10,37-42 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, Gesù disse ai suoi apostoli: 37Chi ama padre o madre più di me, non è degno di me; chi ama figlio o figlia più di me, non è degno di me; 38chi non prende la propria croce e non mi segue, non è degno di me. 39Chi avrà tenuto per sé la propria vita, la perderà, e chi avrà perduto la propria vita per causa mia, la troverà.

40Chi accoglie voi accoglie me, e chi accoglie me accoglie colui che mi ha mandato. 41Chi accoglie un profeta perché è un profeta, avrà la ricompensa del profeta, e chi accoglie un giusto perché è un giusto, avrà la ricompensa del giusto. 42Chi avrà dato da bere anche un solo bicchiere d’acqua fresca a uno di questi piccoli perché è un discepolo, in verità io vi dico: non perderà la sua ricompensa».

PRIMA LETTURA

Vale la pena di notare che questa donna di Sunem che accoglie il profeta è ricca, quindi non doveva esserle difficile dare ospitalità ad un viandante. Ma nessuno, per quanto ricco, è libero da drammi e sofferenze: la donna di Sunem è infatti sterile. La riconoscenza del profeta diventa perciò un dono inestimabile, che ricorda l'annuncio divino fatto ad Abramo e Sara della nascita di Isacco (cf. Gen 18). Per comprendere ancora meglio il valore di questo dono giova ricordare, come narra 2Re 4,18-37, che questo figlio nascerà, morirà improvvisamente e sarà riportato in vita dallo stesso Eliseo. La scoperta che questa donna fa ci insegna che ogni persona è un mistero e che ogni atto di bene può trovare anche su questa terra una insperata ricompensa. La prima e fondamentale ricompensa di ogni atto di accoglienza è comunque l'altro, che ci diviene amico e ci arricchisce con la sua sola presenza.

SECONDA LETTURA

Paolo fondandosi sul rito del battesimo per immersione, ben noto ai suoi interlocutori, spiega loro il significato del segno sacramentale: lo scendere nell'acqua è scendere insieme con Cristo nella tomba. Il risalire dall'acqua è nascere con Lui alla vita della resurrezione. Ora, se tale è la realtà del battesimo, le conseguenze pratiche sono inevitabili. Fondato su questa fede il cristiano deve considerarsi come Cristo morto al peccato una volta per sempre, per vivere per Dio in Cristo, cioè vivere in pienezza come Figlio di Dio.

VANGELO

Questo Vangelo presenta la chiusura del discorso missionario del capitolo 10 di Matteo. La prima consegna che Gesù passa ai suoi è dura da comprendere. Significa forse che i discepoli debbono sminuire il valore dei legami familiari o addirittura rinunciarvi? La vita pratica attuata dalle prime comunità cristiane ci testimonia che la Chiesa non ha compreso così la raccomandazione di Gesù. Anzi, proprio in una comunità in cui i legami familiari venivano sentiti come un grandissimo valore, la cosa più preziosa, diventa chiara la similitudine usata da Gesù. Gli affetti familiari sono infatti usati come il simbolo di quanto l'uomo possiede di più prezioso. Ma per un vero discepolo non ci può essere una cosa più preziosa che seguire il suo Maestro.

Gesù, come i rabbini del tempo, insegnava con formule ed espressioni semplici ed emotivamente forti, facili da ricordare e da comunicare, nelle quali era necessario un uso frequente dell'esagerazione e dell'iperbole. Matteo ha messo queste frasi entro il "discorso missionario" di Gesù, quasi a sottolineare che una chiesa missionaria deve ricordare il radicalismo di Gesù. Nel suo annuncio al mondo la chiesa non deve avere timore di fare una proposta forte ed esigente, allo stesso modo del Maestro. Nel nostro mondo contemporaneo la ricerca dell'attenzione a poco prezzo, dell'audience a tutti i costi, porta a solleticare la pigrizia delle persone. Tanti promettono il tutto e subito e senza fatica. Ma un annuncio di questo tipo non può essere evangelico. È infatti un annuncio che manca di fiducia e di stima nei confronti di quanti lo ricevono, è un annuncio che tratta gli ascoltatori da deboli e da bambini e che soprattutto non crede nella possibilità divina di rendere forti i deboli e grandi i piccoli ed umili.

La chiesa non abbia dunque alcun timore di fare una proposta esigente di annunciare che: chi vuol diventare discepolo di Gesù deve sapere che il Signore diventerà la cosa più preziosa della sua vita. Non dovrà dunque spaventarsi se incontrerà prove e difficoltà sul suo cammino. Il suo Signore le ha incontrate prima di lui. Dovrà essere pronto, se le circostanze lo esigono, a perdere la propria vita. La fede nella resurrezione è infatti la sua basilare fonte di speranza. Il discepolo, che si fa missionario, diventa un altro Gesù, con lui è Gesù stesso che giunge nella vita degli uomini con la sua forza e le sue esigenze.

Una domanda resta sospesa: cosa chiede il Signore ad ogni discepolo perché gli uomini lo possano riconoscere ed accogliere come un profeta e un uomo giusto? Non esistono risposte già confezionate ed immutabili per descrivere queste fondamentali caratteristiche dell'evangelizzatore. Forse si può sintetizzare che l'opera del missionario del Vangelo è una continua novità, una costante risposta generosa alle esigenze del Padre: capace di scrutare il futuro con sguardo profetico e di vivere il presente con una particolare rettitudine di cuore. Matteo chiude il discorso missionario con una allusione ai piccoli, cioè nel suo linguaggio, ai più umili e semplici tra i discepoli. La missione non deve farci dimenticare che nella comunità, in ogni comunità, ci sono dei piccoli, degli umili, degli ultimi; soprattutto per loro il Vangelo è stato annunziato! Essi saranno i primi ad accoglierlo.

Commento a cura di don Nazzareno Marconi

 

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