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TESTO Commento su Is 60,1-6; Sal 71; Ef 3,2-3.5-6; Mt 2,1-12

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Epifania del Signore (06/01/2019)

Vangelo: Is 60,1-6; Sal 71; Ef 3,2-3.5-6; Mt 2,1-12 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mt 2,1-12

1Nato Gesù a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode, ecco, alcuni Magi vennero da oriente a Gerusalemme 2e dicevano: «Dov’è colui che è nato, il re dei Giudei? Abbiamo visto spuntare la sua stella e siamo venuti ad adorarlo». 3All’udire questo, il re Erode restò turbato e con lui tutta Gerusalemme. 4Riuniti tutti i capi dei sacerdoti e gli scribi del popolo, si informava da loro sul luogo in cui doveva nascere il Cristo. 5Gli risposero: «A Betlemme di Giudea, perché così è scritto per mezzo del profeta:

6E tu, Betlemme, terra di Giuda,

non sei davvero l’ultima delle città principali di Giuda:

da te infatti uscirà un capo

che sarà il pastore del mio popolo, Israele».

7Allora Erode, chiamati segretamente i Magi, si fece dire da loro con esattezza il tempo in cui era apparsa la stella 8e li inviò a Betlemme dicendo: «Andate e informatevi accuratamente sul bambino e, quando l’avrete trovato, fatemelo sapere, perché anch’io venga ad adorarlo».

9Udito il re, essi partirono. Ed ecco, la stella, che avevano visto spuntare, li precedeva, finché giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il bambino. 10Al vedere la stella, provarono una gioia grandissima. 11Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, si prostrarono e lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra. 12Avvertiti in sogno di non tornare da Erode, per un’altra strada fecero ritorno al loro paese.

In un piccolo paese della Val Soana, in provincia di Torino, uno di quei paesi che sembrano essere la maquette dell'ambiente dei nostri presepi, proprio sulle strade strette, in salita, cammino obbligato verso piccole, povere e antiche case, ogni anno vengono allestite decine di presepi, luogo antropologico e teologico della fantasia inarrestabile di molti bambini che d'estate frequentano quei luoghi (ma anche di molti adulti che alla fantasia non hanno rinunciato). In uno di questi presepi, bellissimo, lo scorso anno, i tre “Re Magi” sono stati raffigurati come alpinisti che si calano in corda doppia da speroni ripidi di roccia verso quella povera capanna in cui Maria e Giuseppe hanno trovato riparo per dare alla luce il loro primogenito. Il Dio di tutti, il Dio della misericordia e dell'amore sconfinato per i piccoli, i poveri, per tutti coloro che in mille modi sperimentano la fatica del vivere.
In questo tempo natalizio, la domanda incessante che torna sulle nostre labbra e alla nostra coscienza è proprio questa: “Quale Dio?”. Qual è il Dio che dobbiamo adorare, a cui dobbiamo riferirci, che si manifesta alla nostra umanità? Forse potremmo dire che a Natale ci è stato manifestato il Dio fragile, impotente, che si associa alla nostra fragilità; a Capodanno ci è manifestato il Dio Figlio, figlio di Maria che lo ha generato, il Dio scoperto e onorato dai poveri di ogni tempo; ma oggi il nome di Dio - il centesimo nome, direbbero i nostri fratelli islamici, il nome che viene rivelato da Dio stesso a noi direttamente - è il Dio del cammino, il Dio dell'orizzonte, delle dune sconfinate del deserto. Il Dio dei Magi, i grandi camminatori della storia. Vestiti da re, da viandanti o da alpinisti.
La liturgia di oggi ci indica questo cammino.
Un invito ad alzarsi. Àlzati, rivestiti di luce, perché viene la tua luce, ci dice il profeta Isaia. Per mettersi in cammino occorre alzarsi, svegliarsi dal sonno e dal torpore che ci danno le mille comodità alle quali non riusciamo più a rinunciare, a entrare nel deserto infido, metafora potente della nostra povera, faticosa esistenza, gravida di pericoli. Occorre liberarci dalla paura (ci dice il Censis che la nostra società oggi è sempre più impaurita), una paura indotta da chi, per ragioni politiche di bassa lega, vuole utilizzarla per raggiungere loschi obiettivi. Occorre correre coraggiosamente dietro alle visioni e ai sogni, perché quando non saremo più capaci di sognare potremo adagiarci comodamente in poltrona e attendere la morte. Non necessariamente quella fisica, ma certamente quella della mente e della fantasia. Il bambino e l'adulto, che in quel presepe e in quelle strade del piccolo paese della Val Soana hanno raffigurato i Magi in abito e atteggiamento da alpinisti, hanno cantato un inno alla fantasia. E spero che non venga loro mai meno.
Alza gli occhi e guarda... ecco, la tenebra ricopre la terra, nebbia fitta avvolge i popoli; /ma su di te risplende il Signore, / la sua gloria appare su di te. Guardiamo avanti, nonostante la nebbia. Seguiamo le intuizioni del nostro cuore innamorato di verità e di bellezza. Come Ulisse, il viaggiatore, tappiamoci le orecchie per non udire il canto suadente delle Sirene. E come Abramo, il pellegrino che ha lasciato case e possedimenti, per seguire la voce di un Dio esigente, in ogni luogo di sosta montiamo una tenda aperta ai quattro venti, e attendiamo di ospitare in essa i pellegrini che da varie direzioni, dai deserti o dai mari in tempesta che sballottano pericolosamente le loro povere e stracolme imbarcazioni, cercano rifugio, ospitalità e comprensione. Quelle realtà che l'attuale politica oggi nega loro.
Un messaggio di speranza - che pervade tutta la liturgia odierna - è affidato al Salmo 71. Nei giorni inaugurati dalla nascita del Cristo... “fiorisca il giusto e abbondi la pace, / finché non si spenga la luna. / E domini da mare a mare, / dal fiume sino ai confini della terra. / (...) Perché egli libererà il misero che invoca / e il povero che non trova aiuto. /Abbia pietà del debole e del misero / e salvi la vita dei miseri”. Il giusto è colui che non compra le armi della guerra, che ha il coraggio di resistere alle seduzioni della violenza, che accetta di camminare in pace con tutti. Il giusto è colui che non si lascia incantare dalla subdola propaganda di politici ipocriti e infidi.
Un messaggio di impegno da parte di Paolo, che allinea sempre tutti noi su posizioni impegnative: Esso non è stato manifestato agli uomini delle precedenti generazioni come ora è stato rivelato ai suoi santi apostoli e profeti per mezzo dello Spirito: che le genti sono chiamate, in Cristo Gesù, a condividere la stessa eredità, a formare lo stesso corpo e ad essere partecipi della stessa promessa per mezzo del Vangelo. Se siamo chiamati dobbiamo dare una risposta. Per dare una risposta sincera occorre cercare, cercare ancora, cercare sempre. Scriveva il filosofo G. E. Lessing: «Non la verità di cui un uomo è o si crede in possesso, ma il sincero sforzo per giungervi, determina il valore del singolo. Infatti, le sue forze conseguono un miglioramento non in virtù del possesso della verità, ma della sua ricerca e soltanto in questo consiste il sempre crescente perfezionamento umano. Il possesso rende quieti, pigri e presuntuosi... Se Dio tenesse nella sua mano destra tutta la verità e nella sinistra il solo eterno impulso verso la verità, seppur con la condizione di dover andar errando per l'eternità, e mi dicesse: scegli!, io mi precipiterei umilmente alla sua sinistra e direi: concedimi questa, o Padre! La verità pura è soltanto per te!».
Il cristiano non è l'uomo della verità, è l'uomo della ricerca. Il nostro è un evangelo che ci invita alla ricerca. Non stancarsi mai di cercare. Uscire da schemi precostituiti, rischiare, camminare là dove la strada non c'è, essere noi stessi costruttori di strade. Un occhio in terra, per non scivolare; un occhio all'orizzonte lontano per non perdere la stella. Una ricerca che mette i brividi: cercare di condividere l'eredità del Cristo, di formare con lui un solo corpo, di partecipare alla sua promessa, cioè di condividerla. Ne saremo capaci?
Cari Magi, protagonisti dell'evangelo di Matteo, vorrei rivolgervi sommessamente, a mio nome, ma anche a nome di tante famiglie che fanno fatica, una richiesta: associatemi, associateci alla vostra ricerca. L'orizzonte è lo stesso. Anche gli errori sono gli stessi. Anch'io, spesso, scelgo la via più facile, preferisco la città sacra di Gerusalemme, e non vedo la piccola e povera città di Betlemme; anch'io ho talvolta un occhio di riguardo per i potenti, uccisori dei bambini e dei poveri, e non faccio la strada in compagnia dei pastori; anch'io faccio fatica a credere che un Dio possa essere fragile, un essere che noi dobbiamo ad ogni costo salvare se vogliamo continuare a poter credere in lui; anch'io faccio fatica a ricominciare sempre daccapo e non sempre - come invece avete fatto voi - riesco a interpretare la voce dell'angelo, cioè della coscienza, che mi suggerisce di cambiare strada per il ritorno. Associateci, vi prego, alla vostra meraviglia nel trovare in una grotta Maria, Giuseppe e il Bambino per il quale avete camminato nel deserto, o vi siete calati in corda doppia da ripidi pareti. Anche noi stiamo conoscendo il rischio dei briganti che ci rubano la nostra identità. E aiutate ognuno di noi, con la vostra saggezza, a dire a tutti, con forza e umiltà, e con tenerezza: “Anch'io ho cercato, e ho trovato il Bambino”.

Traccia per la revisione di vita
1) Che cosa ci richiama la festa dell'Epifanie; solo la fine delle festività natalizie, i riti un po' pagani della “befana”, oppure il nostro impegno a manifestarci al mondo? E se sì, come?
2) Che cosa facciamo per far sì che la nostra Chiesa, la nostra comunità cristiana, sia davvero una famiglia?

Luigi Ghia Direttore della rivista “Famiglia Domani”

 

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