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TESTO Fare la parte degli sposi

padre Gian Franco Scarpitta  

II Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (20/01/2019)

Vangelo: Gv 2,1-11 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, 1vi fu una festa di nozze a Cana di Galilea e c’era la madre di Gesù. 2Fu invitato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli. 3Venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: «Non hanno vino». 4E Gesù le rispose: «Donna, che vuoi da me? Non è ancora giunta la mia ora». 5Sua madre disse ai servitori: «Qualsiasi cosa vi dica, fatela».

6Vi erano là sei anfore di pietra per la purificazione rituale dei Giudei, contenenti ciascuna da ottanta a centoventi litri. 7E Gesù disse loro: «Riempite d’acqua le anfore»; e le riempirono fino all’orlo. 8Disse loro di nuovo: «Ora prendetene e portatene a colui che dirige il banchetto». Ed essi gliene portarono. 9Come ebbe assaggiato l’acqua diventata vino, colui che dirigeva il banchetto – il quale non sapeva da dove venisse, ma lo sapevano i servitori che avevano preso l’acqua – chiamò lo sposo 10e gli disse: «Tutti mettono in tavola il vino buono all’inizio e, quando si è già bevuto molto, quello meno buono. Tu invece hai tenuto da parte il vino buono finora».

11Questo, a Cana di Galilea, fu l’inizio dei segni compiuti da Gesù; egli manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui.

L'immagine dello sposalizio e della festa nuziale sono ricorrenti nella Bibbia per esprimere il patto di alleanza fra Dio e il popolo d'Israele e per estensione la predilezione di Dio per tutti gli uomini. Quando l'uomo accoglie la proposta di comunione con Dio è sempre festa e ancor più quando la comunione avviene in seguito alla riconciliazione così ti sposerà il suo creatore. Nell'antico Israele avveniva del resto che il pranzo e la cena erano occasioni per concludere delle trattative professionali o degli accordi; nel caso metaforico proposto dalla Scrittura sono occasioni gioiose in cui si conclude un'alleanza per la quale subentra una confidenza assoluta fra Dio e l'uomo, un rapporto di intima amicizia indelebile.

Il motivo della gioia si accresce ulteriormente poiché, come afferma Paolo, “quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo figlio nato da donna, nato sotto la legge, per riscattare coloro che erano sotto la legge (Gal4,4). La “pienezza del tempo” non corrisponde a un'epoca o a una stagione cronologica determinata, ma riguarda il momento che Dio ritiene propizio per intervenire nella storia umana, quindi il tempo propizio, opportuno. Quando cioè lo ritiene appropriato e opportuno, Dio si rivela nel suo Figlio nel mistero dell'incarnazione e anche questo è evento paragonabile a uno sposalizio, poiché come oltretutto abbiamo riscontrato nel Natale la manifestazione di Dio è una simbiosi di gioia nell'immediata comunione solidale fra Dio e l'uomo.

Nel mistero dell'incarnazione che si realizza a Betlemme, Dio esalta l'uomo chiamandolo alla piena comunione con sé e manifesta lo specifico del suo amore attirando soprattutto categorie sociali deprezzabili per la mentalità dell'epoca quali i pastori e (in un certo senso) i Magi; manifesta così che la sua rivelazione è davvero motivo di gioia per tutti, perché predilige l'umanità più precaria, immedesimandosi in essa.

Il miracolo di cui parla il brano evangelico di oggi rievoca in un certo qual modo quello stesso mistero natalizio perché consolida la Festa che per noi tutti ha avuto inizio a Betlemme.

Le feste nuziali nell'antico Israele duravano 8 o 9 giorni ed era inverosimile che in una circostanza come quella venisse a mancare il vino, elemento anche nella Bibbia emblematico della gioia e della prosperità. Senza il vino, non era possibile festa alcuna. Eppure, allo scadere dell'ottavario delle nozze, viene proprio a mancare questa bevanda immancabile e insostituibile nei banchetti.

Sarebbe stato un vero disastro se Gesù non fosse intervenuto, ma a dire il vero sarebbe stato ancora più pernicioso se la madre di Gesù non avesse preso l'iniziativa di porre il problema al Figlio: "Non hanno vino"- e in questa sua sollecita interferenza non si può non evincere quanto sia legittima l'intercessione generale di Maria nei nostri rapporti con Cristo.

A questo punto segue una risposta sorprendente da parte di Gesù: "Che c'è fra me e te o donna?" Altrimenti tradotta: "Che cosa vuoi da me o donna?" Espressione che potrebbe suscitare sorprese e perplessità visto che un figlio non si rivolgerebbe mai alla propria madre con quei termini così seccati e lapidari ("donna") tantomeno nel corso di una festa, dove la consanguineità è ben nota a tutti. Ma perché possiamo sciogliere l'enigma, occorre che collochiamo Gesù, Figlio di Dio, nel contesto vivo del suo tempo, considerando anche la sua posizione.

Ciononostante Gesù non può fare a meno di considerare che la posizione della Madre, seppure di enorme importanza e irrinunciabile, è tuttavia secondaria rispetto alla volontà del Padre suo, che la la precedenza assoluta. Già quando egli da ragazzino era stato smarrito dai genitori e poi ritrovato nel tempio, aveva risposto alle loro obiezioni: “Perché mi cercavate? Non sapete che devo occuparmi delle cose del Padre mio?” Allora come adesso sottendeva che nonostante l'importanza degli affetti familiari la comunione fra lui e il Padre non può essere disattesa, soprattutto quando c'è da realizzare un disegno di salvezza che avverrà... in un momento propizio. Cioè nell'”ora”stabilita.

In secondo luogo, quando Gesù si rivolge a Maria con una simile espressione “Donna”, egli vede in sua madre il popolo d'Israele che è giunto alla pienezza (R. Penna), perché il Messia è finalmente arrivato. Il tempo propizio è giunto perché Dio si è fatto uomo, il Verbo si è incarnato per la nostra salvezza e il Messia preannunciato dai profeti è ora in mezzo ai suoi. L'"ora" di Gesù, cioè il tempo propizio è già arrivato, tuttavia non è ancora giunto alla pienezza definitiva. Questa si verificherà al momento del suo arresto, quando per volontà del Padre subentrerà l'"ora" propizia nella quale le tenebre avranno ragione di lui perché venga consegnato alla croce e quella sarà la circostanza. Al Getzemani per Gesù giungerà l'”ora” nella quale le tenebre avranno per volontà divina la prevalenza sullo splendore della luce. Cristo verrà consegnato alla croce per il riscatto di tutti e quella sarà la tappa necessarie e indispensabile per conseguire la gloria e l'innalzamento. La cosiddetta “ora” però, anche se non in pienezza, è giunta adesso con l'avvento stesso del Figlio di Dio in mezzo a noi. Cristo è la novità gioiosa rappresentata dal vino che scaturisce miracolosamente dall'acqua di sei giare di pietra. Cristo determina il passaggio dalle antiche istituzioni alla novità assoluta fondata sul Regno e sulla legge di libertà. E' lui il “vino nuovo” di cui il vino miracoloso effettivamente scaturito è simbolo e di conseguenza è lui il motivo della gioia e dell'esultanza di questo banchetto di nozze al quale tutti siamo invitati e nel quale la Chiesa funge da sua “sposa”.

Cristo vino nuovo che da morto risorgerà alla vita per donare a tutti la vita è l'evidenza definitiva dell'amore che Dio rivolge a tutti noi e della gioia perenne che comporta la comunione con lui. Siamo tutti quanti invitati al banchetto di nozze purché facciamo la parte degli sposi, immedesimandoci nella novità assoluta apportata dalla salvezza e configurandoci interamente a Cristo con disinvoltura e libertà.

 

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