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TESTO Anche tu sei un architetto

don Angelo Casati  

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Domenica nell'Ottava del Natale (30/12/2018)

Vangelo: Gv 1,1-14 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Gv 1,1-14

1In principio era il Verbo,

e il Verbo era presso Dio

e il Verbo era Dio.

2Egli era, in principio, presso Dio:

3tutto è stato fatto per mezzo di lui

e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste.

4In lui era la vita

e la vita era la luce degli uomini;

5la luce splende nelle tenebre

e le tenebre non l’hanno vinta.

6Venne un uomo mandato da Dio:

il suo nome era Giovanni.

7Egli venne come testimone

per dare testimonianza alla luce,

perché tutti credessero per mezzo di lui.

8Non era lui la luce,

ma doveva dare testimonianza alla luce.

9Veniva nel mondo la luce vera,

quella che illumina ogni uomo.

10Era nel mondo

e il mondo è stato fatto per mezzo di lui;

eppure il mondo non lo ha riconosciuto.

11Venne fra i suoi,

e i suoi non lo hanno accolto.

12A quanti però lo hanno accolto

ha dato potere di diventare figli di Dio:

a quelli che credono nel suo nome,

13i quali, non da sangue

né da volere di carne

né da volere di uomo,

ma da Dio sono stati generati.

14E il Verbo si fece carne

e venne ad abitare in mezzo a noi;

e noi abbiamo contemplato la sua gloria,

gloria come del Figlio unigenito

che viene dal Padre,

pieno di grazia e di verità.

Dove era? E dove è? A pochi giorni dal Natale, siamo invitati ancora una volta - forse perché non avremo mai finito di stupirci - a contemplare - perdonate se lo chiamo così - il grande viaggio, quasi lo ripercorressimo. Non ci fu viaggio, lungo i secoli, più lungo di questo interminabile viaggio. Ce lo ha ricordato il prologo del vangelo di Giovanni. Da dove? "In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio, e il Verbo era Dio". Verso dove? "E il Verbo si fece carne e venne ad abitare - o, meglio, lasciamo l'immagine del verbo greco: "e mise la tenda" - in mezzo a noi".

Il racconto ci ha portato all' "in principio", in principio di ogni principio. Anche il libro dei Proverbi oggi, prima lettura, ci ha portato all' "in principio", prima degli inizi della terra. E le immagini erano di rara bellezza, erano poesia. Perché solo la poesia può alludere a quell' "in principio". E Dio non era solitudine. Non era solitudine quando ancora non c'erano le prime zolle. E, accanto a lui, nel creare, la Sapienza, che è descritta dal libro come una compagna, un artefice, un architetto che accompagna Dio nel suo creare sorgenti, quando delimita i confini dei mari o quando fissa le fondamenta della terra. Dio ha un architetto, un architetto che immagina, che progetta, che suggerisce, che inventa con lui. E Dio guarda l'architetto con gioia, come si guarda con gioia, si contempla, un bambino piccolo che gioca.

Mi dà gioia pensare che in tutte le cose c'è il segno dell'architetto, dall'artefice, cioè del creatore d'arte. Lo professiamo nel credo: "per mezzo di lui tutte le cose sono state create". In principio fu la bellezza. La bellezza dell'architetto. Mi rimane a volte un dubbio: non è forse vero che, nelle trasmissione della nostra fede, abbiamo giustamente parlato di bontà, di verità, poco, o quasi mai, di bellezza.

"Una città brutta" diceva padre David Maria Turoldo "fa brutti i cittadini, una città bella li fa belli. Così una chiesa brutta fa brutti i credenti, una chiesa bella li fa belli". Noi, per vocazione che ci viene dall' "in principio", dovremmo a nostra volta, essere artefici - fare arte -, architetti. E dovremmo ringraziare gli architetti che fanno bella una città, dovremmo ringraziare coloro, che promuovendo gesti belli, fanno bello un paese, una regione, una città, il mondo. Purtroppo, pensate, succede che li scopriamo solo quando scompaiono o quando li uccidono.

Penso a Silvia Romano volontaria, 23 anni, in Africa per progetti di cooperazione internazionale, i suoi sogni, rapita da bande armate in Kenia, per lei siamo in ansia. Una storia - la sua - che fa bella nel mondo la nostra città. Penso ad Antonio Megalizzi, giornalista trentino, 29 anni, colpito alla testa da un proiettile nell'attentato al mercatino di Natale di Strasburgo. Gli amici su una bacheca facebook hanno scritto: "Ciao, Antonio, eri dove dovevi essere, nel posto giusto, resti il sorriso e il cuore dell'Europa". Ha fatto bello il nostro paese, ha fatto bella l'Europa per cui si batteva, che amava. Non hanno certo fatto bella la nostra città gli ultrà che ieri l'altro l'hanno sporcata di violenza inaudita.

Ci tocca un impegno. A tutti i livelli. Che cosa insegnare? Insegnare la bellezza: in principio era la bellezza. S. Giovanni - è vero - scrive: "In principio era il Verbo", cioè la Parola. Ed anche questa è notizia buona: che ci sia una Parola, e non il silenzio di Dio, all'inizio, dico quel silenzio che mette paura. No, all'inizio la Parola, come desiderio e gioia di raccontare, di raccontare e di raccontarsi. La Parola, il parlarsi, come segno di amore. Non è forse vero che nel gergo dialettale - e coloro che sono carichi di anni come me lo ricordano - per dire che due si erano innamorati, di loro si diceva: "si parlano".

Ebbene l'indifferenza, la chiusura, mondi e persone, che non si parlano, sono la bruttezza del mondo. Bellezza è la Parola, è il comunicarsi, è il dialogo. E perché la comunicazione potesse annullare ogni distanza, ecco che "la Parola si è fatta carne". Un evento da sogno: siamo lontani dalle tante astrattezze. Ora Dio ci parla, ci dice il suo amore, con le labbra di un figlio d'uomo, con gli occhi di un figlio d'uomo, con l'accelerare o fermare i passi di un figlio d'uomo, con il toccare - Gesù toccava! - con il toccare tenero di un figlio d'uomo.

La parola si è fatta carne. Ora la carne è una rivelazione di Dio. Il vangelo racconta questa carne. "E mise la sua tenda in mezzo a noi": scrive il prologo... Lasciatemi sfiorare - solo sfiorare - l'immagine della tenda, per sottolineare che è mobile. Vorrei dirvi - e voi mi capite - la tenda di Gesù non è rimasta confinata ai giorni raccontati nel vangelo. Lui sposta continuamente, insonnemente, la tenda: oggi in mezzo a noi, oggi dentro di noi. Dove noi spostiamo la nostra tenda, lui sposta la sua. Benediciamo Dio per la sua tenda. E preghiamo luce per la nostra tenda. Sì vorrei concludere pregando con voi: Dio del cielo e della terra, tu ci hai parlato un giorno nella storia dei nostri Padri, da ultimo ci hai parlato nella storia di Gesù, il tuo Figlio benedetto.

Tu hai scelto una tenda come segno di un Dio che non abita l'immobilità, ma accompagna il cammino del suo popolo. Fedele al tuo sogno, il tuo Figlio ha posto la sua tenda in mezzo a noi e così ci ha insegnato ad abitare non luoghi immobili ma spazi di vicinanza, di prossimità, di fraternità. Noi ti preghiamo di abitare la nostra tenda. Ricolmala della tua benedizione di vita, come un giorno colmasti di vita la tenda di Abramo, alle querce di Mamre, quasi premio alla sua ospitalità gratuita e generosa. Donaci lo splendore dell'ospitalità che fu di Abramo, nostro padre. Donaci lo splendore dell'accoglienza che fu di Gesù, nostro Signore e Maestro.

Perché tutti, nessuno escluso, possano trovare una tenda dove i racconti incrocino altri racconti, dove i visi si accendano ancora ai sogni, dove la solitudine sia allontanata, dove il cuore riprenda ad ardere lungo tutto il migrare dei giorni.

 

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