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TESTO Sostare al mistero... in silenzio

don Angelo Casati  

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Natale del Signore - messa nel giorno (25/12/2018)

Vangelo: Lc 2,1-14 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 2,1-14

1In quei giorni un decreto di Cesare Augusto ordinò che si facesse il censimento di tutta la terra. 2Questo primo censimento fu fatto quando Quirinio era governatore della Siria. 3Tutti andavano a farsi censire, ciascuno nella propria città. 4Anche Giuseppe, dalla Galilea, dalla città di Nàzaret, salì in Giudea alla città di Davide chiamata Betlemme: egli apparteneva infatti alla casa e alla famiglia di Davide. 5Doveva farsi censire insieme a Maria, sua sposa, che era incinta. 6Mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni del parto. 7Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia, perché per loro non c’era posto nell’alloggio.

8C’erano in quella regione alcuni pastori che, pernottando all’aperto, vegliavano tutta la notte facendo la guardia al loro gregge. 9Un angelo del Signore si presentò a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce. Essi furono presi da grande timore, 10ma l’angelo disse loro: «Non temete: ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: 11oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore. 12Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia». 13E subito apparve con l’angelo una moltitudine dell’esercito celeste, che lodava Dio e diceva:

14«Gloria a Dio nel più alto dei cieli

e sulla terra pace agli uomini, che egli ama».

Sono qui con voi. E ringrazio, vi ringrazio di essere qui. Sentivo il bisogno di un silenzio - troppe voci e troppo rumore - e di una sosta - troppo correre, voi, certo, più di me che vado, per vecchiaia, a rilento -. Che grazia trovare qui una sosta, il silenzio: alla fine cancellate anche le mie parole e sostate al mistero. In silenzio. Siamo qui. Ognuno dalle sue notti, di stelle o di naufragi, come i pastori. Li vedo andare nella notte, e il fiato di una luce di lampada a guidare i passi.

Una lampada, la nostra piccola fede, ci ha guidati ancora qui, anche quest'anno. "Troverete...:" avevano detto ai pastori gli angeli. Che avevano incendiato mezzo cielo sulle loro greggi. Splendevano come le stelle, le greggi! Come se tutto cambiasse, cambiasse il mondo. "Troverete...": avevano detto gli angeli. "Trovare" era verbo di attesa, ma anche di consolazione. Nella vita si cerca, ma non sempre si trova. Troveremo? Ebbene il verbo sulle labbra degli angeli era senza punto interrogativo, c'era un esclamativo. "troverete".

E che cosa trovare? Una cosa che vorremmo tutti trovare è un pezzo di felicità, un poco di felicità. La troverete: "Troverete un bambino avvolto in fasce in una mangiatoia". Ora sapevano dove cercarlo. Ma anche si chiedevano, i pastori, come potesse stare il salvatore, la felicità, in una mangiatoia. Quella notte i loro non furono solo passi dal gregge alla grotta, avanti e indietro: in loro, dentro di loro, erano accaduti altri passi. Che erano una rivoluzione: da un modo di vedere Dio e un altro modo di vedere Dio, da un modi di vedere il mondo a un altro modo di vedere il mondo.

Quella notte, una rivoluzione! Ma, nella rivoluzione dei pensieri, li avevano preceduti nella notte la giovane donna e il suo compagno, perché a Maria l'angelo aveva parlato di un trono per il figlio, ma il figlio lo vede sgusciare dal grembo in una povera grotta e trono, per quel cucciolo d'uomo, la mangiatoia. Cambiava il mondo. Che nascesse lì, colui che l'angelo aveva chiamato Figlio dell'Altissimo. Alto e basso, una rivoluzione. Più basso di così! Che cosa si saranno detti Maria e Giuseppe, mentre lui le dava coraggio e tenerezza nel parto e subito dopo quando gli occhi gli si sgranarono al vederlo fuori, messo alla luce.

Messo alla luce colui che è la luce del mondo. Pensate, quanti pensieri! E a conferma - a conferma del basso - chi vedono arrivare? Dei pastori, gente del basso. Eppure anche i loro occhi erano sgranati, c'era una bontà umile, umile come le loro pecore nei loro occhi sgranati. Forse ci vuole una bontà umile per trovare: "troverete". In alto, se ci si impanca come fossimo chissà chi in alto, non ci è dato trovare. Trovare è un verbo che si coniuga al basso. Ce lo ha ricordato papa Francesco giorni fa, accogliendo responsabili e volontari di una struttura pediatrica ed è un pensiero che mi accompagna in questi giorni.

Ha detto: "Per capire la realtà della vita, bisogna abbassarsi come ci abbassiamo per baciare un bambino. Loro ci insegnano questo. Gli orgogliosi, i superbi non possono capire la vita, perché non sono capaci di abbassarsi". E se capissimo, se io capissi, che la felicità la trovo abbassandomi, in quel "basso" su cui Dio, nella sua nascita nel presepe, ha messo il sigillo, ha messo il suo splendore? L'ha voluto abitare.

Per dire a tutti noi: "Abbassatevi, inchinatevi, lì ci sono io, lì c'è il segno della vita. Onoratela nei piccoli, negli scartati della storia, onoratela nelle piccole cose". "Io" - dice - "sono uno che non ha trovato posto, onorate inchinatevi davanti a coloro ai quali una società non vuole dare posto. Per la mia nascita non c'era posto e, subito nato, mi sono trovato migrante per sfuggire all'odio e alla violenza. Un paese è vero paese ed è veramente felice quando, come si fa nelle nostre case ci si stringe, per fare posto.

Benedette le case e i paesi! Dio è in basso. E da un lato mi prende gratitudine, per un Dio che si è abbassato perché non ci toccasse paura a guardarlo dal basso in alto. Per amore si è fatto uno di noi e non superuomo, piccolo. Sosto al presepe. Penso al suo viaggio di discesa. Mi prende emozione. Si è chinato. Ricordo l'emozione che mi prese, anni e anni fa, in un mio viaggio in terra santa, una sera al tramonto:

Gli occhi perduti nel rosseggiare dolce e silente di assorti orizzonti interroghi l'incendio dei cieli quasi tinti di brividi di tenerezza che fanno sospeso il cuore e sfiori l'inatteso miracolo di un Dio che qui ha inclinato i suoi cieli fino a baciare la terra.

Ma vorrei aggiungere che "scendere", "abbassarsi", "inchinarsi", se ci pensate bene, sono verbi compagni di viaggio del verbo amare, che forse troppo disinvoltamente ci capita di usare, che troppo disinvoltamente capita a me di predicare.

Scendi, abbassati, inchinati, fa' spazio. Son i verbi da fare nostri dopo averli visti nel bambino del presepe. Pensate, già nel 1919 in una sua poesia-preghiera che vi reciterò maldestramente in romanesco Trilussa ci metteva in guardia dal tradimento del Natale e scriveva:

Ve ringrazio de core, brava gente, pé 'sti presepi che me preparate, ma che li fate a fa? Si poi v'odiate, si de st'amore non capite gnente... Pé st'amore so nato e ce so morto, da secoli lo spargo dalla croce, ma la parola mia pare 'na voce sperduta ner deserto, senza ascolto. La gente fa er presepe e nun me sente; cerca sempre de fallo più sfarzoso, però cià er core freddo e indifferente e nun capisce che senza l'amore è cianfrusaja che nun cià valore.

Dal presepe una voce, quella di Gesù, sembra dire - le parole sono di una poetessa, Wislawa Szymborska -: "Ascolta come mi batte forte il tuo cuore". Ascolta.

 

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