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TESTO Commento su Lc 5,17-26

Casa di Preghiera San Biagio FMA  

Lunedì della II settimana di Avvento (10/12/2018)

Vangelo: Lc 5,17-26 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

«Un giorno Gesù stava insegnando. Sedevano là anche dei farisei e maestri della Legge, venuti da ogni villaggio della Galilea e della Giudea, e da Gerusalemme. E la potenza del Signore gli faceva operare guarigioni. Ed ecco, alcuni uomini, portando su un letto un uomo che era paralizzato, cercavano di farlo entrare e di metterlo davanti a lui. Non trovando da quale parte farlo entrare a causa della folla, salirono sul tetto e, attraverso le tegole, lo calarono con il lettuccio davanti a Gesù nel mezzo della stanza.»
Lc 5,17-26

Come vivere questa Parola?
In questo racconto altamente simbolico vediamo stilizzata, attraverso un'avvincente narrazione, la dinamica della grazia divina che consente all'uomo di elevarsi dalla bassezza in cui era caduto dopo il peccato, di raggiungere la salvezza, di ricominciare a vivere in una nuova creazione. Nella Chiesa, e solo in essa, possiamo fare esperienza di essere condotti al cospetto di Colui che non solo parla e annuncia la salvezza, ma che rende performativa la sua parola, che dona vita attraverso la parola, che aggiunge alla parola un'azione potente. Con gli occhi della fede capiamo che la vera infermità che ci portiamo dietro, il vero “letto di contenzione” che ci imprigiona, è il nostro peccato, tanto più pesante ed oppressivo quanto più ci siamo affezionati. Nella scena, al centro, c'è solo Gesù: nessun altro nome, nessun altro riferimento storico o geografico. Perché solo a Lui viene chiesto di guardare. E allora, se lo vogliamo, tutto può diventare mezzo per avvicinarci a Lui. Ogni ostacolo viene rimosso nella misura in cui lasciamo cadere le nostre resistenze a questa grande forza di attrazione che ci guida a Lui, a Colui che solo può liberarci.

Il tempo di grazia che stiamo vivendo ci invita ad andare a fondo nel nostro cammino di fede. Se non sperimento fortemente, a livello esistenziale, la potenza liberatrice del Signore, significa che sto servendo a un Dio che esiste solo nella mia immaginazione. Se mi arrendo, vuol dire che non mi fido dei fratelli che mi stanno accompagnando. Mi impegno a verificare sempre i frutti del mio cammino nella gioia, nella serenità, nella stabilità che Gesù promette a chi si volge a Lui.

La voce di un artista
“L'umiltà è un atteggiamento estatico della persona, per questo è proprio l'umiltà che fa sì che la persona sia tale”
M.I. Rupnik

don Enrico Emili - enricoemili@tiscali.it

 

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