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TESTO Anche la roccia ha un cuore

don Angelo Casati  

5a domenica Tempo di Avvento (anno C) (16/12/2018)

Vangelo: Gv 3,23-32a Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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23Anche Giovanni battezzava a Ennòn, vicino a Salìm, perché là c’era molta acqua; e la gente andava a farsi battezzare. 24Giovanni, infatti, non era ancora stato gettato in prigione.

25Nacque allora una discussione tra i discepoli di Giovanni e un Giudeo riguardo alla purificazione rituale. 26Andarono da Giovanni e gli dissero: «Rabbì, colui che era con te dall’altra parte del Giordano e al quale hai dato testimonianza, ecco, sta battezzando e tutti accorrono a lui». 27Giovanni rispose: «Nessuno può prendersi qualcosa se non gli è stata data dal cielo. 28Voi stessi mi siete testimoni che io ho detto: “Non sono io il Cristo”, ma: “Sono stato mandato avanti a lui”. 29Lo sposo è colui al quale appartiene la sposa; ma l’amico dello sposo, che è presente e l’ascolta, esulta di gioia alla voce dello sposo. Ora questa mia gioia è piena. 30Lui deve crescere; io, invece, diminuire».

31Chi viene dall’alto è al di sopra di tutti; ma chi viene dalla terra, appartiene alla terra e parla secondo la terra. Chi viene dal cielo è al di sopra di tutti. 32Egli attesta ciò che ha visto e udito, eppure nessuno accetta la sua testimonianza.

Nelle nostre domeniche di Avvento è come se assistessimo a un dilagare delle figura del Battista, lo incontreremo anche dopo natale. Già nelle scorse domeniche lo abbiamo incontrato con quella domanda, oserei dire estrema: "Sei tu o dobbiamo attendere un altro?". Starei per dire che questa successione di episodi, che lo riguardano, ci aiuta a entrare per fessure nella sua personalità, è come se a poco a poco intravedessimo. Vedete, noi siamo cresciuti con la figura di un Giovanni monolitico, severo, tutto d'un pezzo. Dall'inizio alla fine. Non è forse così vero. Quando si tratta di avvicinare una creatura viva, dovremmo stare umili sulla soglia e ammettere anche di non capire.

Una poetessa amica, Chandra Livia Candiani, in un suo libro: "Il silenzio è una cosa viva", a proposito dell'inchinarsi scrive: "Il luogo dell'altro è il forse". "Forse", parola incandescente e commovente per me, per noi, che presumiamo di comprendere l'altro, o quant'altro, e dovremmo imparare a usare questa parola piccina, anche lei un po' fuori moda. la parola "forse". La dovremmo usare per la figura di Giovanni, come per ogni altro, e anche - soprattutto direi - per Dio. Una parola in esilio dai nostri discorsi personali, politici, ecclesiastici, la parola del rispetto. C'è un mistero nell'altro che non è disponibile, una zona inaccessibile, su cui sacrilego sarebbe porre il cartello "proprietà privata". Inchìnati. Ritorniamo a Giovanni, poi a Gesù.

A Giovanni, per dire che sulle labbra di un profeta che abbiamo definito roccioso come le alte montagne, oggi abbiamo trovate parole che sono di tutt'altro colore, parola come "amico", parola come "sposo". Parole in cui batte un cuore. E lo sentiamo battere. Nella roccia batte un cuore. Lui, Giovanni, di sé dice che è "l'amico dello sposo". Giovanni, un amico di Gesù! Che bella definizione. L'amicizia, pensate! A fronte delle gelosie - piccinerie - -dei suoi discepoli che gli facevano notare che diminuiva il consenso al loro gruppo, perché tutti accorrevano al battesimo di Gesù.

"Fuori dalle gelosie!" - sembra dire Il Battista - "fuori da visioni asfittiche, fuori dall'idolatria del gruppo. Non sporcate l'orizzonte. Io sono l'amico dello Sposo, di Gesù". E dicendo questo, Giovanni alludeva a una prassi in vigore nei matrimoni nella sua terra, dove era prevista la figura di un amico di fiducia dello sposo che aveva il compito di prendersi cura di ogni dettaglio della celebrazione, della festa. Una funzione - diremmo - delicata. Che richiedeva fiducia assoluta e amicizia intima. Ho pensato come poco sia passata nella nostra tradizione la figura di Giovanni come l'amico. E la bellezza per Gesù di avere in lui un amico. Giovanni aveva sentimenti, capite, vibrazioni. Entra nella sua vita la parola amicizia, che è una delle più sacre, anche se poco presente nelle nostre predicazioni.

Forse anche per questo una religione tende a scolorirsi, quando sono in esilio i sentimenti, la passione, la condivisione delle cose più profonde della vita. Come non ci fosse cuore, una cosa da disamorati. No, amico! L'altra parola che si infiamma è la parola "sposo". Riferita a Gesù. Il Battista prepara il matrimonio di Gesù. Già l'antico testamento, più volte, in modo esplicito aveva parlato di un'alleanza sponsale tra Dio e il suo popolo. C'è un matrimonio in vista. E quando è in vista la celebrazione dell'amore tra un uomo e una donna, la sentiamo come buona notizia. E' quel sentimento di bellezza e di allegria che proviamo in cuore, quando, su un biglietto che riceviamo, un uomo e una donna annunciano nozze e invitano alle nozze. Ebbene il matrimonio è quello tra Gesù e l'umanità. un matrimonio che ci verrà, ancora una volta, ricordato, tra pochi giorni, a Natale.

E' - voi avete intuito - un altro modo di intendere il regno di Dio in mezzo a noi. Pensate come cambia di colore il regno anche nelle parole di Giovanni, che aveva annunciato:"Egli ha in mano il ventilabro per ripulire la sua aia e per raccogliere il frumento nel granaio; ma la pula, la brucerà con fuoco inestinguibile" (Lc 3,17). E' come se cambiasse il colore: viene lo sposo! Cambia il colore, attendere Gesù come lo Sposo. Esci dalla solitudine. E non è una cosa di un giorno, come un matrimonio non è di un giorno. Ti senti amato e senti di amare. E c'è la vita davanti. Da affrontare insieme. C'è un progetto. Da costruire. Da costruire insieme. E' un cammino. Ma non nella solitudine. Perché siamo amati ed amiamo.

Ma si può amare Gesù? O è un'astrazione? Pensate la coincidenza, proprio ieri un lettore, in una lettera a un quotidiano laico, si faceva la domanda. E citava pensieri, per me emozionanti. di una grande donna, una filosofa, Simone Weil, che per una fedeltà luminosa alla sua coscienza, non si permise di passare la soglia del cattolicesimo. E' rimasta vigile sulla soglia. Ma sentite che cosa dice della sua esperienza. Era stata chiamata a recitare poesie. Scrive: "Fu in una di queste recite che Gesù è sceso e mi ha presa. Nei miei ragionamenti, sull'insolubilità del problema di Dio. non avevo previsto questa possibilità di un contatto reale, da persona a persona, tra un essere umano e Dio. Avevo vagamente sentito parlare di cose simili. Ma non ci avevo mai creduto".

E di questo suo contatto con Gesù scriverà più tardi: "Una presenza più personale, più certa, più reale di quella di un essere umano, inaccessibile ai sensi e all'immaginazione, analoga all'amore che traspare attraverso il più tenero sorriso di un essere amato". Così Simone Weil, una della soglia. E noi? Che la soglia l'abbiamo oltrepassata? So di aver tralasciato tanti messaggi che risuonavano oggi nelle letture, ma queste due parole "amico" e sposo" mi sono troppo care e vorrei risuonassero nei luoghi della fede e in ogni altro luogo. Perché niente, in mancanza di cuore, vada impallidendo o finanche muoia.

Parole dove batte un cuore. Anche quello di Giovanni e di Gesù. Volesse il cielo, anche il nostro!

 

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