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TESTO Vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco

don Luciano Cantini  

III Domenica di Avvento (Anno C) - Gaudete (16/12/2018)

Vangelo: Lc 3,10-18 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, 10le folle interrogavano Giovanni, dicendo: «Che cosa dobbiamo fare?». 11Rispondeva loro: «Chi ha due tuniche ne dia a chi non ne ha, e chi ha da mangiare faccia altrettanto». 12Vennero anche dei pubblicani a farsi battezzare e gli chiesero: «Maestro, che cosa dobbiamo fare?». 13Ed egli disse loro: «Non esigete nulla di più di quanto vi è stato fissato». 14Lo interrogavano anche alcuni soldati: «E noi, che cosa dobbiamo fare?». Rispose loro: «Non maltrattate e non estorcete niente a nessuno; accontentatevi delle vostre paghe».

15Poiché il popolo era in attesa e tutti, riguardo a Giovanni, si domandavano in cuor loro se non fosse lui il Cristo, 16Giovanni rispose a tutti dicendo: «Io vi battezzo con acqua; ma viene colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco. 17Tiene in mano la pala per pulire la sua aia e per raccogliere il frumento nel suo granaio; ma brucerà la paglia con un fuoco inestinguibile».

18Con molte altre esortazioni Giovanni evangelizzava il popolo.

Che cosa dobbiamo fare?
Per tre volte è fatta la stessa domanda da tre categorie di persone diverse; Giovanni offre loro tre diverse risposte; è necessario però leggerle nel contesto di tutto l'evento del Battista che Luca ci racconta, di cui abbiamo ascoltato solo una parte. Centro di tutto il racconto è l'annuncio della venuta del Signore: un fatto straordinario che sconvolge la storia dell'umanità - e la storia personale di ciascuno - è un fatto talmente singolare che supera l'evento stesso tanto da coinvolgerci nel nostro oggi, per questo bisogna tenerci pronti per non perdere l'occasione!
Giovanni compie un gesto fortemente simbolico: battezza, immerge nell'acqua del Giordano, gli israeliti che non vedono futuro nella loro vita. È un gesto “nuovo” che supera il senso di purificazione a cui gli ebrei erano abituati: ci si affida alle braccia di Giovanni così come ci si affida nelle mani di Dio. Il senso della immersione nell'acqua lo si dà nella immersione nella novità di vita; non basta compiere un rito come la semplice appartenenza al popolo di Israele per potersi salvare. Non possiamo illuderci o nasconderci dietro ritualismi o appartenenze culturali. Sono necessarie scelte concrete di vita, da qui la domanda reiterata che il Vangelo racconta.

Rispondeva loro
Giovanni indica a tutti uno stile di condivisione e carità, entra nello specifico di ciascuno chiedendo qualcosa legato alle loro relazioni, alla loro esperienza. Non fa richieste impossibili, né chiede atteggiamenti eroici, non esula dalla normalità. È interessante che le risposte di Giovanni non riguardano né Dio né la religione. Il cambiamento vero di vita non lo si ha in una vita più devozionale o religiosa, con un aumento di preghiere e riti, piuttosto in relazioni umane nuove, nella giustizia e nella solidarietà.
La condivisione di ciò che abbiamo a disposizione, l'onestà sul lavoro, il rifiuto della violenza gratuita, la rinuncia a utilizzare posizioni di potere, sono quanto necessario per una vita “convertita”. Le richieste di Giovanni sono così umane che verrebbe da domandarsi cosa differenzia la vita di un laico da quella di un credente, siamo troppo condizionati dalle separazioni degli ambiti che ci permettono di far convivere l'esperienza religiosa con visuali della società non del tutto compatibili, come se l'anima dovesse percorrere strade diverse dalla realtà storica.
Non possiamo pensare di dare spazio a Dio nella vita senza toccare la concretezza delle cose, la professione, la casa e i beni che possediamo, le relazioni con che persone che in qualche modo hanno a che fare con noi. Giovanni, ci chiede di convertirci all'uomo; non indica delle “cose da fare”, neppure di essere “buoni” o piuttosto “buonisti”, ma chiede di fare spazio all'altro, rispettandolo, accogliendolo, togliendo da sé qualsiasi potere sull'altro, mantenendo ciascuno la propria condizione e il proprio impegno. La vera conversione, dà il suo frutto, la sua visibilità, dal posto che l'altro occupa nella nostra vita, specie quando debole, indifeso, povero, o soltanto di passaggio.

Poiché il popolo era in attesa
L'attesa messianica accompagna da sempre la storia del popolo ebraico; nella dinamica del divenire, si comprende che non tutto è compiuto, che Dio ha ancora da portare a termine la creazione. All'epoca di Giovanni ai motivi religiosi si sommano condizioni di crisi generali che accentuavano il senso dell'attesa; la mancanza di libertà, difficoltà economiche e sociali, fanno guardare verso il futuro nella ricerca di una soluzione; più forte è il disagio più l'esigenza di salvezza si fa forte, più intensa è l'ansia della attesa. Purtroppo, quando la crisi è percepita più gravemente, si manifesta il fanatismo collettivo e facilmente si cercano scorciatoie anche violente. Anche l'attuale situazione mondiale porta con sé aspettative di soluzione ma anche segni di rivolta violenti accentuati dal clamore mediatico che in qualche misura ne incentiva la virulenza. Giovanni prospetta la venuta di colui che vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco. Anche quando siamo immersi nelle difficoltà, nella notte più buia. Anche quando tutto sembra che Dio si è dimenticato di noi, nessuno può toglierci la certezza che Dio è vicino a noi per adombrarci del suo Spirito e della sua forza.

 

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