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TESTO Il fascino di un asino...

don Angelo Casati  

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4a domenica Tempo di Avvento (anno C) (09/12/2018)

Vangelo: Lc 19,28-38 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 19,28-38

28Dette queste cose, Gesù camminava davanti a tutti salendo verso Gerusalemme. 29Quando fu vicino a Bètfage e a Betània, presso il monte detto degli Ulivi, inviò due discepoli 30dicendo: «Andate nel villaggio di fronte; entrando, troverete un puledro legato, sul quale non è mai salito nessuno. Slegatelo e conducetelo qui. 31E se qualcuno vi domanda: “Perché lo slegate?”, risponderete così: “Il Signore ne ha bisogno”». 32Gli inviati andarono e trovarono come aveva loro detto. 33Mentre slegavano il puledro, i proprietari dissero loro: «Perché slegate il puledro?». 34Essi risposero: «Il Signore ne ha bisogno». 35Lo condussero allora da Gesù; e gettati i loro mantelli sul puledro, vi fecero salire Gesù. 36Mentre egli avanzava, stendevano i loro mantelli sulla strada.

37Era ormai vicino alla discesa del monte degli Ulivi, quando tutta la folla dei discepoli, pieni di gioia, cominciò a lodare Dio a gran voce per tutti i prodigi che avevano veduto, 38dicendo:

«Benedetto colui che viene,

il re, nel nome del Signore.

Pace in cielo

e gloria nel più alto dei cieli!».

E' avvento. Venuta. Ti chiedi come venga oggi Gesù, e come, un giorno, farà ritorno quando i tempi saranno compiuti. Come sia solito venire e come aspettarlo. Per dirlo la liturgia evoca una icona, per me incancellabile, quella del suo ingresso - "trionfale" - così lo chiamiamo noi - in Gerusalemme. Non ci fu nulla di trionfale, dobbiamo dirlo subito. Non ci furono folle, infatti il testo parla di folle dei discepoli. Ora noi sappiamo che il numero dei discepoli si era di lungo assottigliato, i rimasti non appartenevano di certo alle classi altolocate o colte, appartenevano alla categoria dei piccoli. Eccoli i piccoli. Non dunque un ingesso trionfale, ma un ingresso "speciale" sì. Anche perché lui era speciale.

Ebbene - vorrei dirvi - che il modo in cui uno entra è rivelatore, dice molto del Veniente. Perdonate la digressione: io ho ancora negli occhi il modo in cui il cardinale Martini, allora era un vescovo, entrò nella nostra Diocesi. Senza processioni, senza steccati, immerso nella folla, semplicemente con il vangelo in mano. La gente vide, moti capirono. Molto di Gesù dunque si intravide - fu quasi una conferma del suo modo di andare per strade e per case - si intravide il giorno di quel suo ingresso inusuale in Gerusalemme... Ci colpisce - oserei dire - il rigore con cui lui stesso organizza la venuta nella città. La organizza spogliandola.

Come se un vescovo - pensate - sul punto di fare l'ingresso in Diocesi venisse a conoscere le modalità fastose con cui si vuole accoglierlo e dicesse: "Scordatevelo. Via tutto. Niente fanfare, niente autorità pubbliche, niente cordoni di protezioni: domini la semplicità". E' successo anche a un papa - e voi forse lo ricordate -: il giorno del suo ingresso in San Pietro fu fatto salire e sedere sulla sedia gestatoria - era Papa Giovanni -. Gli chiesero come si sentisse, lì, in alto. Rispose che stava meglio quando da piccolo era portato nel gerlo di suo padre di ritorno dai campi.

Ci colpisce, leggendo, la scelta precisa di un puledro, di un asino. Perché mentre il cavallo era il prototipo della cavalcatura arrembante dei re nelle campagne militari, l'asino, con il suo incedere lento, a volte sgraziato, era il prototipo della cavalcatura dei re in tempi di pacificazione. I profeti avevano preannunciato la venuta di un Messia mite e umile. L'asino ne era un segno. Lo dovrebbe essere per anche oggi, sia che si entri in una casa, sia che si entri nel mondo ecclesiale, sia che si entri nel mondo politico. Non per cavalcare la paura, ma per costruire segni di giustizia e di pacificazione.

Già altre volte ci siamo detti che mitezza e umiltà sembrano oggi virtù sconosciute, virtù senza più corso. In tanti, troppi, ambiti sembra prevalere semplicemente l'opposto della mitezza e dell'umiltà. Arroganza e spavalderia, presunzione, sembrano essersi insediate ai livelli più alti, e per un contagio funesto ai livelli più quotidiani... "Imparate da me" - disse Gesù proprio nel giorno in cui gli venne di benedire Dio per i piccoli - "Imparate da me, che sono mite e umile di cuore" (Mt 11, 28). Mitezza, umiltà. Ma ancora un'altra virtù ci colpisce nel brano: la disponibilità. A proposito dell'asino che vanno a slegare, Gesù dice: "Se qualcuno vi domanda: 'Perché lo slegate?', risponderete così: 'Il Signore ne ha bisogno'".

Disponibilità del proprietario del puledro e disponibilità dell'asino. Che presta la sua groppa al Signore. Prestare la nostra groppa al Signore, prestare la nostra groppa a che ne ha bisogno. Con le poche forze che abbiamo, ma con la gioia di portare il Signore. Permettete che finisca riprendendo un passo, che mi è capitato di citare altre volte. E' di un cardinale, il cardinale Etchegaray, in un suo libro intitolato "Tiro avanti come un asino". Ogni volta che rileggo il passo dell'ingresso di Gesù a groppa d'asino, mi riviene alla memoria. Anche quest'anno.

Eccolo: "Tiro avanti come un asino... Sì, proprio come quell'animale che un dizionario biblico descrive così: "L'asino di Palestina è assai robusto, sopporta bene il caldo, si nutre di cardi, grazie alla forma degli zoccoli, ha un'andatura molto sicura; infine il suo mantenimento è poco costoso: i suoi unici difetti sono la testardaggine e la pigrizia. Tiro avanti come l'asino di Gerusalemme, che nel giorno delle Palme fu per il Messia una cavalcatura regale e pacifica. Non so un granché, ma so di portare il Cristo sulla mia groppa e di ciò sono più fiero di quanto non lo sia di essere basco.

Sono io che lo porto, ma è lui che mi guida. So che mi conduce verso il suo regno, dove mi riposerò per sempre in verdi pascoli. Tiro avanti a piccoli passi. Per sentieri scoscesi, lontano dalle autostrade dove la velocità ci impedisce di riconoscere cavalcatura e cavaliere. Quando inciampo in un sasso, il mio Padrone viene certamente sballottato, ma non mi rimprovera mai di niente. E' meraviglioso sperimentare come sia gentile e paziente con me: mi lascia il tempo per salutare l'incantevole asina di Balaam, per sognare davanti a un campo di lavanda, per dimenticare perfino che lo porto. Tiro avanti in silenzio.

E' incredibile come ci comprendiamo senza parlare, non capisco bene quando mi bisbiglia qualcosa all'orecchio. La sola sua Parola che ho capito sembrava diretta soltanto a me e posso rendere testimonianza della sua verità: "Il mio giogo è soave e leggero il mio peso" (Mt. 11,30). Parola di animale, è proprio come quando portavo alacremente sua madre verso Betlemme una sera di Natale. "Ella pesava poco, perché era assorta nel pensiero del futuro che si portava dentro", come ha detto Jules Supervielle, il poeta amico degli asini. Tiro avanti, con gioia.

Quando voglio cantare le sue lodi faccio un baccano del diavolo, perché sono stonato. Allora lui ride di cuore, con un riso che trasforma i sentieri accidentati in piste da ballo, i miei zozzoli in sandali alati. Quelle volte, ve lo assicuro, se ne fa tanta di strada! Tiro avanti, tiro avanti come un asino che porta il Cristo sulla groppa. (Roger Etchegaray, Tiro avanti come un asino, S.Paolo 2007, pp.9-10).

 

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