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TESTO L'ingresso del Messia

don Walter Magni  

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4a domenica Tempo di Avvento (anno C) (09/12/2018)

Vangelo: Lc 19,28-38 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 19,28-38

28Dette queste cose, Gesù camminava davanti a tutti salendo verso Gerusalemme. 29Quando fu vicino a Bètfage e a Betània, presso il monte detto degli Ulivi, inviò due discepoli 30dicendo: «Andate nel villaggio di fronte; entrando, troverete un puledro legato, sul quale non è mai salito nessuno. Slegatelo e conducetelo qui. 31E se qualcuno vi domanda: “Perché lo slegate?”, risponderete così: “Il Signore ne ha bisogno”». 32Gli inviati andarono e trovarono come aveva loro detto. 33Mentre slegavano il puledro, i proprietari dissero loro: «Perché slegate il puledro?». 34Essi risposero: «Il Signore ne ha bisogno». 35Lo condussero allora da Gesù; e gettati i loro mantelli sul puledro, vi fecero salire Gesù. 36Mentre egli avanzava, stendevano i loro mantelli sulla strada.

37Era ormai vicino alla discesa del monte degli Ulivi, quando tutta la folla dei discepoli, pieni di gioia, cominciò a lodare Dio a gran voce per tutti i prodigi che avevano veduto, 38dicendo:

«Benedetto colui che viene,

il re, nel nome del Signore.

Pace in cielo

e gloria nel più alto dei cieli!».

“Se invece di voltarci indietro, guardessimo avanti, se invece di guardare le cose che si vedono, avessimo l'occhio attento a quelle che non si vedono ancora, se avessimo cuori in attesa, più che cuori in rimpianto, nessuno ci toglierà più la nostra gioia”. Così scrive don Primo Mazzolari. E Gesù è uno che cammina guardando avanti, senza mai voltarSi indietro. Che va risoluto verso Gerusalemme, come dice il Vangelo di questa domenica.

“Camminava davanti a tutti”
L'evangelista Luca, poco prima di narrare l'ingresso di Gesù nella città Santa, annota il modo nel quale Gesù sta avanzando, riferendosi probabilmente a un ricordo che gli era stato consegnato: Gesù “camminava davanti a tutti, salendo verso Gerusalemme”. Come fosse lui il condottiero di questa singolare avventura d'amore; come fosse mosso da un grande desiderio, da una passione profonda. Mentre nel Suo cuore provava un senso di grande solitudine. Soprattutto da parte dei Suoi. Poco prima di arrivare a Gerico, infatti, Gesù aveva annunciato che il Figlio dell'uomo sarebbe stato catturato, ucciso e che sarebbe poi risorto il terzo giorno. Ma, annota l'evangelista: “quelli non compresero nulla di tutto questo. Quel parlare restava oscuro per loro” (Lc 18,34). È con questo stato d'animo che Gesù finalmente Si riempie gli occhi di stupore alla vista di Gerusalemme. Ma, camminando “davanti a tutti”, nessuno Gli sta più attorno. Nessuno Gli fa più una domanda, Gli chiede un miracolo o una battuta. Gesù va incontro al Suo destino di morte e di resurrezione senza che qualcuno Lo possa comprendere. Come condividesse ormai l'amaro destino di desolazione e di morte che anche Gerusalemme avrebbe dovuto subire di lì a pochi anni. Viene alla mente il passo nel quale Gesù viene preso da un moto di pianto trovandoSi sotto le sue mura: “Gerusalemme, Gerusalemme, tu che uccidi i profeti e lapidi quelli che sono stati mandati a te: quante volte ho voluto raccogliere i tuoi figli, come una chioccia i suoi pulcini sotto le ali, e voi non avete voluto!” (Mt 23,37).

“Troverete un puledro”
Intorno a Gesù che avanza c'è, dunque, grande silenzio e Lui stesso sembra non trovare più le parole. Capaci ancora di una consolazione vera, in grado di esprimere il senso, una direzione comprensibile di quanto sta per capitare. Proprio Lui, che Si è sempre espresso con parole forti e chiare, con segni miracolosi tanto evidenti, sino a suscitare meraviglia e adesione entusiasta, ora è lì solo. Come assorto nei Suoi pensieri. Così d'un tratto fa un tentativo estremo. Confidando più nei segni che in tante parole. Giungendo a fare una proposta persino paradossale. Si volta, e, volgendo lo sguardo a due dei Suoi discepoli, dice loro: “Andate al villaggio di fronte, entrando troverete un puledro sul quale non è mai salito nessuno. Scioglietelo e conducetelo qui”. Dunque, la proposta e l'invito è a dir poco sconcertante: andate a cercare un puledro d'asino. Cosa se ne potrà fare il Figlio di Dio di un asinello? Non è strana, se non bizzarra, questa Sua rilettura dell'ingresso del messia in Gerusalemme? Quando tutti, dovendoci inoltrare per qualche responsabilità ecclesiale, o civile, ci fregeremmo di qualche titolo alto e significativo, imbastendo magari un discorso retorico e noioso, Gesù va controcorrente. Ci invita tutti ad andare controcorrente. Cominciando a cercare un puledro d'asino sul quale salire per essere riconosciuti. Dirottando i nostri occhi, spesso ubriachi di potere e troppo a lungo ripiegati su di noi, a una considerazione più mite della realtà delle cose, una più umile immagine di se stessi, una più semplice considerazione da parte degli altri.

“Il Signore ne ha bisogno”
Colpisce però il fatto che proprio di quell'asino il Signore ne abbia bisogno: “se qualcuno vi domanda: ‘Perché lo slegate?', risponderete così: ‘Il Signore ne ha bisogno'”. Proprio il Signore, il Figlio di Dio, ne ha bisogno. Cosa avrà mai compreso quel giorno uno sparuto gruppo di amici e di gente, mentre Gesù a cavallo di un asinello, cercava di avanzare, acclamato e trionfante, verso la città del Suo compimento? Non è difficile dubitare della loro comprensione, ma neppure siamo così certi della nostra capacità di capire un mistero così grande. Anche l'evangelista Giovanni notava del resto che “i suoi discepoli sul momento non capirono queste cose” (Gv 12,16). Comprenderanno certo dopo. Ma in quel momento non compresero nulla. Eppure il Signore ne ha bisogno, ha bisogno proprio di loro. Non rinuncia alla nostra incomprensione; a certe nostre caparbie ignoranze!
Come non sembra voler rinunciare ancora oggi all'ignoranza di molti credenti, spesso incoscienti e superficiali. Come si combina la nostra ignoranza col Suo mistero di redenzione? Siamo ancora una volta davanti a un amore senza confini. A una misericordia che supera ogni nostra aspettativa. Anche un non credente pensoso come Ignazio Silone scriveva con tristezza e rammarico: “Mi sono stancato di cristiani che aspettano la venuta del loro Signore con la stessa indifferenza con cui si aspetta l'arrivo dell'autobus”. E invece Gesù non si stanca affatto di avanzare ancora, senza temere affatto la nostra ignoranza, certe indifferenze. Dio ci ama così come siamo. Una santa follia?

 

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