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TESTO Non abbiate timore

mons. Antonio Riboldi

XII Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (19/06/2005)

Vangelo: Mt 10,26-33 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mt 10,26-33

In quel tempo, Gesù disse ai suoi apostoli: 26Non abbiate paura degli uomini, poiché nulla vi è di nascosto che non sarà svelato né di segreto che non sarà conosciuto. 27Quello che io vi dico nelle tenebre voi ditelo nella luce, e quello che ascoltate all’orecchio voi annunciatelo dalle terrazze. 28E non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo, ma non hanno potere di uccidere l’anima; abbiate paura piuttosto di colui che ha il potere di far perire nella Geènna e l’anima e il corpo. 29Due passeri non si vendono forse per un soldo? Eppure nemmeno uno di essi cadrà a terra senza il volere del Padre vostro. 30Perfino i capelli del vostro capo sono tutti contati. 31Non abbiate dunque paura: voi valete più di molti passeri!

32Perciò chiunque mi riconoscerà davanti agli uomini, anch’io lo riconoscerò davanti al Padre mio che è nei cieli; 33chi invece mi rinnegherà davanti agli uomini, anch’io lo rinnegherò davanti al Padre mio che è nei cieli.

C'è attorno a tutti un senso di insicurezza e, diciamolo pure, di paura. Questa rivela da una parte la nostra debolezza di fronte ad un mondo che ci assedia e pare abbia perso la pietà ed il rispetto dell'uomo, e dall'altra il non sapere più a chi appoggiarsi per avere coraggio.

Gesù oggi ci dice di cosa avere paura. "Non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo, ma non hanno potere di uccidere l'anima: temete piuttosto colui che ha il potere di far perire e l'anima e il corpo nella Geenna. Due passeri non si vendono forse per un soldo? Eppure neanche uno di essi cadrà a terra senza che il Padre lo voglia.

Quanto a voi, persino i capelli del vostro capo sono tutti contati; non abbiate dunque timore: voi valete molto più di molti passeri" (Mt. 10,26-33).

Direi che l'amore è la sola medicina contro la paura. Chi veramente ama la sola paura che ha è quella di perdere l'amore.

Incontrai un mio caro confratello, che da quasi 40 anni opera in missione in Africa, in condizioni di disagio che tutti conosciamo. E' solo ed ama i suoi fedeli più che la sua vita. Tempo fa stava cercando di dotare i "Masai" di un tetto, in modo che non vagassero nelle lande senza dimora. Riuscì a formare una comunità che si amava come le prime comunità cristiane. Non importava vivere da vero povero e non conoscere le nostre comodità.

Mi chiese un aiuto per portare a termine il suo disegno di finire le opere della comunità. Qualcuno seppe che la mattina aveva ricevuto la somma di denaro fattagli avere. Attesero che nessuno vedesse e, entrati in casa, per cercare i soldi, lo massacrarono di botte. Era la quinta volta che ciò gli avveniva, ma mai si fece prendere dalla paura. I "suoi fedeli" valevano di più.

Il vescovo gli cambiò sede e dovette così cominciare da capo per portare acqua, luce, strade, ossia quello che dà dignità alla vita.

Venne a trovarmi chiedendomi se potevo ancora essergli di aiuto. "Non hai paura a tornare?" gli chiesi. "La mia missione è una vera meravigliosa malattia del cuore. Non puoi farne a meno. Mi fanno paura sì i ladri, ma mi fa più paura abbandonare chi amo". Ed è tornato alla "sua terra" "il mio pezzo di paradiso" affermava.

E' la stessa serenità dei santi, ossia di quelle anime che amano e sono amati talmente da Dio, Amore, che la sola paura è quella di fare qualcosa che possa offenderLo e quindi perderLo.

E' la serenità di tante spose o sposi che non conoscono la paura. Darebbero la vita pur di non fare qualcosa che possa creare ombre nel cuore di chi si ama.

Davvero l'amore, quello vero, è la serenità della vita. Se poi questo amore è Dio, capiamo perché tanti sanno affrontare ogni sacrificio fino al martirio pur di non perderLo. Ho sempre nel cuore il ricordo di mio papà che amava mamma immensamente.

Un giorno ebbe a dirmi: "Antonio, sono 33 anni che vivo con mamma e la amo come fosse il primo giorno. Se dovesse venire meno, morirei anch'io".

E chi non conosce esempi di sposi che si sono sempre amati con totalità, per una vita intera, al punto che morendo l'uno, capita che dopo poco muore anche l'altro; come a dimostrare che l'amore è eterno, come quello del Padre.

Ultimamente, il 29 Maggio, se ricordate, si celebrò a Bari il congresso eucaristico che, volendo rimettere la domenica come giorno del Signore e quindi giorno dell'amore di Gesù a noi e tra di noi, si dette il titolo: "Senza domenica non possiamo vivere". E' la storia di una piccola comunità cristiana che aveva sede ad Abitene, nell'attuale Tunisia. 49 cristiani furono sorpresi una domenica a mensa, riuniti in casa di Ottavio Felice: celebravano l'Eucarestia, sfidando i divieti imperiali. Arrestati, vennero condotti a Cartagine per essere interrogati dal proconsole Anulino. Significativa, tra le altre, la risposta che un certo Emerito diede al Proconsole, che gli chiedeva come mai avessero trasgredito l'ordine severo dell'imperatore. La riposta fu: "Senza domenica non possiamo vivere", ossia senza l'Amore di Dio, che si fa nella Eucarestia "pane di vita", ci mancherebbero le forze per affrontare le difficoltà quotidiane e non soccombere. Per questo furono trucidati e uccisi...certamente felici di avere effuso tutto l'amore possibile qui in terra, per entrare in quello pieno in Cielo.

Ma noi siamo in questa luce di amore che teme solo di offendere il Padre, ossia di dare posto nel cuore a quanto è negazione dell'amore?

Sappiamo tutti che viviamo un tempo difficile in cui non è davvero facile essere cristiani veri, ossia cristiani che vivono quotidianamente, qualunque cosa facciano, con il sorriso nel cuore e sul volto, che è proprio di chi ama ed è felice. Facile farsi attirare da ciò che uccide l'anima.

Se ricordate, l'ultima Via Crucis di quest'anno, per la prima volta nel suo pontificato, non poté intervenire l'amato Pontefice Giovanni Paolo II: lui, tanto affezionato alla croce che, ogni volta interveniva alla Via Crucis, portava con forza, come se lui e la croce fossero una cosa sola!

La sua Via Crucis Giovanni Paolo II la dovette "vivere" seguendo quella del Venerdì Santo dalla sua cappella.

Toccò all'attuale pontefice, allora Card. Ratzinger, dettare le riflessioni e preghiere della Via Crucis.
Scelgo una stazione che propongo:

- settima stazione: "La tradizione della triplice caduta di Gesù e del peso della croce richiama la caduta di Adamo - il nostro essere umani caduti - e il mistero della partecipazione di Gesù alla nostra caduta. Nella storia dell'uomo la caduta assume sempre forme nuove. Nella sua prima lettera Giovanni parla di una triplice caduta dell'uomo: la concupiscienza della carne, la concupiscienza degli occhi e la superbia della vita. E' così che egli, sullo sfondo dei vizi del suo tempo, con tutti i suoi eccessi e perversioni, interpreta la caduta dell'uomo e della umanità. Ma possiamo pensare, nella storia più recente, anche a come la cristianità, stancatasi della fede, abbia abbandonato il Signore: le grandi ideologie, come la banalizzazione dell'uomo, che non crede più a nulla e si lascia semplicemente andare, hanno costruito un nuovo paganesimo, un paganesimo peggiore, che, volendo accantonare definitivamente Dio, ha finito per sbarazzarsi dell'uomo. L'uomo giace così nella polvere. Il Signore porta questo peso e cade, cade per poter venire a noi: egli ci guarda perché in noi il cuore si risvegli; cade per rialzarci".

E il nostro futuro Papa, Benedetto XVI, prega: "Signore Gesù Cristo, hai portato il nostro peso e continui a portarci. E' il nostro peso a farti cadere. Ma sii tu a rialzarci, perché da soli non riusciamo ad alzarci dalla polvere. Liberaci dalla concupiscienza. Al posto di un cuore di pietra, donaci di nuovo un cuore di carne, un cuore capace di vedere ed amare. Distruggi il potere delle ideologie, cosicché gli uomini possano riconoscere che sono intessute di menzogne. Non permettere che il muro del materialismo diventi insuperabile. Fa' che ti percepiamo di nuovo. Rendici sobri è attenti per poter resistere alle forze del male e aiutaci a riconoscere i bisogni interiori ed esteriori degli altri e sostenerli. Rialzaci, così che possiamo rialzare gli altri. Donaci speranza in mezzo a tutta questa oscurità, perché possiamo divenire portatori di speranza a questo mondo" (settima stazione della Via Crucis).

E' una pagina che davvero ci aiuta a capire ciò che dobbiamo temere e che tante volte non riusciamo a vedere.

Non c'è che accogliere l'invito di Gesù, oggi, che con la forza di Figlio di Dio ci invita a non temere ciò che può fare del male al corpo, ma temere ciò che può fare del male all'anima, la sede dell'amore e della gioia.

Come è davvero bello incontrare giovani, donne, uomini che "vivono di Dio e illuminano tutto e tutti". Davvero in loro non c'è paura...perché sono di Cristo.
E' bello pregare insieme con il salmo di oggi n. 68:

"Per te io sopporto l'insulto e la vergogna mi copre la faccia:
sono un estraneo per i miei fratelli
un forestiero per i figli di mia madre.
Poiché mi divora lo zelo per la tua casa
ricadono su di me gli insulti di chi ti insulta.

Io innalzo a te la mia preghiera, Signore, nel tempo della benevolenza;
per la grandezza della tua bontà, rispondimi,
per la fedeltà della tua salvezza, o Dio.
Rispondimi, Signore, benefica è la tua grazia:
volgiti a me nella tua grande tenerezza.
Vedano gli umili e si rallegrino:
si ravvivi il cuore di chi cerca Dio,

perché il Signore ascolta i poveri e non disprezza i suoi che sono prigionieri.
A lui acclamino i cieli e la terra
i mari e quanto in esso si muove".

 

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