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TESTO Immacolata perché donna di speranza

padre Gian Franco Scarpitta  

Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria (08/12/2018)

Vangelo: Lc 1,26-38 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 1,26-38

In quel tempo, 26l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, 27a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. 28Entrando da lei, disse: «Rallégrati, piena di grazia: il Signore è con te».

29A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo. 30L’angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. 31Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. 32Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre 33e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine».

34Allora Maria disse all’angelo: «Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?». 35Le rispose l’angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio. 36Ed ecco, Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch’essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile: 37nulla è impossibile a Dio». 38Allora Maria disse: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola». E l’angelo si allontanò da lei.

Il tempo di Avvento è un itinerario di speranza, sia nel concetto immediato di preparazione alla Festa del Natale, sia nel significato più ampio di predisposizione all'incontro con Gesù nella sua venuta finale. La speranza comporta infatti l'attesa fiduciosa, giustificata, di qualcosa di piacevole e di rassicurante che certamente si realizzerà; sperare è attendere con fiducia l'avvento di un piacevole esito o del raggiungimento di un prosperoso traguardo e allo stesso tempo predisporsi con tutti i mezzi al raggiungimento di codesta meta. Coltivare la speranza vuol dire quindi non darla vinta all'ansia e all'apprensione, non lasciarsi sedurre dalla tentazione delle decisioni improprie e aspettate, non aver premura di anticipare il futuro e non ricorrere a qualsiasi espediente pur di risolvere immediatamente il problema. Comporta saper attendere le occasioni migliori, aver fiducia che la pazienza e il tempo apporteranno risultati, aprirsi alla certezza di un avvenire più promettente e intanto sopportare con coraggio avversità, prove e delusioni. Diceva poi Don Tonino Bello che aspettare è sinonimo di amare, perché l'umiltà con cui si esercita la pazienza è la prova evidente che si ha fede, che ci è radicati nel credere, e per ciò stesso che si è abilitati all'esercizio della carità. Chi ha fede è capace di sperare e chi dimostra di avere speranza dimostra allo stesso tempo di essere radicato nella fede. Quale risultato migliore offre, conseguentemente, questo binomio se non l'amore disinteressato e sincero, esperibile nei frutti visibili delle buone opere e nel costitutivo personale della carità?

Sperare vuol dire in sintesi aver fiducia in Dio e saper attendere che lui intervenga nella nostra vita risolvendo ogni cosa o dandoci lume per trovare la soluzione adatta. Non ricorrere alla giustizia sommaria e personale, ma confidare che Dio farà giustizia; non riporre fiducia solamente nelle proprie forze, ma trovare in Dio colui che ci da la forza; non radicarsi su se stesso e vantare presunte autosufficienze o autoesaltazioni, ma esaltare Dio che opera in noi.

E se l'Avvento è il tempo della speranza, cioè dell'attesa di Dio, ebbene ci viene proposta la figura di Maria come donna della fiducia e della speranza.

Le pagine evangeliche che si riferiscono a questa giovane fanciulla inaspettatamente eletta per essere Madre straordinaria, ce la presentano come umile donna credente, consolidata nella radicalità nel suo Signore, convinta e per ciò stesso capace di sperare in lui, di essere cioè la donna dell'attesa e della pazienza. L'annuncio della maternità improvvisa da parte dell'angelo non comporta in lei turbamenti e agitazioni, ma decisioni convinte e consapevoli su quanto sta per realizzarsi in lei; non la induce a cercare fughe, soluzioni rimediate o di ripiego, né la spinge a iniziative improprie e spropositate: viene ispirata semplicemente ad aver fiducia in Dio e ad attendere che sia lui a manifestarsi ulteriormente nella sua vita per indicarle il giusto atteggiamento da seguire. Maria quindi spera, cioè attende che Dio operi in lei e che manifesti di volta in volta la sua volontà, indicandole i percorsi da seguire e allo stesso tempo si mette in ascolto attivo e intraprendente. Lascia che sia Dio a fornirle i mezzi necessari alla missione, senza adoperare strumenti inappropriati e fallaci. E tutto questo non avviene certo in una situazione in cui è facile coltivare la speranza: il suo stato di gravidanza prematura, sia pure per opera dello Spirito Santo, le costa illazioni e pregiudizi da parte della gente, umiliazioni ed esecrazioni, rischi legali di condanna e perfino l'atroce perplessità del suo promesso sposo. E tuttavia lei non cessa di sperare nel Signore perché la fede in Lui riposta comporta che a lui debba anche abbandonarsi. La speranza di Maria si rinnova nei banchi di prova della gestazione all'addiaccio, della dimora in una grotta, della fuga in Egitto e delle continue lotte familiari man mano che il suo Figlio cresce e matura come uomo.

La speranza di Maria non è passata inosservata, come dimostra lo stesso fatto che oggi Le si dedica la presente Liturgia che la esalta come Immacolata, cioè incontaminata dal peccato originale, oltre che attuale.

"Piena di Grazia" è l'aggettivo con cui l'angelo si rivolge a Maria iniziando la sua rivelazione divina. Esso, dall'originale greco Kekaritomene significa letteralmente: "che è stata resa oggetto di ogni benemerenza e di ogni favore"; che ha ottenuto assoluta dignità, perfezione e illibatezza. "Piena di grazia" vuol dire ricolma di ogni beneficio divino, anche fra quelli dei quali gli altri uomini non possono disporre. Dal peccato originale Maria è stata “preservata”, cioè purificata ancor prima di essere concepita, per un singolare privilegio finalizzato alla concezione del Figlio di Dio che in lei doveva diventare Figlio dell'Uomo: a veicolare la nostra salvezza non poteva essere un corpo contaminato da colpa, sia pure minima o insignificante. Dio ha reso illibata questa fanciulla perché il suo Verbo trovasse appropriato luogo ove entrare in comunicazione con la nostra precarietà. Fede e speranza, unitamente alla carità, hanno reso possibile l'incarnazione in un evento speciale di gestazione casta e illibata che sarà edificante anche nella vita della Chiesa.

Aver perseverato nella speranza in Colui che l'aveva eletta ha comportato altresì l'ulteriore vantaggio che i Padri della Chiesa abbiano individuato in Maria la Nuova Eva, vale a dire colei le cui virtù di obbedienza, sottomissione, costanza e perseveranza compensassero le magagne e le manchevolezze della prima donna (Eva) concepita come simbolo di perdizione umana.

Karl Rahner scriveva: "Questa persona che chiamiamo Maria, in tutta la storia della salvezza, è come il punto sul quale cade direttamente dall'alto, in questa storia, tutta la salvezza di Dio" e in questo tempo di privilegiata attenzione alla venuta del Signore, la sua figura ci introduce nel mistero stesso della salvezza la cui gioia ci verrà svelta nella semplicità di un Bambino.

Contemporaneamente siamo esortati anche noi a coltivare la stessa speranza che, poggiando sulla fede, ci sprona a rinnovarci interiormente per acquistare serenità, fiducia e coraggio, facendoci vincere tutte le battaglie e spronandoci sempre al meglio per cogliere successivamente i frutti di un prosperoso raccolto di amore solerte e consolidato.

 

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