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TESTO Tutto crolla, Dio no

don Giacomo Falco Brini  

XXXIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) (18/11/2018)

Vangelo: Mc 13,24-32 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mc 13,24-32

24In quei giorni, dopo quella tribolazione,

il sole si oscurerà,

la luna non darà più la sua luce,

25le stelle cadranno dal cielo

e le potenze che sono nei cieli saranno sconvolte.

26Allora vedranno il Figlio dell’uomo venire sulle nubi con grande potenza e gloria. 27Egli manderà gli angeli e radunerà i suoi eletti dai quattro venti, dall’estremità della terra fino all’estremità del cielo.

28Dalla pianta di fico imparate la parabola: quando ormai il suo ramo diventa tenero e spuntano le foglie, sapete che l’estate è vicina. 29Così anche voi: quando vedrete accadere queste cose, sappiate che egli è vicino, è alle porte.

30In verità io vi dico: non passerà questa generazione prima che tutto questo avvenga. 31Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno.

32Quanto però a quel giorno o a quell’ora, nessuno lo sa, né gli angeli nel cielo né il Figlio, eccetto il Padre.

Alcuni giorni fa, durante un colloquio telefonico, una cara amica cui chiedevo come stesse in salute mi ha risposto che si sentiva amata da Dio. A parte il fatto che si tratta di una persona speciale quanto semplice (il Signore, nella sua infinita misericordia, me l'ha messa vicino insieme ad altri 2-3 amici suoi), la sua risposta mi ha fatto pensare molto. Anche perché non è che se la passi bene: nella sua vita abbondano problemi familiari e sofferenze fisiche, però non così limitanti da farla smettere di lavorare. Eppure mi ha risposto proprio così. Mi ha fatto tanto bene ascoltare questa risposta. Credo che farà bene anche a voi che avete sempre tanta pazienza a leggermi. Soprattutto oggi, visto che il vangelo, riecheggiando la profezia di Daniele nella 1a lettura, ha il sapore dell'olio di ricino: non è gradevole al gusto, ma è medicinale efficace per tanti problemi di salute.

Gesù, dopo aver annunciato la prossima distruzione del Tempio (Mc 13,1-2) viene sollecitato a rispondere circa il tempo e i segni che accompagneranno questo evento (Mc 13,3-4). Bisogna sapere che per i giudei la distruzione del Tempio è annuncio della fine del mondo, poiché esso è fondamento della loro sicurezza religiosa e civile. Dunque la domanda ci sta, ma il Signore non risponde secondo la loro attesa. Pur annunciando con tono apocalittico sciagure, rivolgimenti politici, guerre, persecuzioni dei cristiani in odio alla fede, nonché il proliferare di falsi profeti e di altri che appaiono sulla scena del mondo a nome suo, Gesù avverte i discepoli di non lasciarsi inghiottire dalla corrente angosciosa di pensiero che vede imminente la fine del mondo. Piuttosto che spendere energie nello speculare su quanto ci accade di male, meglio discernere e adoperarsi per vivere bene il tempo che ci è dato (Mc 13,5-23). Perciò, bando ad ogni ingannevole allarmismo! E tuttavia le tragedie umane rimangono, sono storia di sempre.

Il cristianesimo non è un anestetico da usare per abbassare l'intensità dei drammi che ci coinvolgono, ma non è nemmeno un messaggio che ci lascia in balìa della nostra oscura storia di peccato. Perciò il vangelo odierno con cui si conclude il discorso escatologico di Gesù, rincara la dose drammatica degli eventi che ci attendono. Ci parla di una tribolazione e di uno sconvolgimento cosmico: i cardini dell'intera creazione (sole, luna, stelle, potenze celesti) crolleranno e con essi tutto l'universo (Mc 13,24-25). Insomma, tutta la storia umana si dirige certamente verso una fine. Ma la bellezza della nostra fede consiste nel riconoscere che è proprio dentro lo scorrere delle vicende umane, sia pur negative, che possiamo “vedere” il Signore Gesù venire incontro a noi: quando vedrete accadere queste cose, sappiate che Egli è vicino, è alle porte (Mc 13,29). Cosa può darci una sguardo così? E' davvero percepibile la vicinanza di Gesù all'interno dei giorni tenebrosi che la vita riserva a tutti?

C'è un mondo che sta crollando. E con questa parola intendo tante cose. C'è una civiltà occidentale che sta crollando, c'è una immagine di chiesa che sta crollando, c'è un equilibrio climatico che sta crollando, ci sono delle certezze umane che vanno in frantumi. Come vivere senza lasciarci sopraffare dalla sfiducia, dalla confusione, dalla grande agitazione che circola tra noi? C'è un'immagine che da qualche tempo mi accompagna. Il recente, disastroso terremoto che ha duramente provato diversi territori dell'Umbria e delle Marche, ha riservato anche sorprese. Dalle macerie della basilica benedettina del centro di Norcia è emerso, secondo gli esperti, il suo più antico affresco che era ben nascosto: una sconosciuta ma importantissima prima rappresentazione di S. Benedetto. Ecco un segno forte in mezzo a un disastro: come se in mezzo a ogni tribolazione ci fosse sempre l'invito a riscoprire ciò che veramente regge all'urto dei secoli e dei suoi inevitabili rovesci.

I cieli e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno mai (Mc 13,31). La parola di Dio è l'unica roccia che rimane in piedi davanti ad ogni crollo, e ha il potere di far restare in piedi tutti coloro che a lei si appoggiano. Come quella mia amica, che non teme tanto le nuove, possibili avversità sul suo cammino, quanto il non sentirsi più amata dal Dio in cui confida. Che però, in un terribile momento del genere, ci è voluto passare già dentro per primo, affinché sapessimo che Lui stesso sa cosa vuol dire non sentirsi più amato, ossia abbandonato (Mc 15,34). Gesù ha dato l'unico segno importante che ha fatto già cominciare la fine del mondo. Ed è un segno di amore infinito, davanti al quale, pur non decidendone l'ora, siamo noi che decidiamo come finire la nostra vita (Dn 12,2).

 

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