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TESTO E dopo?

don Luciano Cantini  

XXXII Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) (11/11/2018)

Vangelo: Mc 12,38-44 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mc 12,38-44

38Diceva loro nel suo insegnamento: «Guardatevi dagli scribi, che amano passeggiare in lunghe vesti, ricevere saluti nelle piazze, 39avere i primi seggi nelle sinagoghe e i primi posti nei banchetti. 40Divorano le case delle vedove e pregano a lungo per farsi vedere. Essi riceveranno una condanna più severa».

41Seduto di fronte al tesoro, osservava come la folla vi gettava monete. Tanti ricchi ne gettavano molte. 42Ma, venuta una vedova povera, vi gettò due monetine, che fanno un soldo. 43Allora, chiamati a sé i suoi discepoli, disse loro: «In verità io vi dico: questa vedova, così povera, ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri. 44Tutti infatti hanno gettato parte del loro superfluo. Lei invece, nella sua miseria, vi ha gettato tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere».

Venuta una vedova
Il racconto della vedova di Sarepta (1Re 17,10-16) è quello di una donna arrivata allo stremo di “un ultimo pugno di farina”, non dissimile dalla vedova del vangelo che nel tesoro del tempio gettò due monetine. Gesù stesso ha fatto notare la preziosità della sua offerta: tutto quanto aveva per vivere. Anche la vedova interpellata da Elia aveva affermato: mangeremo e poi moriremo. Le due figure pur nella diversità hanno qualcosa che le accomuna: l'estrema povertà dello stato di vedovanza ormai giunta al suo epilogo finale.
Nel Libro dei Re la storia non finisce tragicamente perché la farina della giara non venne meno e l'orcio dell'olio non diminuì. Della vedova del vangelo, invece nulla si dice, così come è venuta torna indietro priva anche di quelle due monetine che rappresentavano tutto quanto aveva per vivere.
E dopo?

Ricevere saluti nelle piazze
L'immagine della povera vedova ha lo scopo di accentuare la differenza rispetto a coloro che hanno gettato parte del loro superfluo, coloro che amano ricevere saluti nelle piazze. Non è nuovo il mondo degli uomini che cercano il successo, che puntano sul consenso a suon di strette di mano e di selfie, magari sfruttando anche la semplicità della fede degli altri: pregano a lungo per farsi vedere.
Gesù prende le distanze dagli scribi, o meglio dal loro modo di intendere la religione. Critica lo sfoggio del nulla, l'ostentazione dl “religioso” - non troppo distante da tanti oggi nel mondo ecclesiale e non. Dio è confuso col potere e più che al servizio di Dio gli scribi appaiono essere a servizio del potere che Dio sembra rappresentare e ne utilizzano i simboli: gli abiti suntuosi, i primi seggi, il mettersi in mostra. Sono la manifestazione di una religione diventata atea.
Stiamo assistendo ad un barocchismo di ritorno nell'uso dei paramenti (con la differenza che un tempo erano ricamati da chi dedicava la vita e la preghiera alla loro realizzazione, oggi sono un prodotto commerciale) mentre il Concilio Vaticano II raccomandava la ricerca di una nobile bellezza che una mera sontuosità (SC 124).

Chiamati a sé
È l'ultima chiamata dei suoi discepoli prima dell'epilogo della sua vita, l'ultimo appello alla fede in lui; dice loro: Amén légo ymín - in verità io vi dico, una formula solenne con cui Gesù apre l'insegnamento. Gesù va oltre l'apparenza, guarda l'animo, scende in profondità. L'offerta di quella donna è un vero e proprio olocausto, un dono totale... tutto quanto aveva per vivere equivale alla sua vita. Non c'è un dopo nella sua storia, la sua è una offerta totale, quanto inutile per un tempio che sembra servire solo a sostenere la vanagloria di caste privilegiate. Gesù rivela la contraddizione di quella povera vedova “divorata” dai potenti a cui offre, nel lor tempio, quanto gli rimane per vivere. Questa vedova incarna l'unico vero comandamento dell'amore totale che Gesù ha ricordato poco prima allo scriba (Mc 12,30): con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza.
Il racconto prosegue nel capitolo successivo (i capitoli e versetti sono una divisione moderna per facilitare la lettura) mostrandoci i discepoli che poco avevano capito dell'insegnamento del Maestro: Mentre usciva dal tempio, un discepolo gli disse: «Maestro, guarda che pietre e che costruzioni!». Gesù gli rispose: «Vedi queste grandi costruzioni? Non rimarrà qui pietra su pietra, che non sia distrutta» (Mc 13,1-2).
Tutto è destinato a crollare, gli edifici, i templi, le strutture. Viviamo un tempo in cui si è perso il senso della vita e l'orientamento della storia; costruiamo templi artificiali in nome della identità, della cultura, della sicurezza, della proprietà privata ma sono dedicati solo al nostro egoismo. Noi cristiani abbiamo un solo tempio, quello della comunione multiforme del Corpo di Cristo. Chi edifica davvero la Chiesa è il dono dei poveri, quelli che non contano, e spesso lo dimentichiamo. Con la nostra ricchezza pensiamo di andare in loro aiuto ma ci dimentichiamo di imparare da loro.

 

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