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TESTO Fa' splendere il tuo volto, Signore, e noi saremo salvi

don Walter Magni  

II domenica dopo il martirio di S. Giovanni il Precursore (Anno B) (09/09/2018)

Vangelo: Gv 5,37-47 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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37E anche il Padre, che mi ha mandato, ha dato testimonianza di me. Ma voi non avete mai ascoltato la sua voce né avete mai visto il suo volto, 38e la sua parola non rimane in voi; infatti non credete a colui che egli ha mandato. 39Voi scrutate le Scritture, pensando di avere in esse la vita eterna: sono proprio esse che danno testimonianza di me. 40Ma voi non volete venire a me per avere vita.

41Io non ricevo gloria dagli uomini. 42Ma vi conosco: non avete in voi l’amore di Dio. 43Io sono venuto nel nome del Padre mio e voi non mi accogliete; se un altro venisse nel proprio nome, lo accogliereste. 44E come potete credere, voi che ricevete gloria gli uni dagli altri, e non cercate la gloria che viene dall’unico Dio?

45Non crediate che sarò io ad accusarvi davanti al Padre; vi è già chi vi accusa: Mosè, nel quale riponete la vostra speranza. 46Se infatti credeste a Mosè, credereste anche a me; perché egli ha scritto di me. 47Ma se non credete ai suoi scritti, come potrete credere alle mie parole?».

Il brano del Vangelo di Giovanni ci riporta ancora a una discussione tra Gesù e un gruppo di scribi e farisei. Gesù riconosce loro una buona pratica religiosa, l'adesione puntuale alla Legge data da Mosè, ma registra la sostanziale incapacità di raggiungere la spirito, la radice della loro fede religiosa.

“Voi scrutate le Scritture”
Non basta, infatti, scrutare da esperti la Scrittura, saperla analizzare e interpretare, se non si arriva a stabilire un rapporto di fiducia con colui che quella Parola l'ha pronunciata per primo. “Voi scrutate le Scritture, pensando di avere in esse la vita eterna: sono proprio esse che danno testimonianza di me”. C'è modo e modo di ascoltare. Come dice un proverbio popolare: “non c'è peggior sordo di chi non vuol sentire" o anche: “è un dialogo tra sordi”. Come anche Gesù dirà della gente: “Il cuore di questo popolo è diventato insensibile, sono diventati duri d'orecchi e hanno chiuso gli occhi” (Mt 13,15). Esiste, infatti, una differenza sostanziale tra ascoltare e sentire. Certo, il nostro sistema uditivo entra in causa in entrambe i casi, ma con una differenza: se nel sentire solo l'udito è coinvolto nel processo, quando si ascolta con attenzione entra in gioco una condizione di disponibilità di accoglienza precisa nei confronti di chi sta parlando. Si entra, cioè, in una relazione profonda e positiva nei confronti di chi parla e si sta ascoltando. Altro è l'acqua gettata su un sasso che subito scivola via e altro è la stessa acqua che, versata sulla sabbia, su una zolla di terra, penetra e scende in profondità. Il rimprovero di Gesù va al cuore della questione: “voi non avete mai ascoltato la sua voce”, la voce di Dio: per questo non “avete mai visto il suo volto”; “e la sua parola non rimane in voi” è perché “non credete a colui che egli ha mandato”. Non gli date alcun credito, non gli date un ascolto sincero, autentico. Non usate fino in fondo la vostra intelligenza.

“Voi non volete venire a me”
Non possiamo accontentarci di frutti teorici. Di qualche intuizione spirituale. Di una pratica religiosa che pure ci riempie la giornata, quando magari il tempo e gli anni ce lo permettono. Importa andare al cuore della questione: “Abbiamo le chiese, le proprietà e tutto il resto, l'Eucaristia viene celebrata ogni giorno e il popolo viene ad assistere ogni giorno, e così ci illudiamo di essere a posto? (...) Se c'è devozione, se ogni giorno ritorniamo a casa con qualche guadagno, con qualche frutto grande o piccolo (...). Chi di noi, partecipando per un mese intero a queste riunioni, è diventato migliore? Questo è ciò che dobbiamo chiederci” (San Giovanni Crisostomo, Omelie sugli Atti degli Apostoli, 29,3). E come si diventa migliori? Come si giunge alla radice di una pratica religiosa non illusoria e posticcia? Il rimprovero di Gesù nei confronti di questi farisei esperti della Scrittura è ancora più diretto e accorato: “Ma voi non volete venire a me per avere vita”. Gesù la sta proprio mettendo sul personale. Perché di una questione personale si tratta. La vita spirituale, l'anima profonda di qualsiasi religione, anche quella di Mosè, sta fondamentalmente nel riuscire ad andare a Lui. Nello stabilire un rapporto vitale con Lui. Volendo riferirci a Mosè, che tanto spesso ritorna nella Parola di questa liturgia: non viene prima la Legge, ma questa scaturisce da quel rapporto profondo e diretto che Mosè aveva stabilito con il Signore stando davanti a Lui nel deserto, ascoltandoLo parlare dal roveto che ardeva senza consumarsi.

“Egli ha scritto di me”
Per questo Gesù Si permette di precisare: “se credeste a Mosè, credereste anche a me; perché egli ha scritto di me. Ma se non credete ai suoi scritti, come potrete credere alle mie parole?”. Tutto quello che Mosè ha fatto e scritto Lo riguarda direttamente, personalmente. Gesù si sente l'erede di Mosè, il suo esegeta, il suo interprete più vero. Per questo il Vangelo di Matteo considera Gesù come il nuovo Mosè. Tanto Mosè sul Sinai aveva annunciato le Dieci parole, quanto Gesù nel discorso della Montagna. Perché quello che Mosè ha scritto lo ha scritto riferendosi a Me: “egli ha scritto di me”. In Gesù la Legge di Mosè e i profeti, l'intera Scrittura trovano compimento. Come avrà modo di ripetere ai due discepoli che smarriti e delusi se ne andavano da Gerusalemme dopo i giorni della Sua passione e morte: “E, cominciando da Mosè e da tutti i profeti, spiegò loro in tutte le Scritture le cose che lo riguardavano” (Lc 24,27). Ancora oggi l'ebraismo circonda i libri di Mosè, i primi cinque libri della Scrittura, il Pentateuco, di una singolare venerazione. Non c'è sinagoga che, nell'armadio sacro, coperto da un velo, non custodisca i libri scritti di Mosè come i libri sacri per eccellenza. Per questo, guardando a Mosè con profonda venerazione, non solo entriamo in sintonia con la grande tradizione religiosa ebraica, ma, seguendo la direzione che Gesù stesso ci ha indicato, ci sarà data la grazia di intuire, confortati dalla grazia della fede, che proprio guardando a Mosè Gesù S'è ritrovato, Si è riconosciuto: “egli, infatti, ha scritto di me”!

 

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