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TESTO Commento su Matteo 11,2-11

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III Domenica di Avvento (Anno A) - Gaudete (16/12/2001)

Vangelo: Mt 11,2-11 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, 2Giovanni, che era in carcere, avendo sentito parlare delle opere del Cristo, per mezzo dei suoi discepoli mandò 3a dirgli: «Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?». 4Gesù rispose loro: «Andate e riferite a Giovanni ciò che udite e vedete: 5i ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciato il Vangelo. 6E beato è colui che non trova in me motivo di scandalo!».

7Mentre quelli se ne andavano, Gesù si mise a parlare di Giovanni alle folle: «Che cosa siete andati a vedere nel deserto? Una canna sbattuta dal vento? 8Allora, che cosa siete andati a vedere? Un uomo vestito con abiti di lusso? Ecco, quelli che vestono abiti di lusso stanno nei palazzi dei re! 9Ebbene, che cosa siete andati a vedere? Un profeta? Sì, io vi dico, anzi, più che un profeta. 10Egli è colui del quale sta scritto:

Ecco, dinanzi a te io mando il mio messaggero,

davanti a te egli preparerà la tua via.

11In verità io vi dico: fra i nati da donna non è sorto alcuno più grande di Giovanni il Battista; ma il più piccolo nel regno dei cieli è più grande di lui.

1/ Pochi sanno che, in Israele, esiste, a fianco della Chiesa cattolica formata da popolazione palestinese, una piccola comunità cattolica, sempre dipendente dal patriarca latino Michel Sabbah, di origine ebraica. La loro liturgia, autorizzata dalla Santa Sede è in ebraico. Ogni preghiera liturgica viene conclusa con l'invocazione: "Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio che è Dio, e vive e regna con Te, nell'unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen". In questa espressione sentiamo rivivere tutta l'attesa, il dramma e la speranza della storia della salvezza. Ce ne rendiamo ancora più conto sentendola pronunciare da ogni ebreo cattolico di questa comunità - in ebraico la prima parte suona: "Derek Jeshuah Hammashiach", "Per mezzo di Gesù il Messia" - che, ad un certo momento della sua vita, si è accorto che Gesù è l'Atteso, il Messia, il Compimento di tutte le promesse di Dio, l'Amen di Dio. Molti, pronunciando il titolo "Gesù Cristo", in questi tempi di profonda ignoranza dell'ABC del cristianesimo, non sono più coscienti di emettere una professione di fede. Solo chi crede può realmente dire: "Gesù Cristo", "Gesù è il Cristo", è il Messia, è il compimento di ogni promessa di Dio.

A questo mira la domanda del Battista: "Sei tu colui che deve venire o dobbiamo attenderne un altro?" La domanda di Giovanni pone la domanda che divide il tempo, che fa terminare l'attesa e da inizio alla "realizzazione". Tutto ciò che è stato prima, "Mosè ed Elia", "la Legge ed i profeti", erano promessa, parola che profeticamente annunciava il Signore, ma "ora" Egli è presente, è venuto ed i suoi segni lo indicano e lo confermano presente nel mondo. E' per questo che "fra i nati di donna non è sorto uno più grande di Giovanni il Battista; tuttavia il più piccolo del regno dei cieli è più grande di lui".

2/ Potremmo chiamarlo un problema di "punteggiatura". Mi torna in mente questa espressione che usava una persona per indicare i cambiamenti nella sua storia personale. Mi diceva: "Puoi capire il tuo passato, parlarne, scavare in cosa i tuoi antenati ti hanno fatto del male, le situazioni della vita ti hanno reso difficile il cammino, ma poi devi mettere un punto e dire: Adesso inizia la mia storia e non voglio fermarmi a recriminare sul passato". Applicava questa espressione "mettere un punto", soprattutto all'esperienza della vendetta. "Se qualcuno non mette un punto e non decide di porre un gesto nuovo, tutto proseguirà eternamente nel male". Dov'è la "punteggiatura" nella storia della salvezza e nella nostra storia personale?

L'Evangelo di oggi ci annunzia che da un lato c'è profonda continuità fra le promesse della Legge e dei profeti e il Cristo. Egli è colui che "deve" venire, è colui di cui il profeta Isaia, grande protagonista dell'Avvento, ha parlato, è colui che è venuto a mostrare che era vera la promessa, che "la pazienza e la sopportazione dei profeti che hanno parlato nel nome del Signore" era a ragion veduta. Questa promessa, anzi, come abbiamo visto nella festa dell'Immacolata, nell'annunzio del cosiddetto "protoevangelo" di Genesi, è l'annunzio che il male, il peccato, realmente presente nel mondo, non è un principio paritario, opposto al bene e sempre presente dinanzi a lui, ma è ciò che sarà immancabilmente schiacciato sotto i piedi da Dio. Quanto si allontana qui la visione cristiana del vivere dal taoismo e dal suo segno del "Tao" che tanti amano portare al collo, segno che cerca di convincere della necessaria coesistenza di ogni opposizione! Il dono del Cristo è già promesso nel segno di colei la cui stirpe schiaccerà la testa del serpente. Il dono del Cristo precede l'esistenza del popolo eletto, perché si radica nell'opera creatrice del Figlio di Dio, coeterno col Padre, per mezzo del quale tutte le cose sono state fatte e "niente di ciò che è stato fatto è stato fatto senza di lui". Il mondo intero attende la domanda odierna del Battista e l'arrivo del Messia, del Cristo, del Figlio di Dio, non come l'attesa di un corpo estraneo, straniero, che si sovrappone improvvisamente agli eventi della vita, ma come l'incontro con Colui attraverso il quale tutto ciò che esiste ha ricevuto vita e senso, come l'avvento di Colui che viene a ripristinare la sua "immagine" nel volto di ogni uomo, come la visita in questo mondo di Colui che solo è la chiave per gettare luce sul mistero dell'uomo.

Ma, proprio per questo, la sua presenza nel mondo offusca tutto ciò che era promessa, ma era solo promessa, tutto ciò che era preparazione, ma era solo preparazione. E' un "punto" che segna l'inizio di un "periodo" assolutamente nuovo. Da quel momento il Cristo è la mediazione personale, unica di ogni rapporto con Dio e, quindi, di ogni senso della vita umana. E' per questo che anche la nostra adesione di fede non è più differibile. Come dice la Dei Verbum: "L'economia cristiana, dunque, in quanto è alleanza nuova e definitiva, non passerà mai, e non è da aspettarsi alcuna nuova rivelazione pubblica prima della manifestazione gloriosa del Signore nostro Gesù Cristo" (DV 4).

3 / Nessuna persona può pretendere da un'altra obbedienza assoluta. Nessuna persona può diventare scopo della vita di un'altra. Questo che può apparentemente sembrare amore assoluto, totale, definitivo, si rivela in realtà "non amore". Ogni rapporto che diviene "assoluto" fra due esseri umani porta in realtà a perderli entrambi. Questa è, invece, la pretesa di Cristo ed è pretesa che non solo non danneggia l'uomo, ma sola lo rivela a se stesso. Così scriveva R.Guardini ne L'essenza del cristianesimo: "A tutta la creazione è richiesto di rinunciare alla sua - apparente – autonomia e di mettersi sotto la signoria di una persona concreta, cioè di Gesù Cristo, e di fare di ciò la propria norma decisiva. Dal punto di vista della logica questo è un paradosso, perché sembra mettere in pericolo la stessa realtà della persona. Ma anche il sentimento personale si ribella contro questo. Poiché l'accettare una legge generale che si è dimostrata giusta – sia essa una legge della natura o del pensiero o della moralità – non è difficile per la persona. Essa avverte che in tale legge continua ad essere se stessa; anzi, che il riconoscimento di siffatte leggi generali può tradursi senz'altro in un'azione personale. Ma all'esigenza di riconoscere un' "altra" persona come legge suprema di tutta la sfera della vita religiosa - e con ciò della propria esistenza – la persona contrasta con vivacità elementare, e si capisce che cosa può significare la richiesta di "rinunciare alla propria anima".

Tutto questo è in gioco nella affermazione certa della fede cristiana che il Signore Gesù è "Colui che è venuto e non dobbiamo più aspettarne un altro". E' solo "amando Lui sopra ogni cosa" che ci diviene possibile amare "ogni cosa in Lui" – una bellissima espressione della liturgia, che si ispira a S.Agostino" - non divinizzando e non sottovalutando nessuna realtà creata in questo mondo, ma amando la creatura come creatura ed il Creatore come il Creatore. Tertium non datur.


Commento a cura di Andrea Lonardo

 

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